Recensione

Tomb Raider: The Angel of Darkness

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a cura di Upe

E’ stato uno dei “parti” più travagliati nella lunga storia videoludica della bella signorina Croft. Una gestazione elefantesca, se mi consentite l’ardito accostamento. Una “gravidanza” di quasi tre anni che ha avuto non poche complicazioni.Se ne cominciò a parlare, già dai primi albori dell’era a 128 bit, come un qualcosa di rivoluzionario. Doveva essere, allineandosi alla mitologia Araba, la rinascita della Fenice dalle sue ceneri. Ritardi, rinvii, posticipazioni e finalmente l’annuncio. Lara ha visto la luce, ha aperto gli occhi al mondo. Certo, però, il periodo dell’avvento non è dei più felici, coincidendo con l’estate. Chissà il perché di questa scelta? (da leggersi con tono ironico).

Una bellezza in fugaDiamo a Cesare quello che è di Cesare (oggi sono in vena di citazioni), partendo subito dagli aspetti meglio riusciti di tutta la produzione. Le magagne le vedremo in seguito, prima le buone notizie. Contenti? Per riprendere il filo del discorso, dicevamo delle buone cose presenti. Partiamo dalla trama e dal dipanarsi narrativo, che vede la nostra procace archeologa accusata dell’omicidio di Werner Von Croy, suo amico e mentore. Un breve filmato introduttivo ci pone al centro di tutta la questione, dove si intrecciano riti magici, congregazioni segrete e leggende ruotanti intorno a cinque misteriosi dipinti: le tavole di obscura.Venuti in possesso del diario del povero Von Croy dovremo metterci sulle tracce dei manufatti, partendo dai bassifondi parigini. Quindi una storia molto articolata e più adulta, che non mancherà di colpi di scena eclatanti. Se questo, come detto, rappresenta uno dei punti maggiormente rappresentativi, lo stesso può dirsi del comparto audio. Belle le musiche che accompagnano le azioni e molti punti fondamentali nell’evolversi del racconto. Si nota con piacere l’introduzione del Dolby Pro Logic II, non limitato solamente ai filmati ma sempre presente ed immersivo. Bontà che si riscontra anche nei dialoghi (tutti in Italiano), ottimamente recitati se pur non propriamente carichi di pathos. Le voci dei vari personaggi ben emergono nel contesto sonoro, risultando limpide e di facile comprensione. In tale ottica non è necessaria l’attivazione dei sottotitoli che, peraltro, non sempre rispecchiano la controparte parlata. E fin qui tutto bene. Siamo giunti al momento delle dolenti note, di mettere sul piatto delle bilancia le cose negative che “infestano” il titolo.

Involuzione della speciePochi sono i pregi, come abbiamo visto, tanto più trattandosi di aspetti che ben poco si riconducono alla parte tecnica del gioco (se si esclude il reparto audio). Tanti e soprattutto di sostanza i difetti, neanche minimamente addolciti dai lunghi tempi di sviluppo. Viene da pensare che i programmatori abbiano fatto altre cose per tutto il tempo. E sia quel che sia, si parte dall’ostico sistema di controllo, passando dal motore grafico, fino ad arrivare a dei veri e propri bug tipici delle strutture poligonali (bad clipping, rallentamenti e errata valutazione delle collisioni). La cosa bella, si fa per dire, è che molti dei problemi nascono proprio dalle novità introdotte. Elementi che avrebbero dovuto ringiovanire una meccanica di gioco fin troppo abusata e vetusta e che, invece, tendono ad affossarla. Si era parlato di un sistema di evoluzione delle capacità “fisiche” della protagonista, sistema che è stato implementato in modo posticcio. Durante l’avventura si devono compiere determinate azioni per far si di aumentare le caratteristiche atletiche (salti più lunghi, maggiore forza per spostare oggetti pesanti o per restare appesi più a lungo). Il triste è che tali avvenimenti sono inseriti nel contesto in maniera assolutamente illogica. Può capitare, ad esempio, di non poter aprire una porta poichè Lara non si sente abbastanza forte, chiaramente la suddetta rappresenta l’unica via di uscita. Cosa fare? Si deve semplicemente fare un giro per la locazione e magari spingere una cassa appoggiata da qualche parte…ed ecco la magia! Questa banale azione viene ricompensata dalla frase ora mi sento più forte, per cui… Ecco, ora ditemi quale è il nesso, io personalmente non lo trovo. Detto ciò possiamo andare ad analizzare il sistema di controllo, una gestione che nei precedenti capitoli si contraddistingueva per la struttura geometrica del terreno. Una sorta di reticolato invisibile sul quale erano calcolati i movimenti del personaggio. Nel nostro caso si è passati ad una deambulazione analogica (mediante lo stick sinistro) che da una parte dona un maggiore senso di libertà ma che, dall’altra, rende difficoltosa la valutazione delle traiettorie aeree. Situazione di rilevante importanza nell’ottica dei molti salti e delle molte sessioni in stile platform. A questo si tenta di ovviare permettendo l’allineamento al bordo delle piattaforme (ricordandosi di attivare la camminata sicura premendo L1), ma anche così l’esatta calibratura del salto presenta non poche difficoltà. Basti pensare che, nell’economia complessiva del gioco, la situazione rappresentata occupa un buon 70% degli eventi ed il problema è subito chiaro. E che dire della risposta ai comandi, con particolare riguardo alla corsa? Un ritardo di circa 2 secondi intercorre dall’input al movimento, così come per la rotazione di 180° e per l’arresto in velocità. I fatti migliorano un po’ quando si tratta di arrampicarsi, dove un buon set di animazioni rende convincente il controllo. Guai su guai si sommano “grazie” ad una non certo ottima implementazione della telecamera virtuale, in grado di offrire riprese del tutto sballate e con la pessima abitudine di “sfarfallare” sempre nei momenti topici. Sul fronte delle novità, nel tentativo di emulare i migliori esponenti nello specifico campo, sono state previste delle mosse e fasi stealth. Mi viene in mente un altro modo di dire: ad ognuno il suo. Quanto è vero! La bella e volenterosa Lara, di fronte a maestri del genere (e non faccio nomi tanto li conoscete), riesce a fare la sua “sporca” figura. Si, avete letto bene ho scritto proprio sporca. Le sessioni in cui bisogna agire di soppiatto, a dire il vero, non mancano. Anzi, ben applicate aumenterebbero la verve generale. Ho usato il condizionale non ha caso. Infatti, dopo i primi due tentativi di agire nell’ombra ci si rende conto della loro inutilità, in considerazione del bassissimo rischio di essere scoperti e della micidiale potenza e precisione delle armi (da parte nostra). Le capacità balistiche vanno ben oltre l’umana comprensione facendoci preferire lo scontro diretto, forse meno intrigante ma molto più divertente. Addio stealth…

Una tomba per duePer la prima volta, da che conosciamo Tomb Raider, fa la sua comparsa un secondo personaggio giocabile. Detta così potrebbe sembrare una rivoluzione ma, ahinoi, anche qui le cose non brillano. L’introduzione di un secondo protagonista, tale Kurtis Trent, è limitata ad alcune aree specifiche e molto avanti nel dipanarsi narrativo. Il tizio in questione ci appare la prima volta quasi all’inizio (dove non potremo controllarlo), defilato in un angolo all’interno di un piccolo bar. L’alone di mistero che lo circonda è molto forte, lo stesso non si può dire delle sue sessioni. Appare chiaro (e non poteva essere diversamente) che la sua gestione comporta gli stessi problemi nel sistema di controllo. L’aggravante, perché c’è anche un aggravante, sta nella ripetitività dei livelli a lui associati, improntati più sull’azione che sulla risoluzione di rebus. Quest’ultimi, da sempre, rappresentano uno dei maggiori punti di forza della serie. I cervellotici enigmi hanno messo a dura prova intere generazioni di giocatori. The Angel of Darkness non è da meno, proponendo risoluzioni legate ad operazioni multiple da eseguire in serie e leve da tirare, nel tentativo di sbloccare i passaggi più importanti. Alcuni sono di elevata complessità, tale da innalzare la longevità complessiva…che non sempre può essere un bene, specialmente se subentra la frustrazione. L’engine grafico non emerge per particolari meriti, rientrando di diritto nel marasma generalizzato di questo prodotto. Il modello di Lara vanta un buon numero di poligoni e delle texure adeguate, così come gli ambienti circostanti. Ciononostante l’impatto finale non convince pianamente, anche in virtù di numerosi problemi tecnici. Insomma, non ci siamo proprio.

– Una gran bella storia

– Sonoro in gran forma

– Controlli ai limiti dell’osceno

– Grafica datata e con numerosi errori

– Sistema di crescita illogico

– Fasi stealth inconsistenti

5.5

Siamo giunti alle conclusioni, con dolore ed un forte amaro in bocca. Possono bastare una trama avventurosa, un buon doppiaggio ed un’ottima musica per fare un titolo che valga la pena di ricordare? Direi proprio di no, specialmente se vengono spazzati via da un’eccessiva mediocrità nel resto. Un resto che poi doveva rappresentare ed essere il vero punto di svolta. Parliamoci chiaro, giocare in questo modo è stato un supplizio più che un divertimento. Qualcuno, per caso, ha visto in giro una signorina mora, con i capelli legati in una lunga treccia e un seno prosperoso?

Beh, se vi capitasse di incontrarla…statene lontani!!

Voto Recensione di Tomb Raider: The Angel of Darkness - Recensione


5.5