Recensione

Long Night: Alone I Break

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Long Night comincia esattamente come il più scontato e banale degli horror adolescenziali. Dana, Dewey, Dean e David sono quattro amici che decidono di passare insieme le vacanze in un campo estivo americano nei pressi di una foresta, in una zona che sembra portarsi dietro l’eredità di una strana storia a metà tra leggenda metropolitana e antica credenza dal sapore folkloristico. Durante l’ultima sera, i quattro si radunano – neanche a dirlo – attorno a un fuoco, raccontandosi storie dell’orrore, quando d’improvviso una donna urlante dal volto sanguinolento e con gli occhi da invasata comincia ad attaccarli. Tutti scappano via in preda al terrore, il gruppo si scioglie e David si rivela essere l’unico personaggio da controllare, colui che a una rapida occhiata sembra essere il più serioso tra tutti (e che veste allo stesso modo di James Sunderland: oltraggio).
Estate alternativa
Alone I Break è il titolo di questo primo episodio di Long Night, a cui ne seguiranno altri tre, probabilmente incentrati sui restanti personaggi della comitiva. L’intenzione dei ragazzi di Trickster Face era quella di creare un titolo che potesse richiamare con prepotenza alla memoria le vecchie glorie degli anni ’90, tramite una struttura di gioco basata sull’esplorazione di ambienti al chiuso, qualche enigma, e dei ritmi nient’affatto serrati. Il progetto è però troppo striminzito e impalpabile per riuscire a raggiungere questi obiettivi, e come se non bastasse, non riesce neanche minimamente a ricreare quelle atmosfere cariche di tensione e incertezza che sono alla base del genere. Long Night, tuttavia, ci prova: vi rinchiude in un piccolo campo estivo diviso in tre sezioni disseminate di appartamenti, vi fa ciondolare da un punto all’altro per immergervi pian piano nella storia e mettervi a conoscenza dei particolari col giusto ritmo, e di tanto in tanto vi costringe a scappare da quella stessa donna che ha obbligato tutti gli altri ragazzi a dileguarsi in men che non si dica. Quest’ultima caratteristica, che rappresenta l’unico elemento che sulla carta dovrebbe reggere da solo tutto l’impianto horror di Long Night, è mal implementata, inconsistente, fine a se stessa e molto fastidiosa già dalla terza volta in cui fa il suo ingresso in scena. Oltretutto, a lungo andare le sortite dell’invasata Wakanda diventeranno piuttosto telefonate e capirete all’istante che il raggiungimento di una nuova area corrisponde sempre a una breve corsa per seminare la donna. Bisogna stare attenti a non lasciare troppo premuto il tasto per lo sprint, altrimenti David si affannerà e verrà sopraffatto in un attimo dal nemico (con tanto di game over istantaneo); in verità, però, il giaciglio magico da raggiungere è sempre a due passi ed è davvero raro riuscire ad avere la peggio. E poi, diciamolo francamente, aver paura di una donna urlante che vuole afferrarvi e sbranarvi non può mettere in soggezione nessuno: succede tutti i giorni.

Cose che accadono
Nonostante l’incipit sia di una banalità davvero imbarazzante e la storia non riesca a coinvolgere l’utente a dovere, il lavoro svolto sui personaggi e sul loro background è di buona qualità. Non aiutano però le scene presentate sottoforma di raffazzonati artwork, che sono poco incisive, sin troppo distaccate e piuttosto sbrigative. In Alone I Break, l’unico compagno che incroceremo è Dewey, il più piccolo del gruppo. Il ragazzo ha una brutta storia familiare alla spalle e gli elementi che ricostruiscono il suo fosco passato sono ben dosati e proposti con la giusta delicatezza, senza sbatterli in faccia al giocatore in fretta e furia. Questo, nonostante l’esigua durata dell’episodio (un paio d’ore a dir tanto), è certamente uno dei pochi punti a favore della produzione. E anche l’unico motivo che potrebbe spingervi in futuro ad acquistare le altre puntate della serie. 
Mentre tenete sotto controllo la vostra salute mentale e scappate dalla folle Wakanda, vi ritroverete a risolvere alcuni enigmi capaci di mettere a posto i tasselli della storia, e di farvi comprendere il rapporto tra i protagonisti dell’avventura. Durante l’esplorazione del campo estivo di Long Night, inoltre, potrete imbattervi in qualche insipida side quest che arricchisce un minimo il background narrativo. I più pazienti, poi, possono anche scegliere se dedicarsi a un approccio interamente old school, ossia senza alcun checkpoint e icone di interazione. Se già essere raggiunti in modo del tutto casuale da Wakanda e dover ricominciare dal punto precedente è un supplizio difficile da sopportare, immaginate cosa possa significare subire un game over e dover rifare tutto da capo. La morte, in Long Night, talvolta è anche uno di quegli eventi completamente inaspettati, ed è proprio per questo motivo che la suddetta modalità perde molto del suo senso. 

Cosa ho appena visto?
Secondo i ragazzi di Trickster Face, in Long Night: Alone I Break dobbiamo scappare dalle paure inconsce di David che prendono improvvisamente forma, mentre cerchiamo di salvare i nostri amici dalle loro terribili proiezioni mentali. La verità, però, è ben diversa: durante il gioco non avrete mai veramente questa percezione e non vi sentirete mai come un uomo tormentato dalle proprie tribolazioni. Tutto è anzi ben lontano da questa concezione, al punto tale che vi accorgerete subito come manchino proprio gli elementi di game design che possano concorrere a creare questo tanto decantato pregio, che a conti fatti è non pervenuto. La parte finale, che è forse l’unico vero momento in cui una proiezione inconscia diventa tangibile, è involontariamente comica e distrugge la credibilità stessa dell’intero episodio. Vi basti pensare che si tratta di una sezione surreale e carica di nonsense, con una scena di chiusura che potremmo tranquillante definire l’anello di congiunzione tra Pinocchio e Sharknado. Non bisogna aggiungere altro, davvero.

– Buon background dei personaggi

– Qualche spunto appena sufficiente nella storia

– Non fa paura e il nemico è solo fastidioso

– Momenti di involontaria ilarità

– Produzione curata in modo sommario

4.5

Il primo episodio di Long Night ha qualche spunto interessante che deve essere sviluppato meglio nelle puntate successive, ma la sua natura frammentaria e l’assenza totale di momenti ansiogeni pesano sulla produzione come un macigno. Nonostante l’incredibile banalità del prologo e gli stereotipi presenti in larga misura, un minimo di curiosità per gli altri due personaggi dispersi ci è venuta, ma forse non è abbastanza per spingerci a scoprire che fine hanno fatto.

Voto Recensione di Long Night: Alone I Break - Recensione


4.5