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La storia di Spyro, parte I

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Avatar di Nicolò Bicego

a cura di Nicolò Bicego

Redattore

Pubblicato il 11/03/2018 alle 00:00

Ormai siamo vicini: l’annuncio di un remake di Spyro è alle porte, come testimoniato dal grande numero di indizi che, più o meno volontariamente, Activision ha lasciato in giro per il web. Quale migliore occasione, allora, per riscaldare l’attesa? Vogliamo ripercorrere insieme a voi le diverse tappe che hanno costituito la vita del draghetto viola, rivivendo gioie e (tanti) dolori di una serie che ha saputo conquistare il cuore di quei giovani giocatori che, sul finire degli anni ’90, si trovarono per la prima volta ad impersonare un draghetto viola poi entrato nella storia. Senza ulteriori indugi, partiamo con la nostra prima puntata, dedicata alla “golden age” di Spyro.
Dopo una falsa partenza…
Siamo nel 1996. Insomniac Games, giovane software house fondata appena due anni prima da un altrettanto giovane Ted Price, ha appena rilasciato il suo primo gioco, un FPS dal titolo di Disruptor. Nonostante la qualità del gioco sia tutt’altro che infima, il prodotto non riesce a soddisfare le aspettative di vendita del piccolo studio, al punto da arrivare ad un passo dalla bancarotta. Inutile dire che il morale del team era incredibilmente basso, e proprio la sconfitta di mercato convinse Insomniac Games a virare su un altro genere. In quel periodo, su Playstation, cresceva sempre più il numero di giocatori giovani: perciò, il team pensò di andare incontro alle loro esigenze, sviluppando un titolo che fosse in grado di attrarre proprio questa nuova fetta di pubblico che andava ingrandendosi. Universal decise di credere ancora in questo giovane team (dopo essersi occupata parzialmente della distribuzione di Disruptor), supportandolo nuovamente. Passarono due anni, e finalmente Spyro the Dragon arrivò sugli scaffali dei negozi videoludici dell’occidente. Il titolo vedeva per protagonista un draghetto viola dall’aspetto accattivante, spaccone di carattere ma al contempo di buon cuore. Nel gioco, dobbiamo affrontare la minaccia di Gnasty Gnorc (una creatura metà gnomo e metà orco), che ha congelato i draghi dei cinque mondi che costituiscono il regno dei draghi. Spyro the Dragon è un platform che prende ampia ispirazione da Mario 64: abbiamo diversi hub esplorabili (ciascuno di essi dotato di una sua personalità: chi può dimenticare il Mondo degli Artigiani?) con dei portali che conducono ai vari livelli che costituiscono il gioco. Livelli che, a differenza di quelli del “cugino” Crash Bandicoot, sono focalizzati sull’esplorazione e sul senso di avventura, preferendo dare libera scelta di movimento al giocatore piuttosto che inserirlo su un percorso lineare. Come in ogni buon platform, i salti sono una delle componenti fondamentali del gioco, ma Spyro può contare su quelle abilità che solo un drago può avere: può planare, sputare fuoco, caricare i nemici. Sebbene il gioco fosse ancora acerbo sotto certi punti di vista, il primo Spyro era già un piacere da giocare, grazie anche ad un sistema di controlli niente male e ad un level design sempre ispirato, oltre che ad un livello di sfida decisamente ben calibrato. Il gioco riscosse subito successo presso la critica, ma per il successo di vendite bisognò aspettare qualche tempo, precisamente la stagione di Natale: da lì in poi le vendite decollarono, ed il gioco superò i due milioni di copie vendute, cosicché Universal non tardò a chiedere ad Insomniac di creare un sequel.
Vacanze rovinate
Dopo aver salvato il suo mondo, Spyro pensa di prendersi delle meritate vacanze insieme al fidato amico Sparx, la libellula che lo accompagna in tutte le sue avventure e che costituisce il suo indicatore di salute. I due entrano in un portale che dovrebbe condurli al loro meritato riposo, ma si ritrovano invece nel regno di Avalar. Presto incontrerà Elora ed Hunter, un fauno ed un leopardo rispettivamente, che gli spiegheranno il perché di questa deviazione: Avalar ha bisogno del suo aiuto, dopo che il malvagio Ripto ha deciso di prendere possesso delle sue terre. Il gioco eredita in pieno il gameplay del primo capitolo, ma porta delle rifiniture che ne perfezionano la struttura: nuove mosse per Spyro, la presenza di numerose missioni secondarie all’interno dei livelli e la presenza di una mini-trama all’interno di ciascuno di essi. A conquistare il cuore di ogni giocatore è l’incredibile caratterizzazione che ogni angolo di mondo ha: se avete giocato a Spyro 2: Gatheway to Glimmer non potrete non ricordare con una punta di nostalgia la fredda  e oscura Tundra d’Inverno, la calda ed accogliente Foresta d’Estate, solo per nominare due dei tre hub presenti nel gioco. Anche i personaggi, dal canto loro, si rivelano molto più incisivi di quelli del primo capitolo, al punto che la maggior parte di essi, compreso il malvagio Ripto, sarebbe diventata una presenza costante nella serie. Non si può neanche tralasciare la colonna sonora: nonostante già il primo capitolo godesse di un buon accompagnamento musicale, in questo secondo episodio abbiamo il frutto maturo del lavoro di Steward Copeland, che si trova completamente a suo agio nella diversificata composizione musicale del titolo. In un certo senso, Spyro 2 costituisce già l’apice della serie, in quanto tutti gli elementi presenti nel primo capitolo sono stati rivisti e perfezionati: non sarebbe stato facile per Insomniac replicare il successo con un secondo sequel, ciò nonostante il team accettò la sfida, viste anche le ottime vendite registrate.
Non c’è due senza tre
Spyro: Year of the Dragon arriva finalmente su Playstation nel 2000. Trovandosi in difficoltà di fronte a come poter rinnovare la serie, Insomniac decise di diversificare il gameplay introducendo nuove mosse per Spyro, l’utilizzo di alcuni veicoli ma, soprattutto, l’utilizzo di nuovi personaggi, ciascuno da giocare in modo molto differente dal classico draghetto viola. Fu così che vennero introdotti Sheila il canguro, Bentley lo yeti, il sergente Bird, Agente 9 ed altri ancora. Questo escamotage permise di dare al terzo capitolo una sensazione di freschezza nonostante, per il resto, il gioco riprendesse completamente la struttura di Spyro 2, apportandovi ben poche modifiche. Insomma, dopo aver perfezionato la formula con il secondo capitolo,  il terzo capitolo cercò di introdurre qualcosa di nuovo, come testimoniato anche dalla presenza di un nuovo nemico, vale a dire la Maga, che fece qui la sua unica apparizione nella serie. Vennero introdotti anche personaggi memorabili come Bianca, che era destinata a tornare in gran parte dei capitoli successivi, nessuno dei quali, però, vide la partecipazione di Insomniac. Il team, infatti, preferì dedicarsi a qualcosa di nuovo, sentendo che aveva già dato tutto il possibile a questo franchise, che rimase nelle mani di Universal. Nonostante fosse stata Insomniac a creare Spyro, i diritti dell’IP erano infatti sempre appartenuti al publisher, che decise di continuare la serie senza i suoi creatori.

Con questa prima puntata abbiamo gettato uno sguardo sulla prima, memorabile trilogia dedicata al draghetto viola più famoso di tutti i tempi. Purtroppo, le cose erano destinate a cambiare, e dopo tre splendidi titoli, Spyro cominciò a precipitare in un abisso fatto di cambi di sviluppatore e giochi di qualità quantomeno altalenante. In attesa della prossima puntata, vogliamo sapere quali sono i vostri migliori (e peggiori!) ricordi legati a questi primi tre episodi. Quali livelli ricordate con più affetto? Quali tracce musicali non riuscite a schiodarvi dalla testa? Fatevi prendere dalla nostalgia insieme a noi nei commenti.

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