Recensione

Murdered: Soul Suspect

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Se Murdered: Soul Suspect fosse stata un’opera di David Cage, oggi saremmo qui ancora una volta a disquisire delle controversie tra i modi di intendere e vivere il videogioco. Il titolo di Airtight Games non è poi troppo distante da quella filosofia di sviluppo, e visto il suo grande sbilanciamento verso la narrazione a discapito di un gameplay claudicante, si capisce quanto quest’avventura si configuri come un progetto non facilmente digeribile da tutti per via della sua particolare natura. Per questo motivo, sarete costretti a chiedervi cosa cercate realmente da un videogioco e da quale lato penda di più la bilancia del vostro gusto personale, perché Murdered: Soul Suspect può riuscire a farvi passare sopra ai suoi problemi grazie a una storia che cattura fino al suo sorprendente finale. E può farlo senza necessariamente farvi divertire.

Ghost
Ronan è un ex galeotto pentito, un uomo dal passato fosco e dalla vita tribolata, arruolatosi in polizia per mettere un punto definitivo ai suoi turbolenti trascorsi. Durante una rocambolesca indagine avviene l’irreparabile: una violenta colluttazione con un malvivente incappucciato finisce nel peggiore dei modi, e Ronan vola via del terzo piano di un appartamento schiantandosi sull’asfalto, ridotto ormai in fin di vita. L’assassino scende giù e gli spara sette colpi a bruciapelo, uccidendolo, ma il protagonista non si rende conto di essere morto fin quando non vede il suo cadavere inerme attraverso gli occhi del fantasma che è diventato. “Perché sono stato ucciso in questo modo?”, si chiede Ronan. “Chi è l’assassino?”. Da quel momento in poi, il detective rimane in una sorta di limbo da dove può indagare sulle ragioni del suo omicidio, in una Salem storicamente molto accurata e ricca di riferimenti agli atti persecutori verso le streghe, avvenuti alla fine del ‘600. Nonostante l’affermazione della modernità nell’ambientazione di gioco sia fin da subito palese, la Salem di Murdered: Soul Suspect subisce pesantemente il proprio passato fatto di superstizioni, immoralità e ingiustizie, piegandosi a quella profonda influenza del sovrannaturale che si insinua nel tessuto della trama sin dalle prime battute. In questo senso, la struttura narrativa si adagia molto sulle oscure suggestioni dell’epoca, cercando al contempo di proporre tutta la logica investigativa tipica dei thriller. L’avanzamento della storia è molto graduale, ben soppesato e scandito da ritmi che sembrano più affini a un buon libro giallo o a un film che lascia tutti in sospeso fino alla rivelazione finale. Partendo dalla ricerca di indizi sul proprio assassinio, infatti, Ronan incapperà in qualcosa di molto più complesso e articolato, ossia su una serie di strani delitti riconducibili alla figura del cosiddetto “killer della campana”. Si tratta di un maniaco che uccide le proprie vittime scegliendole tra le adolescenti, e che marchia la scena del crimine con uno strano simbolo usato durante la caccia alle streghe. Ricostruire gli eventi e avvicinarsi alla verità è per Ronan uno di quegli obblighi al quale non può sottrarsi, e mentre la situazione si complica e la trama si infittisce, emergono dettagli sulla vita personale del protagonista, rimasto tragicamente da solo al mondo e costretto a lottare per la verità anche da morto. Pad alla mano, le indagini si svolgono tutte all’interno di alcune aree circoscritte entro cui bisogna necessariamente trovare gli indizi giusti che permettono di far avanzare la storia. Senza di questi, non si va davvero da nessuna parte e il titolo non permette al giocatore di essere creativo né tantomeno di sbrigare altre faccende, che nella fattispecie si riassumono in missioni secondarie che aumentano la durata totale del gioco.

Presenze demoniache
Murdered: Soul Suspect si divide sostanzialmente in due modi di operare che si alternano dall’inizio alla fine dell’avventura: il primo, consiste nel raggiungimento del luogo di interesse e della scena del crimine; il secondo, invece, prevede la risoluzione dei misteri attraverso un’elementare ricostruzione degli eventi, utilizzando al meglio gli indizi scovati all’interno dell’area. Ronan ha la possibilità di possedere i vivi e ascoltare i loro pensieri, ma capiterà con molta rarità che questi siano effettivamente utili alla risoluzione del caso; non può invece governare i loro movimenti, ma può usare i personaggi per farsi traghettare da un punto all’altro. Questa possibilità, tuttavia, è sfruttabile solo se riuscite ad attirare la loro attenzione “stregando” per qualche attimo i dispositivi elettronici nei paraggi, che faranno rumorosamente le bizze e costringeranno gli agenti a cambiare la loro routine comportamentale. Tutto ciò, diventa essenziale quando bisogna passare oltre delle pozze demoniache, altrimenti insuperabili in forma spiritica; va tuttavia ammesso che queste sezioni sono di una semplicità davvero disarmante, rivelandosi più una perdita di tempo che un reale momento di sfida. Leggermente diverso è invece il contatto coi veri demoni vaganti che di tanto in tanto infestano alcune zone: in questi frangenti, Murdered mostra un abbozzo di stealth, costringendo il giocatore a sgattaiolare alle spalle delle entità malvagie fino ad eliminarle usando un semplice QTE. Niente di troppo impegnativo, comunque, perché Ronan può attraversare gran parte delle pareti e sparire così alla vista dei nemici, o in alternativa, infilarsi istantaneamente negli involucri degli spiriti disseminati fin troppo generosamente lungo le ambientazioni. Come se non bastasse, si può anche attirare la loro attenzione facendo gracchiare all’impazzata i corvi, così da rendere ancora più semplice il compito di avvicinamento ed eliminazione. Se dovessimo dunque cercare anche solo l’ombra di un reale senso di sfida in Murdered, rimarremmo praticamente a mani vuote, perché il titolo di Airtight Games è in realtà piuttosto guidato e semplice, e fallire queste sezioni è molto difficile anche per i giocatori della domenica. I momenti in cui si gioca davvero, dunque, sono realizzati in modo sin troppo semplicistico, come se fossero dei blandi riempitivi tra una scena del delitto e l’altra.Le cose non migliorano quando si rimane bloccati e bisogna prendere possesso di un gatto nero, animale che in teoria, dovrebbe essere molto agile e aggraziato. Non è così: controllare il corpo del felino significa infatti muoversi molto goffamente lungo dei binari prestabiliti (oltretutto ben evidenziati) fino al cosiddetto punto B, con l’aggravante che talvolta i comandi non sono poi così reattivi come avrebbero dovuto essere. In sostanza, ben presto sarete colti dall’impellente voglia di arrivare al clou della scena e portare al termine delle sezioni un po’ noiose e scarsamente impegnative.
La soluzione in pugno
Il cuore pulsante di Murdered: Soul Suspect, tuttavia, rimane l’investigazione. Raggiunta la scena del delitto dovremo sostanzialmente trovare tutti gli indizi, talvolta condizionando anche i testimoni e gli agenti nei paraggi. Ronan dedurrà rapidamente ciò che è accaduto, arrivando a decifrare con certezza una dinamica sconosciuta semplicemente analizzando un reperto e archiviandolo. Non sempre è obbligatorio trovarli tutti, ma molto spesso, quelli più determinanti sono meglio nascosti, e girare a vuoto da una parte all’altra è una di quelle situazioni che capiterà di frequente. L’indagine viene conclusa quando si selezioneranno gli indizi schiaccianti che vanno a costituire inequivocabilmente una prova, e sbagliare non porterà praticamente a nessuna conseguenza. Non ci sono effettivi bivi narrativi, ma solo degli errori che abbassano la valutazione finale. Una volta fallito l’obiettivo del punteggio massimo, potrete riprovare fin quando non azzeccherete la giusta sequenza, il che è abbastanza semplice, soprattutto se considerate che la vostra logica stringente è certamente superiore a qualsiasi elemento di distrazione buttato in mezzo alla mischia. Sembra quasi che tutto sia fin troppo suggerito e accompagnato; è come se al giocatore, in definitiva, bastasse agire d’istinto per attivare una sequenza che in ogni caso, prima o poi, sarebbe partita comunque. Non ci sono sbarramenti complicati o deliranti processi deduttivi da mettere in atto, ma solo una grande linearità e una soglia della difficoltà spazzata via da esigenze di script. La storia mangia il gameplay e diventa la parte predominante di Murdered, e questo potrebbe essere un problema per chi in effetti si aspettava qualcosa in più anche sotto il punto di vista della sostanza vera e propria. Una volta superati i primi casi, saprete già che nei prossimi dovete compiere le stesse azioni, con variazioni davvero minime o percorsi più lunghi da percorrere. Anche nella città di Salem, tetra e cupa come non mai, vi imbatterete in anime afflitte che cercano aiuto. Parlando con chi è ormai passato a miglior vita, apprenderete le origini delle loro tribolazioni, e facoltativamente potrete dar loro una mano cercando anche qui gli elementi più importanti per scoprire infine da cosa scaturisce il loro personale cruccio. Le missioni secondarie non riescono però ad avere la stessa presa della storia principale, soprattutto per via della scarsa caratterizzazione dei personaggi secondari; mancanza, questa, che li relega appunto al ruolo incorporeo di “fantasmi” anche a livello di importanza.
Tecnicamente, Murdered subisce non poco le limitazioni dello sviluppo cross-gen, presentando spesso degli scenari poco pregni e una realizzazione globale talvolta altalenante e non al top. L’unico motivo per cui rimarrete incollati allo schermo, sarà la voglia di scoprire come andrà a finire tutta la faccenda e chi è davvero l’assassino. E stavolta, diversamente dai thriller più telefonati di sempre, la rivelazione finale vi lascerà piuttosto sorpresi.

– Storia accattivante e strutturata come un vero thriller

– Il fascino di Salem è indiscutibile, così come il suo passato

– Buone idee nelle meccaniche di gioco basilari…

– …Che non sempre sono sviluppate a dovere

– Le indagini dovevano essere più curate e approfondite

– Lineare, guidato e a tratti terribilmente semplicistico

7.0

Murdered: Soul Suspect si accontenta di sacrificare il gameplay in favore di una storia buona e con ottimi spunti, ma purtroppo non esaltante. Il thriller di Airtight Games si allinea ai dettami e ai tempi del genere, rimanendo però un po’ troppo timido nella scelta delle situazioni, e sin troppo legato all’ambito del paranormale nella costruzione della sceneggiatura. Il sistema di gioco, nonostante abbia la capacità di aprirsi a nuove idee, si rivela sottotono e poco approfondito, al punto da diventare tedioso e poco stimolante già dopo le prime indagini.

Voto Recensione di Murdered: Soul Suspect - Recensione


7