Recensione

The Coma: Recut

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Non si può di certo affermare che gli horror coreani brillino per originalità: tra cliché assortiti e una gran quantità di situazioni che di sorprendente hanno ben poco, sono di solito prodotti rivolti a chi di orrore non ne ha mai abbastanza. Se sul finire dell’estate avete già giocato White Day: A Labirinth Named School, troverete in The Coma: Recut le stesse tematiche e la stessa ambientazione: studenti rinchiusi loro malgrado all’interno di una scuola, il folklore tipico della Corea e le solite presenze malevole pronte a farvi fuori da un momento all’altro.
La fatica dello studente
The Coma: Recut è la versione rimasterizzata di The Coma: Cutting Class, già uscito un paio di anni fa su PC. L’utilità di questa operazione, al di là della palese volontà di rilancio, risulta essere ignota: d’altra parte stiamo pur sempre parlando di un survival horror bidimensionale e a scorrimento orizzontale che non necessitava di alcun lavoro supplementare di cosmesi. 
Le aggiunte, rispetto alla prima versione, riguardano il ribilanciamento del gameplay, i filmati ritoccati in alta definizione e una nuova meccanica di gioco dedicata alla possibilità di nascondersi; per il resto, non c’è assolutamente nulla di nuovo che bisogna aspettarsi da questa riedizione, a meno che non siate dei patiti degli achievement/trofei: in quel caso, potreste trovare dei motivi per riavvicinarvi al titolo di Devespresso Games.
In The Coma: Recut seguirete le vicende di Youngho, uno studente pronto per il suo ultimo esame che durante un’apparente normale giornata in classe si addormenta e, una volta risvegliatosi, si ritrova in una versione oscura e terribile dell’istituto. Senza nemmeno rendersene conto è d’improvviso in pericolo, costretto ad affrontare entità che sembrano venire da un altro mondo. 
Insomma, The Coma: Recut sembra proprio essere (e lo è, tutto sommato) un pot pourri di cliché assortiti, anche se l’inizio lasciava intravedere in effetti qualcosa d’interessante per quanto riguarda alcune sottotrame, come il suicidio o la critica verso l’eccessiva pressione che gli studenti del Paese hanno. 
Il problema è che durante le circa tre-quattro ore di gioco, i pochi elementi narrativi che potevano dare quel quid in più ed elevare l’opera al di sopra della mediocrità, perdono di mordente sin troppo presto e vengono addirittura accantonati. Dopo un paio d’ore, in definitiva, vi ritroverete con un gioco molto prevedibile e con colpi di scena telefonati, potendo oltretutto avere un’interazione sin troppo basilare con personaggi stereotipati e assistere a dialoghi elementari e di poco conto.
Fuga per la vita
Neanche dalla struttura di gioco arrivano notizie liete, perché anche pad alla mano, The Coma: Recut non riesce ad essere né interessante né tantomeno accattivante. 
Si consideri che l’intera conduzione di gioco è gestita da una serie di quest che potremmo definire secondarie. Sebbene ci sia un filone principale da seguire, le vostre mansioni saranno in fin dei conti sempre le medesime: trovate l’oggetto che apre la porta, attraversate un corridoio, scappate dal killer che vi sta seguendo, all’occorrenza tornate indietro per subire quel backtracking che negli horror asiatici non manca quasi mai, e ripetete il tutto fino ad arrivare ai titoli di coda. Non un granché né il massimo dell’intrattenimento, va ammesso. 
Un altro problema è rappresentato proprio da chi v’insegue, da chi in sostanza dovrebbe spaventarvi o quantomeno mettervi in soggezione, ma che in realtà – esattamente come in White Day e decine di altri titoli simili – già dopo un paio di apparizioni si rivela essere più una gran seccatura che non un reale motivo di tensione. Qualora vi ritrovaste a corto di salute, anche in The Coma: Recut è possibile recarsi presso le macchinette e recuperare degli oggetti curativi; se invece ne sarete a corto nel momento del bisogno, l’unica soluzione sarà nascondersi nel buio o infilarsi all’interno degli armadietti fin quando la situazione sarà tornata alla “normalità”. Neanche a dirlo, bisogna anche usare la torcia con parsimonia e quando la situazione è più tranquilla, altrimenti rischierete di attirare l’attenzione e, nella peggiore delle ipotesi, morire in un’aula dimenticata.
Oltre a cercare indizi per svelare il mistero e adeguarsi a una congenita ripetitività che si farà strada sin da subito, nonostante l’esigua durata dell’avventura, non c’è davvero nient’altro da fare in The Coma: Recut, remastered che fatichiamo a consigliare anche a chi si fosse perso l’opera originale.
Lo stile grafico tipico dei manhwa coreano è gradevole, ma lo stacco tra personaggi e scenari è sin troppo evidente e non convincono affatto gli sprite, non splendidi da vedere. Sotto la media anche le animazioni, davvero goffe e sguaiate.

– Il classico survival horror coreano

– Stile grafico tipico dei fumetti coreani

– Qualche buono spunto narrativo iniziale…

– … Che perde immediatamente di mordente

– Pieno zeppo di cliché

– Ripetitivo, nonostante l’esigua durata

5.5

The Coma: Recut è un titolo che non riesce a sfuggire dalla mediocrità e ad elevarsi dal mare magnum di survival horror asiatici che sin troppo si somigliano tra loro. Pieno zeppo di cliché e con gli elementi narrativi più interessanti che si perdono nel nulla dopo poco tempo, questa remastered non possiede nemmeno un gameplay vario e interessante, vittima com’è di un abuso di idee che abbiamo già visto in sin troppi giochi.

Voto Recensione di The Coma: Recut - Recensione


5.5