Recensione

Monster Hunter Generations

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Dieci anni di Monster Hunter. Sembra ieri, ed invece la saga Capcom ha fatto tantissima strada, passando da fenomeno tutto nipponico, cui inizialmente l’occidente sembrava impermeabile, ad uno dei titoli più attesi di anno in anno, grazie ad una crescente attenzione verso il pubblico nostrano, una robusta iniezione di contenuti e lo smussamento di alcuni degli angoli più acuti.
Il risultato è che, oggi, nonostante il Giappone rimanga il bastione incrollabile della serie, anche l’Europa (e l’Italia, in particolare) hanno dimostrato di saper apprezzare e padroneggiare la caccia selvaggia, come dimostrato anche dal successo del tour promozionale passato per Milano un paio di mesi fa. Con un nuovo episodio all’orizzonte (metà 2017?), Monster Hunter Generations rappresenta il modo migliore per celebrare la saga fin qui.
Ibridare senza snaturare
Un breve inciso è necessario: per ragioni di opportunità e di brevità (altrimenti finiremmo con lo scrivere un’appendice della Divina Commedia), questa recensione si concentrerà perlopiù sulle tre grandi novità introdotte da Capcom, anche alla luce del fatto che, per asset, motore grafico, interfaccia e sistema di controllo, Monster Hunter Generations è identico al capitolo giocato un anno fa, e ne conserva una maggiore chiarezza dei menu e comandi reattivi, soprattutto per quanti possono contare su un secondo analogico.
Due delle tre novità di cui sopra rappresentano, a nostro parere, delle scelte di game design molto azzeccate, capaci, da sole, di rinverdire un brand da sempre fossilizzato su determinati capisaldi: parliamo della modalità Cacciamiao e dell’introduzione degli Stili, e, in maniera minore ma non meno significativa, delle Arti di combattimento.
La modalità Cacciamiao, in particolare, potrebbe essere il motivo principale per il quale Monster Hunter Cross in Giappone ha frantumato i record di vendita dei capitoli precedenti, che pure erano stati dei successi. Capcom ha capito che, nonostante i passi avanti fatti con Monster Hunter 4 Ultimate, le barriere di ingresso nel mondo dei cacciatori erano ancora abbastanza sostenute per i neofiti, precludendo al loro prodotto un’ampia fetta di mercato. Il successo di questa modalità è insito proprio nel fatto che, pur avendola inserita, essa non solo è stata resa completamente opzionale, ma non ha sottratto tempo e sforzi all’approfondimento del sistema di combattimento e non può essere additata, quindi, come un bieco tentativo di “nerfare” un modello di combattimento ostico e non sempre intuitivo.
Ma come funziona, nello specifico?
Per la prima volta nella serie, sarà possibile imbarcarsi in qualsiasi quest nei panni di un Felyne, i simpaticissimi gatti che hanno fatto da spalla a cacciatori di tutte le età per diversi anni: nei loro panni, il gioco prende una piega significativamente differente, in quanto questi non sono sottoposti ad alcuna limitazione sulla resistenza, hanno una mobilità decisamente superiore anche al più agile tra i cacciatori umani, impiegano pochissimi istanti a riprendersi dopo essere stati intontiti da colpi particolarmente forti, non sono soggetti ad effetti climatici e, dulcis in fundo, godono di eccellenti capacità di raccolta dei materiali, non necessitando nemmeno degli strumenti appositi. Il rovescio della medaglia è rappresentato dalla loro scarsissima forza d’urto, che rende quasi impossibile completare missioni di rango elevato senza contare sul supporto di umani armati fino ai denti. Ideali per muovere i primi passi nel mondo di Monster Hunter Generations, questi felini si rivelano una scelta azzeccatissima anche per i veterani in tutte le missioni che prediligono l’esplorazione e la raccolta di funghi e materiali al combattimento puro.
Con questa mossa, Capcom ha tolto ogni scusa agli esordienti totali, che magari, fin qui, avevano tentennato, spaventati da un combat system profondo e sfaccettato: quest’ultimo capitolo rappresenta il punto d’ingresso ideale per loro e per quanti non si siano ritenuti all’altezza delle sfide proposte dal brand nell’ultimo decennio.
A ognuno il proprio stile
Parimenti alla modalità Cacciamiao, l’introduzione di quattro diversi stili di combattimento rinfresca l’approccio alle battaglie, aumentando a dismisura il ventaglio di possibilità per i giocatori più navigati, come se le quattordici diverse armi non bastassero: ci sono lo stile Gilda, quello Offensivo, quello Aereo e quello Ombra, ognuno con le proprie peculiarità.
Lo stile Gilda coincide, grossomodo, con l’approccio base dei capitoli precedenti, offrendo due slot per le Arti (di cui parleremo tra qualche riga) e nessuno sbilanciamento particolare del proprio cacciatore, le cui possibilità di successo dipenderanno molto dalla padronanza dell’arma imbracciata e dalla qualità dell’equipaggiamento indossato.
Ideale per chi conosce la serie ma non ritiene di eccellere nell’arte della caccia.
Lo stile Offensivo è decisamente sbilanciato, anteponendo la capacità di infliggere danni a quella di sopravvivere ad attacchi particolarmente letali: esso garantisce (unico tra gli stili) tre slot per le Arti e un riempimento della barra ad esse dedicata molto più veloce, di pari passo con i danni subiti, che, però, saranno più consistenti rispetto agli altri stili.
Optando per questo stile il gameplay del gioco sembra tendere maggiormente all’azione, con la sola limitazione rappresentata dalla barra della resistenza, ma, se i primi Rank si riveleranno una passeggiata, già a partire dal terzo i grattacapo non tarderanno ad arrivare.
Lo stile Aereo, dal canto suo, consente un approccio mobile e rapido agli scontri, con la possibilità di cavalcare le bestie da cacciare e di usare compagni e barili come veri e propri trampolini, così da sfruttare al meglio gli attacchi in salto non solo con armi come il Falcione Insetto ma anche con lame molto più convenzionali. Optando per questo stile, si vedrà la schivata sostituita da una sorta di capriola con balzo, che può dare la stura ad una combo aerea o ad un salto utile ad iniziare manovre di attacco volanti: la rapidità e il fatto di rendersi bersagli mobili, molto più difficili da colpire, rendono quello Aereo lo stile più divertente da utilizzare, anche se, con i mostri di rango alto, la sua efficacia è ancora tutta da dimostrare.
Chiudiamo con lo stile che ci è piaciuto di più, ovvero quello Ombra: probabilmente il più complicato da padroneggiare, si è però rivelato anche quello capace di regalare maggiori soddisfazioni sul lungo periodo, rivelandosi utilissimo negli scontri con bestie enormi (un Astalos, in particolare).
Esso consiste, essenzialmente, nell’aspettare la mossa dell’avversario, schivarla all’ultimo secondo disponibile e poi sfruttare una breve finestra per un contrattacco che infligge danni ingenti: imparare i tempi e muoversi di conseguenza non è affatto semplice, soprattutto contro mostri molto rapidi, ma la soddisfazione che restituiscono una schivata ben eseguita e un contrattacco assai doloroso non sono da sottovalutare.
Ognuno di questi approcci gode di Arti peculiari: queste non sono altro che abilità speciali, attivabili al riempimento dell’apposita barra, correlato ai danni inflitti e subiti, che possono cambiare il corso di uno scontro o, nella maggioranza dei casi, offrire comunque un vantaggio al giocatore. Ce ne sono cinquantadue in totale: si va da finestre di invulnerabilità allungate durante le schivate a effetti di cura istantanei, da potenti colpi speciali, capaci di intontire molti mostri, alla possibilità di non consumare resistenza per un breve lasso di tempo, così da darsi alla fuga in maniera repentina o scatenarsi in un tourbillon di attacchi consecutivi.
La più grande vittoria del team di sviluppo consiste nel fatto che, in oltre cinquanta ore di gioco, abbiamo trovato che queste movenze non solo non sbilanciano il fine equilibrio raggiunto dalla serie nel corso degli anni, ma anzi si inseriscono benissimo nelle dinamiche di combattimento consolidate di Monster Hunter, cambiando le carte in tavola anche per coloro che non si sono persi nemmeno un episodio.
I dubbi che nutrivamo all’annuncio sul bilanciamento della difficoltà, che avrebbe potuto risentire di queste aggiunte, si sono sbriciolati non appena abbiamo iniziato a fare sul serio: il cambiamento più significativo che abbiamo notato, in questo senso, è racchiuso nella prima decina di ore di gioco, il cui livello di sfida è considerevolmente calato rispetto agli episodi passati.
Sorpassata, però, questa barriera fisiologica, Monster Hunter Generations non si discosta molto dai prodotti che lo hanno preceduto, offrendo combattimenti veramente impegnativi (ai ranghi più alti) e pretendendo dal giocatore un grande investimento in termini di tempo, impegno e raccolta dei materiali necessari al crafting.
Se a questa quantità di (gradite) novità, si sommano numeri di tutto rispetto, che spaziano dai quattro villaggi visitabili ad un totale di centocinque mostri diversi (di cui quattro totalmente inediti che ovviamente non riveleremo), suddivisi in settantuno di stazza maggiore e trentaquattro “minori”, appare evidente come ci si trovi davanti al Monster Hunter più completo e coraggioso degli ultimi anni. La modalità multigiocatore cooperativa fino a quattro giocatori, sia in locale sia online, rappresenterà, in altre parole, la pietra tombale sulle vostre ferie estive: fossimo in voi, avviseremmo per tempo mogli, mariti, fidanzati/e e amici, e prenoteremmo le vacanze solo in posti dotati di una buona copertura di rete.
Una certa età
Se, come abbiamo visto, le dinamiche di gioco non sembrano risentire del peso degli anni, lo stesso non si può dire per il versante tecnico, che, nonostante i passi avanti fatti registrare l’anno scorso, con Monster Hunter 4 Ultimate, rimane l’aspetto meno curato e performante dell’intera produzione. Il motore di gioco è il medesimo del titolo succitato, e ne porta in dote tanto gli aggiustamenti rispetto alle edizioni precedenti, come effetti di luce rinnovati, armature più curate nei dettagli e animazioni fluide soprattutto per i nuovi mostri, quanto i difetti storici, come una piattezza incredibile delle texture ambientali, set di movenze riciclati per i mostri storici della serie e un livello di dettaglio generale solo sufficiente.
D’altronde, Nintendo 3DS non rappresenta esattamente il top sul mercato in quanto a bruta potenza hardware, e queste limitazioni passano in secondo piano quando il gameplay si dimostra così assuefacente e profondo: cionondimeno, anche su New Nintendo 3DS, dov’è avvenuta la nostra prova, non vi aspettate meraviglie tecniche, perché Monster Hunter Generations è il fratello gemello del titolo che lo ha preceduto. Da questo punto di vista, crediamo che gli appassionati debbano mettersi il cuore in pace: le cose miglioreranno se (e solo se) la serie uscirà con cadenza regolare anche su home console, perché le limitazioni tecniche delle macchine portatili non lasciano troppo spazio per sconvolgimenti e innovazioni da far cadere la mascella. Per adesso, ci si accontenta della quasi totale assenza di rallentamenti, merito tanto del nuovo hardware della grande N quanto del processo di ottimizzazione cui il prodotto è andato incontro, uscita dopo uscita, anno dopo anno.
Dove, invece, si registrano passi avanti rispetto al recente passato è sicuramente nella varietà di ambientazioni, che beneficia, come detto, della presenza di quattro villaggi (Bherna è quello iniziale, ma tornerete anche a Kokoto, Pokke e Yukumo) per portarci a caccia in location che, pur già viste negli episodi passati del franchise, rappresentano una ventata di aria fresca.
Grotte ghiacciate, lande arse dal sole, umidi acquitrini, aspre zone montagnose sono solo alcune delle ambientazioni che sarà possibile visitare, con un occhio alla verticalità almeno pari a quello avuto nel titolo del 2015, che spingerà a studiare sempre gli ambienti di caccia per ottenere tutti i vantaggi possibili.
La colonna sonora, dal canto suo, è un trionfo del fan service che manderà in brodo di giuggiole i fan di vecchia data: ogni villaggio ripropone le sue melodie storiche, alcune in versione originale, altre leggermente riarrangiate, portando immediatamente a galla dieci anni di ricordi, tra reboanti vittorie e pomeriggi passati a grindare come forsennati per farmare materiali: con un buon paio di cuffie, insomma, difficilmente vi deluderà.

– Un compendio del meglio visto finora

– Gli Stili e le Arti cambiano l’approccio al combattimento

– La modalità Cacciamiao può allargare a dismisura il pubblico del brand

– Longevità alle stelle

– Un occhio ai neofiti ed uno alla fanbase

– Massiccio riutilizzo di asset grafici e location

9.0

Per quanto ci riguarda, Monster Hunter Generations è il miglior capitolo della serie fin qui. Lo è per la sua accresciuta accessibilità, che lo rende, per la prima volta, un acquisto assai appetibile anche per i neofiti, lo è per la mastodontica offerta ludica, che comprende quattro villaggi e centinaia di quest, lo è per il tentativo di innovare e rifinire una formula che rasentava già prima la perfezione, e che guadagna in immediatezza e quantità di variabili tattiche.

Il timore di un episodio troppo semplificato, mirato ad un pubblico ancora vergine, è fortunatamente stato scacciato via da un prodotto curato, molto godibile, per il quale il team di sviluppo ha riciclato senza vergogna motore grafico, asset e ambientazioni del quarto episodio (e anche di alcuni precedenti) pur di concentrare tutti gli sforzi sulle meccaniche di gioco.

Obiettivo raggiunto, e adesso ci aspetta un’estate di caccia grossa

Voto Recensione di Monster Hunter Generations - Recensione


9