Storia dei sistemi casalinghi dal C64 ad oggi

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a cura di Jack Right

Nel 1988 ebbi il mio primo contatto con un sistema di gioco casalingo. Conoscevo i videogiochi da anni ma non potevo ancora fruirne in casa. Mi fu regalato il caro, vecchio Commodore 64. Da lì in poi iniziai ad informarmi maggiormente attorno quella che, all’epoca non ne ero cosciente, sarebbe divenuta una delle forme d’arte più avvincenti. Spesso è stata attaccata con accuse di ogni genere. Da ipocriti. Da chi non sa. Quasi fosse possibile contestare questo o quell’autore letterario senza neppure possedere l’abilità ed il talento del saper leggere. Programmare un videogioco significa, specialmente oggi in cui le risorse tecniche sono maggiormente richieste, precalcolare ogni cosa si veda ed accada su schermo. E’ un lavoro difficile e lunghissimo. Servono anni per programmare un singolo titolo. Un’altra cosa. Da un recente sondaggio si è scoperto che solo l’8% dei giocatori gioca solo. Per il resto è il multiplayer ad appassionare i giocatori (ricerca commissionata dalla AESVI all’istituto IARD di Milano). Dunque non si può parlare di esclusione dalla società. Infine si ricordi che videogiocare non è soltanto divertirsi. Ma di questo principio ho già scritto nel precedente speciale intitolato “Filo-sofia e videogiochi”. Procederò ora con un riassunto della storia delle console casalinghe dagli anni ’80 ad oggi.

Il videogioco si sviluppò da principio come mero passatempo destinato ai più piccoli. Il suo scopo primario era divertire fin da subito. Nel 1983 comparve il Commodore 64. Trattavasi di una tastiera con processore incorporato che venne perlopiù usato per videogiocare ma che, in realtà, godeva di molteplici funzionalità programmative basate sul linguaggio Basic. Resta impresso nella mente di molti per via degli ottimi giochi che lo circondarono, delle cassette multigioco a 4.900 lire nelle edicole (spesso pirata, ma non lo sapeva quasi nessuno!) e dei suoi interminabili caricamenti che, a volte, riuscivano ad estendersi parecchio nel tempo (anche mezz’ora!). Nel 1986 nacque una delle saghe più seguite della storia dei videogiochi, quella di Super Mario, ad opera della Nintendo. Nel 1987 uscì invece, dalla mente di un geniale architetto russo, quel capolavoro di Tetris. Non bastò tuttavia a far comprendere da subito quale grande potenzialità stava per assumere il videogioco. Nel frattanto iniziavano agguerritissime le prime console-war, ossia le lotte tra questo e quel sistema di gioco casalingo. Prima della famosa lotta tra Nes, della Nintendo, e Master Sistem, della Sega, degna di nota fu quella tra il citato “Commodore 64” e lo Spectrum 48k. Ma non erano certo i primi sistemi a darsi battaglia. Cresceva l’industria, e con essa, le risorse hardware richieste e, nel 1989, fu la volta del Megadrive, ottima console Sega a 16 bit. Godendo di un parco giochi eccellente visse piuttosto beatamente fino al 1992, anno in cui fece il suo ingresso sul mercato uno dei più grossi giganti da gioco: il Super Famicom, conosciuto altresì come “Super Nintendo”. Anch’esso 16 bit, a livello prestazionale superava di molto il “Megadrive” che, come ovvio, iniziava ad accusare il peso degli anni. Sonic, mascotte Sega, si scontrava con Mario, mascotte Nintendo. Entrambi ne uscirono vincitori (all’epoca era ancora possibile). La Sega propose due add-on per il suo “Megadrive” onde far fronte all’egemonia Nintendo: dapprima il Mega cd , un lettore cd che ebbe però scarso successo, poi il 32x, fantomatica ed introvabile espansione che, a detta di Sega, avrebbe dovuto trasformare il “Megadrive” in un complesso sistema a 32 bit. Non fu così e Nintendo, grazie anche ai proventi derivanti dalle vendite del suo fortunatissimo Handheld (console portatile), il Game Boy(1989), accumulava risorse enormi. La Sega invece iniziava il suo declino. Rispose al “Game Boy” con una console portatile, il Game Gear, ma il consumo enorme di batterie ne decretò soltanto il parziale successo. Timidamente ma con carattere SNK, storica software house giustamente nota per i suoi picchiaduro e sparatutto (che purtroppo qualche anno fa è fallita), presentava una macchina eccezionale: il Neo geo che, forte delle proprie possibilità tecniche, può vantare il primato di essere stata la prima console a garantire un approccio grafico indistinguibile dalle controporti arcade. L’alto costo dell’hardware e delle cartuccie ne decretò un successo circoscritto alla terra del Sol Levante (tutt’oggi circolano a prezzi altissimi le cartuccie di classici come King of fighters o Metal Slug. Se ne avete alcune conservatele gelosamente!). Da lì a qualche anno ne uscì una versione dotata di lettore cd. E’ di questo periodo il progetto maggiormente fallimentare di Nintendo: Il Virtual Boy. Conseguenza di un’idea come consuetudine Nintendo molto innovativa, si rivelò all’atto pratico una console assurda e, dicono, pure dannosa. In pratica il giocatore veniva immerso in una realtà, quella videoludica, molto più da vicino. Il concetto di immedesimazione con la realtà giocata non doveva per nulla essere sconosciuto a Nintendo.

Fu il 1994 l’anno dell’epocale svolta. Molte aziende fiutarono l’affare videoludico e così nacquero molte console speranzose di vedersi crescere. La Panasonic propose il suo fallimentare 3do, l’Atari il suo Jaguar ma, sopratutto, la Sony la sua Playstation. Sega non si accorse subito di quanto Sony potesse essere competitiva e, credendo la sua opera destinata a durar poco commise l’errore più fatale della sua esistenza. Nel 1994 uscì il Saturn. Sony guardò verso il futuro proponendo una console molto potente nel calcolo 3d e Sega si concentrò ancora sul 2d. Pochi mesi prima del lancio si accorse del suo errore e tentò di correre ai ripari. Ma i giochi erano fatti. Il Saturn fu una buona console ma cadde sotto i colpi di un marchio che da lì a qualche anno divenne addirittura sinonimo di videogioco. Iniziò infatti il declino dei coin op (arcade da sala giochi detti così per via dell’azione dell’inserir in essi monete per giocare) che, non risultando più palesemente avanti, almeno a livello grafico, all’esperienza di gioco casalinga ed essendo sempre più cari, finirono pian piano per scomparire ed essere sostituiti da squallidissimi video-poker o, al massimo, da schermi tattili con cui divertirsi a trovare le differenze tra due figure.

La Nintendo, furba come sempre, preferì temporeggiare. Nel 1996, dopo innumerevoli rimandi, fece uscire sul mercato il Nintendo 64, prima console a 64 bit. Lo scontro fu duro. Tutto sommato alla Nintendo continuò ad andar bene, ma il supporto ancora a costose cartucce creò problemi.Ma è il 1998 l’anno della verità. La Sega, delusa come non mai, non accetta di vedersi sconfitta da un’azienda nuova nel settore dei videogiochi e, forte della sua ventennale esperienza, progetta forse la console più bella e performante della storia dei videogiochi. Nasce il Dreamcast ed in Giappone è un immediato successo. Prima console a 128 bit, un controller da favola, modem integrato per il gioco in rete e memory card con tanto di schermo (Visual memory). Sonic torna alla grande ma contro la “Psx” non si può nulla.

Nel 2000 è il turno della Playstation 2 che esce con un sistema hardware interessante ma incompleto. Nonostante abbia un vantaggio di 2 anni rispetto al magnifico “Dreamcast”, sotto il profilo tecnico non aggiunge quasi nulla ad esso. Ma il nome richiama a se molti casual gamers. La prima “Playstation” fu in effetti una grande console (giochi a 10000 lire tra l’altro). E’ un successo. La Sega si ritirerà purtroppo dal settore hardware e sarà acquisita dalla giapponese Sammy, un’azienda produttrice di Pachinko, giochi in cui lanciando un dischetto dall’alto si deve farlo finire in appositi alloggiamenti.

La Nintendo fu furba ancora una volta. Temporeggiò continuando a dichiarare progetti entusiasmanti. Dopo un restyling del proprio “Game boy” denominato Game Boy Color, fece uscire il Game Boy Advance, praticamente un “Super Nintendo” portatile. Altro grosso successo. Nel 2001 Nintendo lancia il “Project Dolphin”, rinominato però Game Cube. Accoglienza positiva, ma a parte un hardware molto buono ed alcuni dei giochi migliori della storia dei videogiochi non offre grosse novità.

Ma un’altra enorme azienda sta entrando, nel 2001, sul mercato videoludico. E’ la Microsoft. L’impero Sony è davvero minacciato. Con una console tecnicamente solo discreta c’è da stare molto attenti. L’Xbox inizia il suo corso vitale. E’ un computer fatto console. Stessa architettura. Tecnicamente ottimo. Buoni titoli appaiono nel suo lettore dvd e pertanto in America vende bene anche se in Europa solo discretamente. In Giappone non lo sopportano.

Nel 2004 esce la rivoluzionaria console portatile Nintendo. Il Nintendo Ds (Dual Screen). Forte dei suoi due schermi, dello schermo tattile, delle possibilità wireless e del microfono integrato è un grandissimo successo. 23 console vendute al minuto. In due anni raggiunge quasi il numero di vendite della “Ps2”.

Il 2005 vede l’uscita della nuova console Microsoft. E’ L’ Xbox 360”. In realtà avrebbe dovuto chiamarsi “Xbox 2” ma, per ragioni di marketing, si ritenne che l’impatto psicologico che avrebbe avuto nei confronti del nome “Playstation 3″ sarebbe stato sconveniente ed avrebbe potuto far apparire la console americana inferiore a quella giapponese. Il marketing è anche questo. Purtroppo. Comunque la console esce bene. Punta molto sulla potenza tecnica. Di nuovo non c’è molto, ma il servizio “live” è davvero eccezionale. Esce anche la Psp (“Playstation Portable”), console portatile Sony. Potente, ma poco altro. Lo schermo è però favoloso e dotato della risoluzione più alta mai apparsa su una console portatile: 480 x 273. Viene accolta tiepidamente assieme agli “Umd”, formato proprietario Sony su cui l’azienda cerca di piazzare anche films. Si riprenderà dopo un annetto.

Nel 2006 è la volta del Wii, console Nintendo. Pur non essendo performante dal punto di vista grafico vanta un sistema di controllo innovativo (il controller è sensibile ad ogni movimento) ed un prezzo di lancio basso fattori che gli permettono un rapido successo di pubblico. La Ps3 è tuttora un’incognita. Molte promesse, una campagna pubblicitaria che ne precedette l’uscita a tratti fuorviante (famoso l’episodio relativo il filmato di Killzone 2 che, messo su in 6 mesi di lavoro, venne spacciato per calcolato dal processore di “Ps3”), un lettore “BluRay” costosissimo che innalza di parecchio il prezzo finale della macchina (700 euro all’uscita), un controller sempre uguale a se stesso da 14 anni. In realtà Sony provò a modificare il controller introducendone uno a forma di boomerang, ma le critiche del pubblico rivolte all’ergonomia dello stesso fecero si che essa riproponesse lo stesso Dual shock di sempre. Che però stavolta non fu molto Shock…. Infatti per problemi tecnici o legali Sony non inserì la funzione di vibrazione ma aggiunse all’ultimo minuto una funzione di puntamento simile (in linea di principio) a quella adottata da Nintendo per il suo Wiimote.

Dopo questo breve riassunto della storia dei sistemi di gioco casalinghi (ho volutamente escluso i Pc ed alcune console “minori” anche se a volte interessanti come Gp 32, Nomad, Neo Geo pocket etc..) spero sarà un po’ più facile scoprire che dietro i “giochetti elettronici” c’è molto lavoro, passione e dinamiche comuni ad altre forme d’arte (quali musica e cinema, ad esempio). Ci sono anche sempre più soldi e questo, temo, rovinerà prima o poi questo mondo. Ma resteranno sempre, sparse qua e là, software house mosse da passione e non solo dal denaro e capaci, con la loro genialità, di far vivere sia ai piccini che ai grandi avventure e storie da protagonisti e da eroi come talvolta, del resto, accade nei sogni di ognuno.