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Tom Clancy's The Division: New York Underground

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a cura di JinChamp

Tom Clancy’s The Division può aver fatto discutere, tuttavia è innegabile che ogni ritorno a New York City restituisca comunque un certo piacere, grazie soprattutto al suo comparto tecnico e al suo gameplay, immediato e solido. Di critiche ai contenuti, in particolar modo all’end game, ce ne sono state moltissime sin dall’esordio, eppure Massive Entertainment ha cercato di aggiustare il tiro con i due aggiornamenti gratuiti, riuscendoci in parte. Ora è la volta di Underground, il primo dei tre dlc previsti a pagamento e inclusi nel season pass, venduto comunque al prezzo non trascurabile di 40 euro sulla fiducia. Preso singolarmente, però, vediamo se il DLC può valerne l’acquisto.
Nelle viscere di Manhattan
Con questo nuovo aggiornamento, il quartier generale viene ampliato con due nuove zone sotterranee, raggiungibili sul retro, con tanto di montacarichi che porta al nuovo hub dedicato. La prima, accessibile a tutti, aggiunge due nuovi venditori per equipaggiamenti di alto livello, acquistabili solo con crediti phoenix, mentre la seconda – esclusiva per i possessori del dlc – ci porta nella nostra base per le operazioni sotterranee, la grande novità di questo aggiornamento.
Qui si riparte ancora dal livello zero, tenuto separato da quello personale e da quello della Zona Nera, e ci vengono proposte nuove missioni attivabili presso il grosso bancone computer al centro dell’ambiente e successivamente presso il vagone della metro, posto poco fuori, che ricorda non poco la transizione tra i vari capitoli del primo Dead Space. Inizialmente è possibile fare, da soli o in gruppo, soltanto missioni costituite da una singola fase, che vengono create proceduralmente sfruttando i singoli corridoi e aree più larghe come se fossero pezzi di un puzzle, o meglio come dei mattoncini con cui creare labirinti sempre diversi ma, alla lunga, fin troppo familiari. L’obiettivo è praticamente sempre lo stesso: proseguire, sterminare tutti i nemici, continuare finché non arriva il boss di turno. Ci sono elementi accessori che differenziano lievemente le missioni, come dover distruggere delle scorte entro un tempo limite, scortare un agente della JTF oppure trovare dei dispositivi jammer che impediscono l’utilizzo di ogni abilità fino alla loro distruzione, ma anche in questo caso dopo qualche ora l’effetto novità svanisce.
Fortunatamente la varietà non è lasciata solo alla meccanica procedurale dei livelli, quanto piuttosto ai modificatori delle missioni stesse. Questi vengono sbloccati molto lentamente con l’avanzare dei livelli, e permettono l’aggiunta sia delle cosiddette direttive, ossia malus che condizionano gli agenti della Divisione, sia di una fase 2 e di una fase 3, sia del mero livello di difficoltà.
Le direttive ricordano moltissimo i teschi di Halo e possono essere combinabili o attivabili in blocco, a patto che abbiate il livello minimo necessario. Si parte con l’esclusione della minimappa dall’interfaccia, limitazioni alle munizioni trasportabili e droppabili, limitazioni all’utilizzo delle abilità proprie e dei compagni, fino ad un effetto veleno che ci toglie costantemente vita anche senza essere colpiti. Se a questo aggiungiamo un livello di sfida molto molto alto, come può essere già il molto difficile o addirittura quello eroico, le missioni non saranno mai una passeggiata nemmeno per i quartetti più navigati e meglio equipaggiati, soprattutto considerata la totale assenza di checkpoint.
La cosa più curiosta è però l’aspetto delle varie fasi. L’unica differenza tra una missione di fase 1, di fase 2 o di fase 3, sarà il concatenamento di più missioni singole, senza particolari variazioni. Semplicemente, alla fine della fase, anziché tornare al vagone viene reso disponibile un ascensore che ci porterà alla fase successiva. Ogni fase generalmente è completabile in 10-20 minuti, a seconda dei modificatori applicati, e garantisce almeno due drop d’alta gamma anche a difficoltà normale. Aggiungere modificatori e fasi non farà altro che impreziosire la percentuale di ottenimento di drop migliori, oltre che moltiplicare l’esperienza ottenibile per salire di livello. Livelli che sarà importante scalare, fino al 40, anche per ottenere delle casse d’alta gamma (molto simili per concetto agli engrammi di Destiny) e per sbloccare anche gli equipaggiamenti più pregiati nello shop sotterraneo, anch’essi acquistabili esclusivamente con centinaia di crediti phoenix ed esclusivi per i possessori del dlc.
Non disturbar il drago che dorme
La costante dei primi due aggiornamenti, e per estensione anche di quest’ultimo, è stata senza dubbio l’aggiunta di un nuovo assalto. Missing in Action ci aveva tutt’altro che entusiasmati, mentre Cielo Terso era riuscito già meglio nell’intento di regalare ai giocatori una missione tosta e spettacolare, pur senza brillare più di tanto. In questo primo contenuto a pagamento troviamo La Tana del Drago, un’incursione che finalmente cerca di osare un po’ di più e di spingersi verso un format più concreto ed impegnativo, che riuscirà senza dubbio a mettere a dura prova tutti i giocatori che vorranno accettare questa sfida.
Si inizia nei pressi di un parcheggio di Hell’s Kitchen e bisognerà farsi strada fino al tetto, dove troveremo orde di nemici ben assortiti e decisamente molto pericolosi. A mettere a dura prova le capacità dei giocatori sono state, a nostro avviso, le odiose macchinine esplosive telecomandate. Esse non solo si dirigono verso gli agenti della Divisione spedite e senza margine d’errore, ma provocano poi una vasta esplosione incendiaria che abbrustolirà facilmente qualsiasi giocatore che non sia dotato di alti valori in difesa. Senza scendere in ulteriori dettagli per evitare spoiler, su quel tetto si scatenerà letteralmente l’apocalisse, con tanto di espliciti riferimenti, e una volta che sarete riusciti a sbarazzarvi di tutti i nemici, e raccolto le ghiottissime ricompense, vi ritroverete spiazzati nel vedere che il bello deve ancora arrivare. Per completare l’assalto saranno richiesti personaggi estremamente ben equipaggiati, organizzati e abili nel fronteggiare tutte le insidie che gli si pareranno davanti. Completare questa speciale missione avvalendosi solo del matchmaking è praticamente una lotteria, farlo con un affiatato gruppo di amici è comunque molto impegnativo e non osiamo immaginare neanche cosa possa scatenarsi in modalità eroica.
Quello che sembra però davvero inspiegabile è constatare come gli sviluppatori sembrino “sordi” verso talune specifiche richieste da parte dell’utenza. Stiamo parlando – come avrete certamente già immaginato – di questa benedetta modalità PvP, sempre relegata alle dinamiche della Zona Nera. Proprio per quest’ultima, se da una parte possiamo capire che venga divisa per livelli, questi risultano purtroppo appartenere ad un ventaglio molto ristretto e rende difficile fare gruppi che vadano insieme di pari passo. Accade molto spesso invece che qualcuno resti tagliato fuori, per eccesso o per difetto, senza poter più accompagnare i propri amici. Ma detto ciò, a parte il ripetere ad oltranza le missioni, gli assalti e divertirsi magari a fare il rogue in Zona Nera, senza modalità multiplayer, come un deathmatch a squadre e via dicendo, da sempre apprezzate dall’utenza, si viene a creare un buco, che ormai è quasi un cratere enorme, in un prodotto di una qualità sopra la media ma di fatto incompleto per la quantità di contenuti offerta.
L’ultimo aspetto sul quale ci sentiamo in dovere di soffermarci, dopo mesi di gioco su PC e per rispetto verso tantissimi giocatori, è l’effettiva stabilità del gioco. Giocare a Tom Clancy’s The Division su PC non è mai stato privo di problemi ma inizialmente molti bug erano perdonabili o trascurabili, sia perché non accadevano con un’insistente frequenza e sia perché ci si poteva aspettare una patch di bugfix entro breve. Sono passati quasi 4 mesi e la situazione non solo non è migliorata ma è addirittura peggiorata. In una sessione media di 3 ore di gioco, si può incorrere anche in due o più crash del software, cosa assai grave se ricordiamo – come già descritto per le operazioni sotterranee – che le missioni incluse nel dlc non hanno volutamente checkpoint, e la cosa si può tranquillamente tradurre in un’ora buttata nel fare una difficilissima missione in tre fasi che non si potrà mai portare a termine per cause esterne. Restano anche bug più fastidiosi come l’impossibilità di muoversi e sparare o, ancor più deprimente, essere uccisi istanteneamente senza nemmeno la presenza di nemici in giro o problemi ad interagire con l’area della missione, a quel punto impossibile da completare.

– Le operazioni sotterranee raddoppiano la longevità della campagna

– La Tana del Drago è la migliore incursione fino ad ora, impegnativa ed esaltante

– Ora c’è veramente tanto da fare e i gruppi avranno pane per i loro denti

– Può risultare comunque ripetitivo per chi non apprezza il format da MMO

– Continua a mancare un vero PvP classico

– I lupi solitari ormai sono costretti all’estinzione

– Situazione preoccupante su PC per quanto riguarda i bug

7.0

Underground si presenta come un buon dlc, che raddoppia le attività e le ore da passare su Tom Clancy’s The Division, grazie ad una quantità di contenuti veramente corposa e dedicata al tanto criticato end game, pur ricorrendo a qualche mezzuccio come il livellamento della base sotterranea. A nostro avviso l’offerta videoludica potrebbe stuzzicare molti utenti che aspettavano un buon motivo per tornare nei ranghi della Divisione e, forse, potrebbe anche convincerli nell’acquisto del Season Pass. Tuttavia dopo mesi ancora ci troviamo ad aspettare invano delle modalità multigiocatore classiche e iniziamo a nutrire anche qualche dubbio sul bug-checking e bug-fixing da parte di Massive Entertainmen. Alla luce di tutti questi fattori, ci sentiamo ancora di ritenere The Division un ottimo gioco con un enorme potenziale inespresso, ma le cose sembrano decisamente muoversi verso la giusta direzione e, magari con un prossimo aggiornamento, il titolo Ubisoft potrà finalmente reclamare lo spazio che, in fondo, merita.

Voto Recensione di Tom Clancy's The Division: New York Underground - Recensione


7