L’E3 non è morto (ancora), ma di sicuro sta cambiando

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a cura di Valentino Cinefra

Staff Writer

Alla fine i dubbi di molti si sono rivelati concreti: l’E3 2018 è stato effettivamente un po’ fiacco. Non tanto per la quantità di annunci che, in larga parte veicolati da Microsoft e Phil Spencer, non sono certo mancati. Di certo, questa è stata l’edizione della fiera più densa, ma tra le meno esaltanti degli ultimi anni. C’è stato un reveal notevole di Cyberpunk 2077, un altrettanto magistrale reveal di Resident Evil 2 Remake, questi tra gli highlights della fiera ma sono titoli di cui già conoscevamo l’esistenza. Una delle vere sorprese è stato Control, il nuovo titolo di Remedy, ma che è senz’altro risultato tiepido e fin troppo derivativo rispetto a Quantum Break, almeno in questo primo sguardo. Le “bombe”, insomma, sono mancate. Eppure ce ne dovrebbero essere state come Just Cause 4 ed Assassin’s Creed Odyssey, annunci entrambi rovinati da leak prematuri, che hanno rotto le uova nel paniere di Square Enix ed Ubisoft rispettivamente.
Non è la prima volta che succede, ma mai come quest’anno l’E3 2018 è arrivato privo di vere novità. Un po’ per i già citati spifferi da parte dei soliti insider, ma anche e soprattutto per la tendenza sempre più frequente da parte dei publisher e platform holder di dilazionare gli annunci nel corso dell’anno. Un esempio banale, quanto poco comprensibile: la data di uscita di Assassin’s Creed Odyssey rivelata a pochi minuti dall’inizio della conferenza Ubisoft. Va bene che il gioco era ormai già noto prima del tempo, ma perché non lasciare i giocatori e la stampa col beneficio del dubbio fino all’ultimo, soprattutto considerato che non era scontato che Odyssey uscisse quest’anno visto quanto ha fatto bene l’anno di pausa ad Origins?
È stata l’edizione delle conferme (più o meno) e dei nuovi approfondimenti. Sappiamo che ci sarà un nuovo Halo, Forza e Gears, abbiamo visto in azione The Last of Us 2 e Ghost of Tsushima, ed un nuovo approfondimento criptico su Death Stranding. Nintendo ci ha fatto leggermente intuire che uscirà un nuovo Super Smash Bros., un nuovo Fire Emblem, e tutti gli altri publisher hanno fatto sostanzialmente la stessa cosa. The Elder Scrolls VI esiste, ed Anthem si dimostra sempre più un’esperienza multiplayer derivativa, ma comunque efficace nella messa in scena.
Cosa ne tiriamo fuori, quindi, da questo E3? Intanto che verso la fine dell’anno non uscirà molta roba, perché tanti publisher hanno deciso di fuggire da Red Dead Redemption 2 per rintanarsi a febbraio 2019. I titoli di Sony continuano ad essere senza data, con la prospettiva sempre più probabile per alcuni che saranno titoli cross-gen, mentre Microsoft annuncia a mezza bocca che esiste una nuova console (che probabilmente non è una nuova Xbox One). Tante conferme, ma poche sicurezze, in un certo senso. Per una fiera che ha perso sempre più valore.
Lo diciamo spesso, noi ed i nostri colleghi, che la velocità dell’informazione ed il lavoro dei content creator ha fatto sì che fiere videoludiche che si susseguono ogni anno abbiano perso sempre più rilevanza. Personalmente, non avessi dovuto seguire le conferenze per lavoro, probabilmente avrei saltato a pié pari ogni evento per aggiornarmi solo sulle notizie. Non c’è più la voglia di creare uno spettacolo vero e proprio, basti vedere EA Play o l’auto celebrazione fine a sé stessa e registicamente sconclusionata dello show Sony. Anche Nintendo ormai da anni considera l’E3 solo un altro dei suoi Direct annuali, ed il risultato sono i venticinque minuti di Super Smash Bros. con analisi super approfondite che già di base sono per un pubblico di nicchia, figuriamoci durante l’E3 quando tutto il mondo (o almeno quello che consuma e vuole essere sedotto all’acquisto) punta lo sguardo verso Los Angeles.
L’E3 è morto? No, perché fortunatamente è ancora l’occasione migliore per gli addetti ai lavori per mandare avanti l’industria. Stampa, publisher, platform holder, buyer, e tante altre figure che sono quelle che poi fanno sì che gente come il sottoscritto abbia qualcosa da dire al riguardo. Come evento, come spettacolo per il mondo, l’E3 è attualmente il trentenne che vuole tornare in palestra dopo anni di inattività e si scontra con la dura realtà. C’è un pubblico diverso là fuori, colto ed educato in termini di comunicazione e tempi scenici, che conosce le regole del gioco e vuole essere sempre sulla punta della sedia, sempre con maggiori esigenze.
Ma, dall’altro lato, è finito il tempo dello spettacolo. Più che morto, l’E3 delle conferenze e degli annunci è ad un passo dall’essere fuori tempo massimo. Ha bisogno di rinnovarsi, di capire ed interpretare il mercato ed il suo pubblico, per offrire qualcosa di nuovamente esaltante. Perché la lista dei videogiochi annunciati e/o presenti sullo showfloor non è affatto esigua, forse tra le più imponenti di sempre (ricordiamo i soli 50 annunci di Microsoft), ma ci sono pochi momenti memorabili. Non c’è un Miyamoto che sale sul palco con spada e scudo, ma c’è un concerto di Grant Kirkhope che serve ad annunciare la release del DLC di Mario + Rabbids: Kingdom Battle.

Sarebbe scorretto dire di essere delusi dall’edizione 2018 dell’Electronic Entertainment Expo. Tanti i titoli annunciati e mostrati a stampa e pubblico, ma nessun momento veramente memorabile in termini di intrattenimento. Forse l’E3 2018 è stato veramente di transizione, mentre l’edizione 2019 sarà ancora una volta un evento esaltante perché gioco forza inizieremo a sapere le date di tanti giochi attesi, ma anche la forma e l’idea che saranno alla base della prossima, inevitabile, generazione di console. Manca lo spettacolo, mancano le bombe, per colpa dei leak, ma anche e soprattutto di publisher e platform holder che più o meno comprensibilmente trattano sempre più l’E3 2018 alla stregua di un evento qualsiasi. Che l’E3 sia diventato effettivamente “solamente” una fiera di videogiochi?