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GTA San Andreas, la lunga estate caldissima

Ritorniamo a un videogioco ormai divenuto un classico, Grand Theft Auto San Andreas. Cosa si nasconde dietro la storia del “buon” CJ e cosa può ancora dirci?

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Avatar di Adriano Di Medio

a cura di Adriano Di Medio

Redattore

Pubblicato il 16/09/2019 alle 12:08
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Il Verdetto di SpazioGames

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GTA San Andreas si è ritagliato ormai di prepotenza il suo ruolo di classico. La sua forza sta nell’aver dipinto un protagonista per la prima volta “umano”, e non solo un superuomo fuori di testa, e un luogo da visitare e da vivere e non da mettere solamente a ferro e fuoco. Tutto ciò travalica la vecchiaia strutturale e si imprime nella memoria anche collettiva. San Andreas ormai è tutt’altro che estesa, ma rimane incredibilmente densa nel parodiare e denunciare una società malata ancora (purtroppo e inspiegabilmente) di grandissima attualità. E che non fa che confermare come da quindici anni Rockstar ripeta solo una cosa: che l’unico modo per comprendere il male, l’eccesso e la loro attrattiva è avere lo stomaco di indagarli e scoprirne i perché. A patto di avere l’età giusta e la mente preparata.

Un senso di libertà immane, un “sistema” da sovvertire, un linguaggio scorrettissimo ma parodistico e ironico quando serve. Grand Theft Auto San Andreas (o meglio GTA San Andreas) è stato tutto questo, e per alcuni divertirsi e finire questo videogioco è divenuta una tradizione da perpetuare ogni estate. Qui a SpazioGames abbiamo fatto esattamente questo: vi abbiamo trascorso gli afosi mesi di luglio e agosto, facendo i conti con un sistema forse non più fresco ma scoprendo anche insospettabili riferimenti culturali. Seguiteci quindi in questo ritorno nella San Andreas di Rockstar Games.

It’s all about gangstas

Chiariamo immediatamente una cosa: GTA San Andreas è un videogioco destinato a un pubblico non maturo, ma adulto. Non tanto per le situazioni violente o perché abbia parti effettivamente scabrose (che almeno formalmente non ci sono, ma ne parliamo più avanti) quanto perché non basta essere maggiorenni per cogliere molti dei messaggi, contesti e intenzioni messi in piedi da Rockstar. L’ascesa di Carl “CJ” Johnson è lungi dall’essere una parabola, ma piuttosto il ritratto di una società che sin dal 1992 cominciava a dare segni di una malattia diffusa a ogni ordine e grado. I gangsta che non riescono a vedere oltre il soldo, la loro fratellanza solo di facciata, un’America sempre più grassa di ogni cosa, marcia sia nel pubblico che nel privato. Simbolo di questo è Tenpenny, agente di polizia corrotto che invece di combattere le bande di strada sfrutta il ricatto per usarle come giocattoli.

Certo per essere il 2004 erano cose piuttosto difficili da cogliere, anche per via di una scrittura che ricorre spesso a un nero umorismo a volte anche un po’ troppo insistito. Ma una volta sparita la risata grottesca per le situazioni in cui ci si imbatte, è palese come CJ sia più che altro un “tramite” per evocare una società alo sbaraglio che nella sua virtualità ci appare fin troppo reale. In questo senso non possiamo che riconfermare ancora una volta come Rockstar fosse avanti anni luce già all’epoca per quanto concerne la recitazione virtuale. Ciò non è solo la “furbizia” di aver dato la parte dell’antagonista carismatico a un attore celeberrimo (Samuel L. Jackson) e un ruolo difficile a uno versatile (il recentemente scomparso Peter Fonda da la voce a The Truth) ma anche per aver cercato personalità che potessero effettivamente filtrare nella recitazione anche un po’ di vita vissuta. Lo stesso Young Maylay, rapper e voce di CJ, ammise pubblicamente che nell’interpretare CJ aveva messo molta della sua vita, essendo nato e cresciuto nei quartieri poveri di Los Angeles.

San Andreas here we come

Se la malleabilità del protagonista aveva già un impatto notevole, appaiarla con un mondo veramente aperto sforò per molti direttamente nel fantascientifico, senza eguali (o quasi) nella sesta generazione. Perché GTA San Andreas metteva a disposizione non una, ma tre città da attraversare: Los Santos, San Fierro e Las Venturas, tutte facenti parte dello stato fittizio chiamato appunto San Andreas. Questi insediamenti urbani sono poi intervallati da aree paesane, dalla campagna collinare fino al deserto attorno a Las Venturas. Ogni agglomerato urbano sufficientemente grande ha dalla sua piccole e grandi particolarità, dalle proprietà acquistabili ai servizi automobilistici, fino ai club, ai minimarket e alle discoteche dove ballare premendo a tempo i tasti. C’è anche da dire però che qui si riflettono sia i limiti tecnici che le ambizioni mancate da parte degli sviluppatori: il mondo è enorme, ma lo scorrere del tempo lo ha ormai reso un po’ troppo “vuoto”, con pochi passanti e veicoli.

Un mondo che probabilmente doveva essere ben più grande, a giudicare dai materiali scartati emersi in seguito: ogni città avrebbe avuto molta più varietà di passanti, con modelli unici persino per le forze dell’ordine. Eppure ciò che rende l’ambientazione di GTA San Andreas ancora così attrattiva anche quindici anni e tre generazioni dopo è la grande quantità di dettagli (parodistici ma non solo) disseminati a piene mani da Rockstar. Il più celebre riguarda appunto i nomi delle tre città: Los Santos, San Fierro e Las Venturas sono rispettivamente Los Angeles, San Francisco e Las Vegas, ma non è l’unico dettaglio topografico. La California reale infatti poggia sulla faglia di Sant’Andrea (San Andreas Fault), già pericolosa in passato e soggetta oggi a sorveglianza per via dei suoi frequenti movimenti sismici.

Hotel-Casinò Sandaletto’s Palace

Più che il richiamo alla geografia però una delle attrattive inconsce che hanno reso San Andreas uno dei primi luoghi virtuali veramente da visitare e da vivere sono le strade e i vicoli. La mappa si apre progressivamente, con ogni scorcio e ogni vicolo che paiono essere stati creati singolarmente, tanto da essere topograficamente riconoscibili ancora adesso: la piazzetta di Groove Street è ormai iconica. Nelle città si trovano beni e servizi che sono agganci diretti a quelli veri, con alcune realtà che nel 2004 erano da noi praticamente sconosciute. Le tre catene di fast-food Cluckin’ Bell, Well Stacked Pizza Co e Burger Shot sono parodie rispettivamente della Taco Bell/KFC, del Pizza Hut e del Burger King/McDonald’s. I loro pasti sono spesso accompagnati dalla Sprunk, bevanda gassata che ricorda la Sprite ma le cui pubblicità fittizie sono disegnate come quelle della Coca-Cola (imitandone anche gli slogan a parola singola tipici negli anni 80-90). Nei minimarket si trovano poi i cereali Cok O Pops, parodia con doppiosenso dei cereali Coco Pops e con un volatile che ricorda Toucan Sam, reale mascotte dei cereali Froot Loops (marca della Kellogg’s non venduta in Italia).

Le stesse marche di automobili sono appositamente costruite per essere riconoscibili: a Los Santos per esempio si trova un concessionario di auto di lusso con il marchio Grotti, il cui simbolo è un coniglio rampante giallo su fondo rosso. Si tratta una parodia della Ferrari, riproposta anche nei GTA successivi con un logo modificato. Il segno di quanto GTA San Andreas abbia influenzato tutte le produzioni Rockstar successive è come tutti questi brand fittizi siano stati integralmente riproposti nella San Andreas alternativa in cui si ambienta GTA V.

Tuttavia le allusioni non sono solo per i brand, ma arrivano spesso alla finezza culturale. Dato il loro numero e il piacere che si prova nel trovarle e decifrarle, qui ve ne diciamo solo un’altra: il Caligula’s Palace di Las Venturas è una chiara parodia del Caesars Palace della Las Vegas reale, ma qui l’allusione sta nei nomi. Caligola (letteralmente “sandaletto”) era infatti solo un soprannome per il nome completo Caio Giulio Cesare Augusto Germanico (12-41 d.C.), quindi omonimo del primo Caio Giulio Cesare. Senza poi dimenticare che Caligola è ricordato come imperatore depravato ed eccessivo, una figura più che idonea per la rappresentazione cui mira GTA: San Andreas.

Ain’t that funny

I riferimenti storici invadono persino la trama nella sua parte finale. I disordini che si verificano a Los Santos a seguito di una giustizia troppo accondiscendente nei confronti di Tenpenny e dei suoi crimini sono direttamente ispirati alle rivolte reali avvenute a Los Angeles nel 1992. Storicamente queste scoppiarono a seguito di quattro agenti del LAPD che nella notte del 3 marzo 1991 pestarono con i manganelli Rodney King, un tassista afroamericano non fermatosi a un posto di blocco. Incriminati dalla ripresa di un videoamatore, furono processati ma poi assolti dall’accusa di eccessivo uso della forza. Il proscioglimento infiammò le comunità afroamericane losangeline, che da tempo denunciavano come i rappresentanti delle forze dell’ordine fossero nei loro confronti eccessivamente brutali. La cosa degenerò in cinque giorni di sommosse (29 aprile-4 maggio 1992) che richiesero l’intervento sia della Guardia Nazionale che dell’esercito, quest’ultimo inviato dall’allora presidente George Bush senior. Non è tutto: la corruzione nelle forze dell’ordine è un problema diffuso negli Stati Uniti, e la stessa unità di cui nella fiction fa parte Tenpenny, la C.R.A.S.H. (Community Resources Against Street Hoodlums), è realmente esistita ed era un distaccamento del LAPD anti gang di strada. La sua fondazione risale ai primi anni Settanta, ma venne poi sciolta nel 2000 a seguito (guarda caso) di alcuni grossi scandali, tra cui uno del 1998 di eccesso di uso della forza contro un sospettato.

Uscendo però dalla grigia cronaca, a che compromessi bisogna scendere qualora si desideri riprendere il pad e tornare su GTA San Andreas? Dipende molto dalla versione cui si ha accesso. Rockstar ha infatti pubblicato la sua opera magna su molteplici piattaforme, malgrado fosse stata originariamente scritta con in mente PlayStation 2. Su quest’ultima versione comunque si sente di più il peso degli anni, non solo per la grafica ma anche a livello strutturale. La mancanza di punti di controllo intermedi per gli incarichi (che obbliga a compiere le missioni tutte d’un fiato) e la decurtazione totale degli equipaggiamenti a ogni morte sono cose a cui ormai non siamo più abituati.

A questo riguardo vi sono stati effettivamente delle correzioni nelle riedizioni di GTA San Andreas. Si va dalla versione per settima generazione (tra cui una su PlayStation 3 arrivata tardi, nel 2015) che ha inserito i checkpoint ai miglioramenti grafici su PC. Per quest’ultima edizione gli appassionati però notarono anche dei compromessi, come meno personalizzazione fisica di CJ e delle città forse un po’ meno densamente popolate. In ogni caso il gioco è diventato con gli anni tecnicamente fin troppo spartano, e anche ai tempi sotto tale aspetto fu giudicato solamente come discreto. La versione digitale attualmente distribuita per PlayStation 4 è quella PS2 emulata, cosa che la rende senza dubbio l’espressione più genuina di quelle che dovevano essere le intenzioni originali dei Rockstar North. Con tutto rimanendo che, vista la sua severità intrinseca, oggi potrebbe essere anche l’edizione riservata solo ai veterani o ai più temerari.

GTA San Andreas si è ritagliato ormai di prepotenza il suo ruolo di classico. La sua forza sta nell’aver dipinto un protagonista per la prima volta “umano”, e non solo un superuomo fuori di testa, e un luogo da visitare e da vivere e non da mettere solamente a ferro e fuoco. Tutto ciò travalica la vecchiaia strutturale e si imprime nella memoria anche collettiva. San Andreas ormai è tutt’altro che estesa, ma rimane incredibilmente densa nel parodiare e denunciare una società malata ancora (purtroppo e inspiegabilmente) di grandissima attualità. E che non fa che confermare come da quindici anni Rockstar ripeta solo una cosa: che l’unico modo per comprendere il male, l’eccesso e la loro attrattiva è avere lo stomaco di indagarli e scoprirne i perché. A patto di avere l’età giusta e la mente preparata.

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