Recensione

Lost Dimension

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

A dispetto dello strabordante successo commerciale che Playstation 4 sta incontrando in occidente, il paese del Sol Levante non sembra aver ancora riposto in soffitta né la vecchia ammiraglia di casa Sony, l’amata PS3, né tantomeno PSVita: anche per questa ragione, probabilmente, Lost Dimension, interessante quanto imperfetto incrocio tra un gioco di ruolo strategico ed una visual novel, si affaccia su questi due sistemi in questa coda d’estate, mascherando con una serie di buone idee un budget alquanto risicato e un gameplay tentennante.

The End is nearNonostante il plot non fosse esattamente il punto forte di alcuni dei più famosi lavori precedenti di Lancarse (Shin Megami Tensei: Strange Journey e la saga di Etrian Odyssey su tutti), con Lost Dimension il team, anche stavolta in collaborazione con Atlus, prova a proporre una narrativa avvolgente, fulcro del prodotto quanto (se non di più) rispetto alle fasi di gameplay puro.Il pazzoide di turno, autosoprannominatosi The End, facendo ricorso ai suoi poteri speciali ha devastato mezzo pianeta, e minaccia di completare l’opera entro tredici giorni, durante i quali attende beato in cima ad una colossale torre, che le nazioni unite mandano i SEALED a scalare.Questi ultimi sono una sorta di forza paramilitare, composta da individui dotati a loro volta di poteri di varia natura, dalla capacità di teletrasportarsi a quella di scatenare le fiamme con il solo movimento delle mani: il giocatore sarà chiamato ad impersonare Sho Kasugai, il cui talento consiste nella capacità di leggere le menti altrui, abilità che gli tornerà molto utile visto che, all’interno del team iniziale composto da lui e altri dieci soldati, c’è un numero imprecisato di traditori, infiltrati da The End.Il gioco, quindi, si divide in due fasi ben distinte, l’una fortemente debitrice nei confronti del (meritato) successo dei due Danganronpa e l’altra che scimmiotta, senza troppa convinzione, Valkyria Chronicles.Durante le prime, il giocatore sarà chiamato a leggere migliaia di linee di dialogo, scavando nel carattere e nella psicologia dei suoi commilitoni alla ricerca dei traditori, da mettere poi alla gogna durante una fase ad eliminazione, al termine della quale uno dei soldati sopravvissuti ottiene in dono i poteri del trapassato.Con solo una piccola parte dei dialoghi doppiati, una certa verbosità dei protagonisti e personaggi pericolosamente vicini agli stereotipi del genere, non si può dire che il versante narrativo, nonostante la bontà dell’idea di partenza, risulti propriamente riuscito.

Un boomerang sulle gengiveIl peso delle decisioni prese nella fasi da visual novel ricade pesantemente su quelle giocate, creando situazioni davvero scomode per il giocatore.La mia (prima) esperienza con il gioco ne rappresenta un valido esempio, e posso raccontarla senza paura visto che, ad ogni nuovo avvio, i traditori nel gruppo sono totalmente casuali, quindi non v’è pericolo alcuno di incappare in antipaticissimi spoiler.Nonostante avessi dubitato sin da subito delle reali intenzioni del medico del gruppo, ho sperato di sbagliarmi (giustiziando al suo posto un innocente), convinto che, come da manuale del buon game design, il team di sviluppo non mi avrebbe lasciato senza l’unico personaggio capace di curare (e riportare in vita alleati morti).Beh, mi sbagliavo. Se avrete la sfortuna di giocare una partita in cui l’unico medico del team è un traditore, potete dire addio al sogno di vedere la fine del gioco, visto che lo scontro finale è assolutamente improponibile senza alcun personaggio di supporto che curi le vostre truppe.Sembra un macabro scherzo, dopo aver passato poco meno di una ventina di ore a livellare personaggi facendo i conti con un battle system appena sufficiente, e invece è tutto vero: sono stato costretto a riavviare una nuova partita da zero (vista la presenza di un solo save file che sovrascrive in automatico ad ogni nuovo salvataggio) per poter terminare il gioco.Già una simile scelta di game design meriterebbe il cappello da asino, ma poi, come anticipato, non è che le fasi giocate, indipendentemente da questa “svolta” narrativa, brillassero di luce propria: il movimento è libero, non costretto dalla consueta griglia che accompagna la grande maggioranza dei giochi di ruolo tattici, e, a parte la peculiarità del Defer, opzione con cui un personaggio può cedere il proprio turno ad un compagno d’armi che abbia già usufruito del suo, siamo nei confini del SRPG più classico, con abilità speciali già viste decine di volte, un bestiario tremendamente limitato e scenari tutti uguali tra loro.Peraltro, l’enfasi sulla possibilità di unirsi all’attacco di un compagno nel proprio raggio d’azione appiattisce drammaticamente il versante tattico, visto che, in nove casi su dieci, la strategia migliore consiste nell’avanzare con il gruppo compatto, cosicché i personaggi si spalleggino ad ogni sventagliata di mitra.Lodevole, invece, la rigiocabilità garantita dalla randomizzazione dei traditori e dalla presenza di almeno due finali differenti, ma, da sola, non basta ad elevare il gioco dalla stiracchiata sufficienza di cui sembra accontentarsi.

Due generazioni indietroCome si diceva in apertura d’articolo, la pochezza del budget a disposizione del team di sviluppo appare evidente sin dalla prima schermaglia: i modelli poligonali, il set di animazioni, la varietà di nemici e campi di battaglia, rimandano tutti alla seconda parte del ciclo vitale di Playstation 2, il che, considerando che il titolo è disponibile per PS3 e PSVita al costo di circa quaranta euro (e senza cross buy né cross save), non rappresenta esattamente un buon viatico.Il doppiaggio, che pure si salva rispetto al resto, rimane limitato a pochissime linee di dialogo delle migliaia contenute nel gioco, e la colonna sonora, un po’ come il sistema di combattimento, finisce con il rivelarsi né carne né pesce, orecchiabile ma senza picchi qualitativi degni di rilievo.In caso si apprezzino le dinamiche da visual novel e il meccanismo delle scelte, l’offerta ludica è consistente: personalmente, per i motivi succitati, ho speso quasi quaranta ore in compagnia del gioco, che può essere rigiocato più e più volte grazie al fattore casuale.

– Il sistema Defer funziona bene

– Rigiocabile…

– Scelte di game design assai discutibili

– …ma a volte non per scelta

– Grafica da PS2

– Niente cross buy e niente cross save

6.0

Sulla carta, un matrimonio tra Valkyria Chronicles e Danganronpa sarebbe stato dei più felici, ma nei fatti, nonostante qualche buona idea, Lost Dimension risulta un titolo sbilanciato, con migliaia di linee di dialogo intervallate da combattimenti dimenticabili, e con l’infausta possibilità che l’unico medico del vostro team sia un traditore, per giunta.

Tanto il catalogo PS3 quanto quello PSVita dispongono di giochi di ruolo di stampo strategico decisamente migliori, probabilmente a prezzi anche più contenuti.

Non il miglior lavoro dei Lancarse, ma se siete amanti dell’animazione giapponese e delle visual novel, potreste volergli dare un’occhiata.

Voto Recensione di Lost Dimension - Recensione


6