Coronavirus e gaming, "disparità di sicurezza del lavoro" a seconda dei ruoli

«Gran parte degli sviluppatori e degli artisti sono al sicuro» ma c'è chi «sta passando le pene dell'inferno»

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a cura di Paolo Sirio

Game Workers Unite, sindacato dei lavoratori dell’industria dei videogiochi, ha sottolineato come ci sia «un’enorme disparità di sicurezza del lavoro» dovuta alla pandemia del nuovo coronavirus.

L’organizzazione sottolinea che «gran parte degli sviluppatori e degli artisti sono al sicuro» ma c’è chi «sta passando le pene dell’inferno».

In particolare, «tester QA, organizzatori degli eventi, staff che si occupa  del confezionamento e della vendita, lavoratori che gestiscono i server o la consegna dei giochi» sono in questo momento a forte rischio.

«Sentiamo storie di licenziamenti e permessi forzati senza paga in questi settori e vogliamo incoraggiare tutti ad usare le loro voci per esporre i comportamenti di queste compagnie e delle regioni in cui lo stiano facendo».

Tanti i casi di compagnie, va detto, che hanno dato il via a campagne di lavoro da casa, tra cui spiccano in Europa CD Projekt RED e negli Stati Uniti Bungie.

L’industria in senso più ampio ha già reagito alla minaccia del COVID-19 rinviando eventi come la GDC 2020 e cancellando l’E3 2020, il momento più rappresentativo del gaming su scala globale, principalmente per mettere in sicurezza i propri lavoratori oltre che i fan.

Ma questo, evidentemente, non è ancora abbastanza.