Recensione

Tiny Brains

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a cura di AR

Mantenendosi fedele al suo geniale concept, Portal nel 2007 ha spalancato le porte a un genere, quello dei puzzle ambientali, che necessitava di nuova linfa vitale. Nel corso degli ultimi anni in molti hanno cercato di cavalcarne l’onda, senza tuttavia trovare mai quell’alchimia ammirata nel capolavoro di Valve. Da grande fan dei giochi cervellotici, soltanto uno ha solleticato il mio palato: si tratta di Quantum Conundrum, titolo uscito in sordina sui mercati digitali nel 2012, e che ha potuto contare su una game designer di valore assoluto. Parliamo ovviamente di Kim Swift, non a caso co-creatrice del primo Portal. E’ quindi con grande entusiasmo, ed un pizzico di puerile speranza, che mi sono avvicinato a Tiny Brains, ben consapevole che, abituato a certi standard, il rischio di rimanere delusi era elevatissimo.
Cervelli in fuga
Lo stile di Tiny Brains è in grado di accattivarsi fin dalle prime battute le simpatie dei giocatori: ironico, istrionico, un pizzico stereotipato e carico di citazioni, narra le vicende di quattro “geniali” cavie da laboratorio intenzionate a fuggire dalle grinfie del loro creatore. Non si tratta di docili animaletti indifesi, ma di bestioline modificate geneticamente e dotate di poteri paranormali: abbiamo così il criceto Minsc, specializzato nella creazione di blocchi di ghiaccio con cui raggiungere zone altrimenti inaccessibili; il pipistrello Dax, capace di spingere gli oggetti con la sola forza del pensiero; il coniglio Stew, in grado invece di attirarli; e il topolino Pad, che può teletrasportarsi al loro posto. Unendo le loro forze, dovranno trovare il modo di eludere tutte le trappole che lo scienziato pazzoide ha in serbo per loro. 
Prima di entrare nei dettagli, è doverosa una premessa: Tiny Brains dà il meglio di sé in multiplayer (meglio se in 4 giocatori), mentre l’esperienza in singolo ne esce notevolmente affievolita. Fortunatamente, sarà possibile giocare sia in locale (utilizzando addirittura la PS Vita come pad aggiuntivo!), che online, e sebbene sui server non vi sia la fila tipica di un centro commerciale nel giorno dei saldi, allo stesso tempo nelle nostre sessioni siamo sempre stati in compagnia di almeno uno sconosciuto. Considerando l’importanza capitale della comunicazione, gli sviluppatori sono venuti in soccorso ai giocatori anche nel caso non si stia giocando con i propri amici, inserendo una freccia gestibile con il touchpad del Dual Shock. Un sistema semplice da usare, che non offre particolari informazioni, ma che quantomeno dà un minimo di indirizzo a chi non ha la minima idea sul da farsi. 
Qualora decidiate di essere ombrosi e solitari (e anche un po’ masochisti…), potrete comunque scegliere di giocare in singolo. In questo caso, potrete passare da un personaggio all’altro con la semplice pressione delle frecce digitali. Ad ogni cambio di animaletto seguirà un rapidissimo “bullet time” che porta ad un rallentamento dell’azione. Sì, perché soprattutto in single player il gioco è piuttosto complesso: non tanto per gli enigmi, quanto per la manualità richiesta. Alcuni puzzle, infatti, necessitano della commistione di diversi poteri, obbligandovi a turnover chirurgici. E’ principalmente per questo motivo che consigliamo caldamente di puntare fin da subito sul multiplayer. 
Tre fasi
Il gioco è nettamente suddiviso in tre fasi ben distinte, che andranno ad alternarsi nel corso di tutta l’avventura. La prima riguarda ovviamente la risoluzione dei rompicapi. Questi, purtroppo, non si distinguono per particolare acutezza: se è vero che alcuni enigmi vi ruberanno diversi minuti prima di arrivare all’agognata soluzione, allo stesso tempo è triste constatare come girino tutti intorno ai medesimi schemi. Sulla falsariga di alcuni quiz di logica solo all’apparenza insormontabili, dunque, ci si riduce ad un triste “risolto uno, risolti tutti”. Ad aggravare ulteriormente la situazione ci pensa una discutibile scelta di design: come detto ad inizio paragrafo, il topo Pad è in grado di teletrasportarsi e cambiarsi di posto con un oggetto. Ebbene, una volta effettuato lo scambio telecinetico, non sarà necessario scervellarsi per tornare alla posizione di partenza: un vostro suicidio porterà infatti al semplice respawn del personaggio ad inizio quadro, e non l’azzeramento dei progressi ottenuti fino a quel momento nella stanza. Tale sistema banalizza enormemente il gameplay, ed è una macchia su cui è difficile chiudere un occhio. 
La seconda tipologia è una parodia della modalità Orda di Gears of War (di cui prende anche il nome): sarete chiamati a proteggere un tenero pulcino rosa (almeno all’apparenza…..) da nemici inferociti, sia sfruttando i propri poteri che saltandoli sopra in pieno stile Super Mario, oppure dalle fiamme di un classico piano cottura da cucina. Anche in questo caso, la manualità richiesta è relativa: i fornelli, infatti, hanno sempre il medesimo pattern, e sarà sufficiente morire un paio di volte per impararne a memoria la disposizione. 
La terza e ultima fase è quella più difficile da gestire, per via dei controlli non proprio esemplari. Lo scopo è quello di portare una palla da punto A a punto B, evitando una serie di ostacoli come pannelli di vetro e burroni. Se in singolo diventa molto difficile dividersi tra la fase di spinta, e quella di “risucchio”, le cose migliorano in multiplayer, a patto però di trovarsi a giocare con un partner ben consapevole delle proprie azioni. Nelle fasi più avanzate basta infatti il minimo passo falso per vanificare i vostri progressi. 
In questo cocktail di gameplay tanto diversi quanto, a lungo andare, ripetitivi, il gioco termina allo scoccare delle due ore. Longevità a dir poco sottotono, e che viene levigata solo in parte dalle modalità aggiuntive sbloccabili portando a compimento l’avventura canonica: abbiamo la Modalità Troll, che aggiunge semplicemente il fuoco amico rendendo le vostre partite in multiplayer ancora più “folli”, e la Modalità Jules, in cui impersonerete un super-animaletto dotato sì di tutti i poteri, ma anche di una sola vita! Per cui ad ogni errore corrisponderà un mesto Game Over. 
Esiste infine una gustosa modalità competitiva: giocabile esclusivamente in compagnia di almeno un amico, si tratta di una simpatica variante telecinetica del calcetto, in cui disporrete delle quattro abilità, e dovrete segnare più gol dell’avversario in una porta sguarnita. 
Elementi tecnici
Il titolo è artisticamente molto gradevole, ma lontano anni luce dalle potenzialità offerte a livello tecnico da PlayStation 4. Paradossalmente, a carte coperte lo si potrebbe tranquillamente scambiare per un titolo di lancio della scorsa generazione di console. Fortunatamente, la grafica in un puzzle game ha un ruolo molto marginale. 
Discreto il sonoro, con alcune musiche brillanti e un buon doppiaggio in inglese (sono comunque presenti i sottotitoli in italiano).

– Alcuni enigmi sono piuttosto arguti…

– Vi sono tre fasi di gioco ben distinte…

– In multiplayer è molto divertente…

-…ma purtroppo lo schema di risoluzione tende a ripetersi

-…ma nessuna è realizzata ad arte

-…mentre in singolo perde moltissimo

6.0

Affibbiare a Tiny Brains un giudizio univoco è molto difficile. Siamo di fronte al classico dottor Jekyll e Mr. Hide, un titolo ricco di mancanze strutturali rilevanti, ma allo stesso tempo molto divertente se giocato in compagnia di uno o più amici. Il consiglio è di dargli una chance esclusivamente se avete l’opportunità di godervelo in multiplayer. In caso contrario i limiti, davvero troppo evidenti, prenderebbero nettamente il sopravvento sul fattore divertimento. E voi non volete, vero, fare da cavie?

Voto Recensione di Tiny Brains - Recensione


6