Recensione

L.A. Noire

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a cura di andymonza

Sin dal suo annuncio, risalente al lontano 2004, L.A. Noire ha raccolto molte attenzioni intorno a sé, configurandosi ben presto come un progetto in grado di scuotere le fondamenta del media videoludico: un ricco cast di attori in carne ed ossa, una Los Angeles di fine anni ’40 riprodotta fedelmente, un gameplay investigativo rivoluzionario, la firma di Rockstar a garanzia della qualità della lavorazione. Abbastanza per mandare in fibrillazione il pubblico e generare l’immancabile cortina di hype. Eppure l’innovazione, si sa, è un’arma a doppio taglio e la stessa Rockstar sembra esserne al corrente, avendo comunque eletto a sua bandiera una formula di gameplay – ovvero il free roaming alla Grand Theft Auto – sfruttata in ogni sua possibile declinazione. Per quanto la “grande R” abbia partecipato attivamente allo sviluppo targato Team Bondi (soprattutto negli ultimi mesi di lavorazione), L.A. Noire prende decisamente – e coraggiosamente – le distanze da quella formula di successo, proponendo una struttura nettamente lineare, necessaria per supportare adeguatamente una componente narrativa predominante: il risultato è un prodotto che esula dai clichè di genere che caratterizzano il media del videogame, proponendo una vera e propria rivoluzione, tecnologica in primis, ma anche contenutistica e strutturale. Un’arma a doppio taglio dicevamo, e non a caso: se infatti le promesse sono mantenute e le aspettative addirittura superate, le peculiarità di L.A. Noire ne fanno un titolo il cui pieno godimento è strettamente legato alla comprensione della sua struttura narrativa e di gameplay, e ad una fruizione “episodica”. In sostanza, un capolavoro, un importantissimo nuovo scalino nell’evoluzione del videogioco come forma d’intrattenimento, eppure, ironia della sorte, destinato a non piacere a tutti proprio per le sue inedite caratteristiche.

Angeli e demoniDa sempre la firma di Rockstar è garanzia di personaggi, principali e non, carismatici e caratterizzati: in L.A. Noire vestirete i panni di Cole Phelps, giovane recluta del dipartimento di polizia di Los Angeles e veterano decorato durante la Seconda Guerra Mondiale. Dietro la faccia pulita, i ferrei principi e la determinazione nell’imporre il rispetto delle leggi, si nasconde tuttavia un animo tormentato, in cerca di redenzione per i peccati commessi durante la leva, destinati ad influenzare inesorabilmente la sua crescita interiore. Sullo sfondo, una Los Angeles di fine anni ’40 sospesa a metà tra il sogno americano e l’incubo del dopoguerra, teatro di violenze e criminalità solo apparentemente immotivati, in realtà strascichi del terribile conflitto. Per quanto aderente ai clichè del poliziesco, L.A. Noire racconta in realtà di una guerra, combattuta per le strade di una città popolata da ex militari senza più posto nella società, privi di scopi e morale, incapaci di vivere senza un nemico ben definito cui dare la caccia. E’ la linea di confine tracciata dalla legge a dividerli, tra coloro che scelgono di imbracciare di nuovo le armi per difenderla, ritrovando in essa un motivo per continuare a servire il Paese, e quelli che preferiscono vivere ben oltre i suoi confini, inseguendo promesse di denaro e vita facile.

Elementare, PhelpsIl peculiare gameplay proposto da L.A. Noire verte alla piena immedesimazione del giocatore con un investigatore di fine anni ’40, dividendo razionalmente le indagini dei diversi crimini in più momenti d’analisi. Introdotto da una cut scene e da un briefing presso la centrale di polizia, ogni reato vedrà il protagonista recarsi sul luogo incriminato assieme al collega di turno per mettere insieme i pezzi del puzzle. Il primo passo è sempre rappresentato dalla raccolta degli indizi: muovendosi sulla scena del delitto il giocatore dovrà prestare attenzione tanto ai dettagli visibili – oggetti personali, l’eventuale corpo della vittima, la refurtiva, e così via – quanto al sonoro: gli sviluppatori hanno infatti integrato un’identificazione auditiva delle prove rilevanti, concretizzata in una nota alta di piano che risuonerà ogni qualvolta Phelps passerà accanto ad un indizio. Premendo il tasto azione l’investigatore raccoglierà l’oggetto e la telecamera effettuerà automaticamente uno zoom sulle sue mani, che andremo a comandare tramite l’analogico sinistro per scovare nuovi indizi sul reperto. Una vibrazione del pad indicherà un dettaglio rilevante per l’indagine, il quale verrà messo ulteriormente a fuoco ed andrà automaticamente ad aggiungersi al Taccuino, sotto la voce Prove. La piccola agenda di Phelps, sfogliabile in qualunque momento alla pressione del tasto Select, costituisce uno strumento fondamentale per tenere traccia dell’intricata ragnatela di prove che costella ogni scena del crimine, e di tutte le persone ed i luoghi rilevanti per l’indagine. Il completamento della raccolta degli indizi importanti sarà seguito dall’attenuarsi della musica di sottofondo, un altro escamotage uditivo utile ad accompagnare il giocatore nel processo investigativo. Si passa poi all’interrogatorio degli eventuali testimoni oculari o sospetti, anch’esso condotto tramite il Taccuino: sulle sue pagine compariranno infatti le domande che sarà possibile porgere ai teste, in quantità maggiore o minore a seconda del numero di indizi raccolti. Una volta fatta una domanda, la telecamera proporrà un primo piano del volto dell’interrogato, permettendo al giocatore di osservare con attenzione le espressioni facciali ed il linguaggio del corpo, fondamentali per individuare eventuali tentativi di sviamento o menzogna. Una volta ascoltata la risposta del teste, Phelps avrà tre possibilità: credergli e dunque confermare quanto detto, dubitare delle sue parole e dunque spingere l’interrogato a dire la verità, oppure accusarlo di mentire: quest’ultima possibilità dovrà essere necessariamente accompagnata da una prova che dimostri la malafede del teste. Ogni domanda ha una sola risposta giusta ed il rapporto finale tra interrogativi corretti od errati porterà a decretare la riuscita o meno dell’interrogatorio. Molto importanti a questo proposito saranno le personalità dei teste, le quali emergeranno grazie al tono delle loro risposte: interrogare una star del cinema, un semplice operaio o un malvivente da strada richiederà approcci diversi, ed una conduzione sbagliata del colloquio potrebbe portare ad una definitiva chiusura dei soggetti nei confronti del protagonista. Procedendo di inchiesta in inchiesta, a seconda dei risultati ottenuti, Phelps otterrà nuovi dettagli sul caso in oggetto, concretizzati in nuovi luoghi da visitare e dove raccogliere prove, ulteriori testimoni o indiziati. Il percorso, più o meno lungo a seconda della complessità dell’indagine, procederà su queste orme sino alle fasi finali, costituite solitamente da interrogatori incrociati alla centrale di polizia. Quest’ultima cruciale sezione chiederà al giocatore di mettere insieme i pezzi raccolti sino a quel momento, laddove ai dati registrati nel Taccuino occorrerà aggiungere un po’ di memoria utile a rintracciare eventuali contraddizioni nelle risposte dei teste, oppure prove incriminanti. Si giungerà dunque al momento finale, ovvero l’incriminazione attiva di uno dei sospetti: è bene tuttavia tener presente che la storia procederà anche in caso si accusi il teste sbagliato, mandando così un innocente alla galera. Solo successivamente ci si potrà rendere conto di aver commesso un errore nelle indagini, fattore che favorisce notevolmente alla rigiocabilità, sia dell’intera avventura, sia dei singoli casi. Essa è ulteriormente incentivata dalla schermata di valutazione finale accessibile ad ogni chiusura di un nuovo caso, la quale assegnerà un punteggio da una a cinque stelle alla validità dell’investigazione. Va comunque tenuto presente che la trama non si modificherà in base alle decisioni prese, dato che preciso intento degli sviluppatori era quello di mantenere una base fissa all’interno della quale permettere ai giocatori di completare, correttamente o meno, le investigazioni. Non si può parlare di L.A. Noire come di un gioco propriamente difficile, eppure esistono diversi momenti in cui il game over potrebbe far capolino: una conduzione errata di un’intervista nei confronti di un testimone chiave potrebbe lasciare come unica alternativa quella di caricare il salvataggio precedente. Fortunatamente Rockstar non ha ripetuto gli errori commessi con GTA, elaborando per il titolo un sistema di autosalvataggio finalmente fruibile e non punitivo. Senza dubbio gradevole è la curva d’apprendimento offerta dalle tecniche d’interrogatorio, che porterà il giocatore a divenire via via sempre più esperto nel “leggere” i volti degli interlocutori.

Il filo rossoPer quanto inizialmente i diversi crimini possano sembrare slegati, un fil rouge non tarderà ad emergere, legando i singoli episodi con una trama complessa e molto interessante da scoprire un tassello alla volta. Quest’ultima vedrà tra l’altro il protagonista Phelps scalare i ranghi dell’LAPD, dividendo opportunamente la trama in capitoli rappresentati dai diversi dipartimenti in cui ci si troverà a militare, dal Traffico, alla Omicidi, alla Narcotici fino alla Incendi Dolosi. Nonostante si riveli alternata, come vedremo, a momenti votati all’azione, la componente investigativa riveste un ruolo fondamentale nell’offerta ludica di L.A. Noire, scandendo l’incedere della trama con un passo lento e riflessivo, dove la metodica raccolta degli indizi ed i lunghi interrogatori la faranno da padrone: a difendere il titolo dalla noia ci pensa l’eccezionale opera di level design e l’ottimo background narrativo che caratterizzano ogni indagine, rendendo interessante la raccolta degli indizi grazie all’elevato dettaglio delle ambientazioni, aperte e chiuse, e stimolante la fase d’interrogatorio, gradevole per le complesse personalità con cui ci si troverà a confrontarsi. Per quanto l’ermetica struttura ad episodi potrebbe scontentare i fan del totale free roaming, essa si rivela necessaria a dividere nettamente i diversi processi investigativi, evitando di confondere eccessivamente le idee al giocatore, ed incoraggia inoltre una fruizione più lenta del titolo, magari godendosi un caso alla volta e facendo seguire una pausa, come se si trattasse di un serial televisivo: è questo, probabilmente, il modo migliore di godere di L.A. Noire, laddove approcciandolo tutto d’un fiato si rischierebbe di soffrire di più del ritmo blando e soccombere così alla noia. Notevole il fattore longevità: le 21 indagini garantiscono un minimo di quindici ore di gameplay, che potrebbero aumentare completando le missioni secondarie ed andando a caccia di sbloccabili. Di rilievo anche il fattore rigiocabilità, anche considerando che la difficoltà media può essere alzata disattivando le indicazioni uditive per gli indizi.

Questione d’intuitoLa conduzione “libera” delle indagini è stata affiancata ad una meccanica di gameplay volta ad aiutare il giocatore nel caso si ritrovi smarrito in corso d’indagine: completando infatti i diversi casi, Phelps andrà ad accumulare punti esperienza, i quali si tradurranno in un livello, da 1 a 20, atto a rappresentare la sua abilità come investigatore. Il raggiungimento di un nuovo scalino permetterà di accumulare un Punto Intuito: questi ultimi potranno poi essere spesi durante le indagini, rivelando tutti gli indizi sulla minimappa nel caso si stia esplorando una scena del crimine, oppure togliendo una risposta sbagliata in caso si stia interrogando un teste. In quest’ultima circostanza esiste anche un terzo impiego, possibile solo qualora si stia giocando con la connessione ad internet attiva, sotto forma di una sorta di “aiuto del pubblico”: il Social Club di Rockstar terrà infatti traccia di tutte le risposte date dagli utenti, permettendo al giocatore di vedere le statistiche risultanti, e scegliere così la risposta più in voga tra la community. Nel suo complesso la meccanica legata ai Punti Intuito funziona molto bene ed aggiunge un interessante elemento strategico al gameplay: data la netta difficoltà di alcune indagini avanzate, conservare i punti per i momenti importanti potrebbe essere cruciale per sbrogliare i casi più complessi. Un altro piccolo aiuto in corso d’indagine potrà arrivare sotto forma di piccoli consigli da parte del collega di turno, il quale potrà in ogni momento essere interpellato su quale possa essere il successivo passo da compiere.

Detective d’azioneBen consci che, per quanto innovativo e realizzato in maniera sublime, il gameplay investigativo da solo non sarebbe bastato a reggere l’offerta ludica, i ragazzi di Team Bondi e Rockstar vi hanno inframmezzato delle sequenze d’azione e d’esplorazione scriptate, che fanno capolino con una discreta frequenza durante i casi, spezzando ed accelerando piacevolmente il ritmo. Alcuni di essi, come gli inseguimenti in macchina, sfruttano l’ampissima mappa aperta della città (completa di edifici e luoghi famosi, passanti, decine di veicoli guidabili e traffico, in pieno stile “grande R”), altri invece si svolgono in spazi delimitati: è il caso delle risse e delle sparatorie, gestite tramite controlli semplici ed intuitivi derivati dalla tradizione di Grand Theft Auto. Non mancano fasi esplorative ed un accenno di platforming, utili a conferire all’avventura la capacità di offrire gradite accelerazioni, perfette per mantenere l’attenzione del giocatore sempre sveglia grazie ai piccoli colpi di scena.

City of angelsPer quanto le indagini si svolgano sempre in aree ben delimitate, più o meno grandi a seconda del contesto, la certosina riproduzione della downtown e di Hollywood fine anni ’40 non è certo fine a sé stessa. Oltre a fornire uno sfondo vivo alle fasi di guida (le quali potranno essere peraltro delegate al collega di turno), essa entra in gioco in più momenti nel corso della trama. Sarebbe un peccato rivelare i dettagli di queste variazioni sul tema: basti sapere che la scoperta dei luoghi importanti della Città degli Angeli (la quale fornisce qualche punto esperienza extra, oltre a segnarli sulla mappa di gioco) tornerà più volte utile durante le indagini. Altro elemento ad emergere spesso durante i casi è legato all’utilizzo dei telefoni privati della polizia sparsi per le strade della città, utili per rintracciare indirizzi o numeri di targa. Durante le fasi di guida sarà invece possibile rispondere alle chiamate da parte dalla centrale, le quali andranno a configurarsi come vere e proprie missioni secondarie: che si tratti di sventare una rapina o catturare un sospetto in fuga, queste brevi deviazioni dalle indagini principali costituiscono un diversivo destinato a perdere fascino in breve tempo, lasciando alla trama il ruolo di vera protagonista dell’offerta ludica. Gli sviluppatori hanno anche introdotto una modalità espressamente dedicata al free roaming, definita Le Strade di Los Angeles e sbloccabile una volta completati tutti i casi del dipartimento del Traffico, che permetterà di aggirarsi liberamente, trovare i consueti collezionabili e rispondere alle chiamate della centrale: considerata la natura tutto sommato “vuota” della città, anche in questo caso la campagna rimane il principale punto di riferimento dell’offerta ludica.

Made in HollywoodL’importanza della componente narrativa e la partecipazione di attori in carne ed ossa fanno di L.A. Noire un titolo fortemente caratterizzato da un’impostazione cinematografica, ai limiti del “film interattivo” (non a caso, si tratta del primo videogame ad essere accettato al prestigioso Tribeca Film Festival). Ai canoni di valutazione tradizionali per un videogame si aggiunge infatti la necessità di valutare le performance degli attori coinvolti, quasi tutti provenienti dal mondo delle serie TV, necessarie a rendere credibile, ma soprattutto fruibile, la tecnica d’interrogatorio. Grazie alla tecnologia d’animazione facciale Motion Scan, la quale permette di tradurre in grafica 3D le stesse interpretazioni degli attori, i personaggi del noire targato Rockstar si rivelano perfettamente in grado di “parlare” al giocatore con le sole espressioni facciali, comunicando paura, tensione, superbia, determinazione ed altri sentimenti con grande chiarezza. Si tratta senza dubbio di una tecnologia rivoluzionaria, qui implementata non solo come mero abbellimento, ma integrata nell’esperienza ed assolutamente necessaria per la fruizione dell’innovativo gameplay.I legami con la celluloide non finiscono tuttavia qui: la stessa struttura narrativa di L.A. Noire procede infatti su più livelli, intersecando trame e personaggi in maniera efficace grazie ad un accorto lavoro di sceneggiatura e regia, che unisce flashback e narrazione parallela al fine di tirare le fila dell’intreccio. La complessa intelaiatura regge per tutto il corso dell’opera, cedendo forse il fianco a qualche rallentamento verso tre quarti, eppure configurandosi come il più grande e complesso lavoro di scripting mai tentato per un videogame, un traguardo eccezionale per il nostro media e fondamentale per testimoniarne la maturazione e la definitiva affermazione come nobile forma d’intrattenimento e di arricchimento personale. Importantissima la caratterizzazione dei personaggi, dallo stesso Phelps ai diversi colleghi che lo accompagnano nella sua scalata ai ranghi dell’LAPD, senza dimenticare naturalmente gli immancabili villain, tutti dotati di psicologie complesse e credibili, empatici e suscettibili d’immedesimazione.Da non trascurare anche i moltissimi riferimenti storici e culturali, che potrebbero spingere i giocatori ad interessarsi ai retroscena dell’epoca rappresentata, ulteriore conferma dello spessore della produzione.

Dietro le quinteUn delicato mix tra l’esperienza di Rockstar nell’ambiente free roaming e le rivoluzionarie tecnologie firmate Team Bondi mettono in scena una Los Angeles di fine anni ’40 straordinariamente caratterizzata. Il design si presenta come uno stratificato cocktail di riproduzioni architettoniche, d’interni, di vestiario, senza dimenticare naturalmente i veicoli e la paesaggistica, che tratteggia in maniera credibile e vivida lo scenario ed i personaggi che vi si muovono. Se le animazioni facciali ottenute grazie al Motion Scan sono senza dubbio una vera e propria rivoluzione tecnologica, un plauso va fatto anche ai restanti aspetti tecnici, caratterizzati da animazioni perlopiù convincenti anche per i movimenti del corpo (seppure qualche “tara genetica” derivata da GTA IV si noti in certe movenze), per la modellazione poligonale e per le texture. Molto importante ai fini della messa in scena il sistema d’illuminazione dinamica, utilizzato con cura ed in grado di regalare inquadrature di grande impatto. Lo stesso dicasi per la particolare palette di colori utilizzata: eccessiva e saturata nelle fasi diurne – con un ammiccamento al Technicolor – dilavata e opaca di notte – con rimandi ai classici del noire. Rimane qualche lieve incertezza sull’effettistica (come le esplosioni durante le sparatorie, poco convincenti) e sporadici elementi non troppo definiti, ma si tratta di piccolissimi dettagli destinati ad impallidire sullo sfondo di un comparto tecnico complessivamente eccezionale nei suoi molti aspetti. Degna di nota la colonna sonora, in parte inedita, in parte su licenza, che accompagna opportunamente le diverse fasi d’indagine e le cut scene più drammatiche, così come l’effettistica, sempre di buona qualità. Davvero eccezionale il doppiaggio in inglese, naturalmente ad opera degli stessi interpreti, e buona la sottotitolatura in italiano (la quale potrà finalmente essere fruita anche durante le fasi di guida, grazie alla possibilità di delegare queste ultime in automatico al collega di turno).

– Una rivoluzione tecnologica e strutturale

– Gameplay investigativo perfettamente riuscito

– Sceneggiatura di eccezionale qualità

– Tecnicamente ottimo

– Non adatto ai giocatori più orientati all’action

– Missioni secondarie poco stimolanti

9.5

Dopo anni di attese e voci di corridoio, L.A. Noire giunge sugli scaffali carico di promesse mantenute, configurandosi tanto come una rivoluzione tecnologica, grazie alle performance degli attori, quanto come uno scossone al ristagnamento di generi che caratterizza il media videoludico. La forma narrativa complessa e l’innovativo gameplay investigativo si mescolano a qualche sequenza d’azione tradizionale, creando un mix bilanciato pur nella sua indiscutibile lentezza, nei cui confronti l’utente dovrà necessariamente mostrarsi consenziente per godere appieno dell’opera, magari aiutandosi con una fruizione episodica e dilazionata nel tempo. Team Bondi e Rockstar mettono dunque la firma su un titolo generazionale, destinato a sciogliere i dubbi di chi considera ancora immaturo il media del videogioco, un vero passo da gigante nell’evoluzione verso un intrattenimento più nobile, ricco di ispirazioni culturali ed artistiche. Proprio queste caratteristiche potrebbero tuttavia rendere difficile, se non impossibile, la fruizione da parte di un pubblico legato ad un intrattenimento più dinamico e vicino ai canoni dell’action. A questi ultimi consigliamo una prova prima di acquistare, anche se perdersi L.A. Noire rappresenterebbe l’ignoranza nei confronti di un tassello fondamentale nel panorama videoludico, destinato ad essere ricordato e preso a fonte d’ispirazione negli anni a venire.

Voto Recensione di L.A. Noire - Recensione


9.5