Recensione

Dragon Age: Origins

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a cura di andymonza

Per molti appassionati di giochi di ruolo, sin dal suo annuncio Dragon Age: Origins ha rappresentato una meravigliosa promessa, quella del ritorno del GDR videoludico nella sua forma più pura. In un periodo in cui di nomi come Baldur’s Gate, Planescape Torment e Neverwinter Nights rimane solo il ricordo, il nuovo lavoro dell’instancabile Bioware sembra voler dimostrare che gli sviluppatori canadesi sono ancora in grado di creare i capolavori delle passate generazioni. Abbandonato lo spirito divulgativo, seppur encomiabile, che ha caratterizzato le ultime produzioni, Dragon Age si promette come un vero e proprio ritorno alle origini del genere.

An Epic JourneyLa complessa sceneggiatura di Dragon Age: Origins propone un mondo fantasy lontano dagli standard tolkeniani molto cari alla letteratura e cinematografia di genere degli ultimi anni. Le ispirazioni si avvicinano infatti molto di più alle opere di George R. R. Martin, che nelle sue Cronache propone un incrocio tra romanzo medievale e fantasy, fatto sì di magia ed eterne lotte tra luce ed oscurità, ma anche di intrighi di corte, violenza e sesso. La creazione del personaggio è determinante quanto alle prime di ore di gioco: scegliendo razza, classe e strato sociale si avrà accesso a sei diverse Origini che proporranno ognuna introduzioni differenti prima di ricollegarsi alla quest principale, comune a tutti. Al fine di rendere le scelte chiare si è deciso di limitare le opzioni a sole tre razze, Umani, Nani ed Elfi, ed altrettante classi, Guerriero, Mago e Ladro; per quanto alcuni potrebbero trovare tale roster limitativo rispetto al pool di classi e razze solitamente presenti nei GDR classici, va tenuto presente che la spesa dei punti abilità renderà possibile specializzare il proprio personaggio nel corso della quest principale: partendo ad esempio da un Mago si potrà plasmarlo per l’attacco o per la cura, semplicemente collocando i punti nei relativi alberi di abilità.La scelta dello strato sociale di appartenenza andrà ad influire sul modo in cui i personaggi non giocanti si relazioneranno al protagonista: impersonando un nobile si otterrà considerazione da parte di aristocratici e militari d’alto rango, mentre giocando nei panni di un appartenente ad una classe sociale popolare si avrà più facilità a relazionarsi con i comuni cittadini, con un’influenza diretta sui dialoghi.L’intricato plot tratteggia la più classica delle battaglie tra bene e male tramite sequenze filmate di ottima qualità: l’antico mondo di Ferelden si ritrova sull’orlo del baratro quanto l’Arcidemone e le sue armate minacciano lo sterminio di tutti i popoli liberi. Solo i Grey Warden, un antico ordine di combattenti addestrati contro l’Oscurità, possono far fronte a questa terribile minaccia. Nei panni di una nuova recluta il giocatore si ritroverà a compiere un lungo e travagliato viaggio attraverso epiche battaglie, tradimenti, intrighi, amori ed amicizie. Per quanto la storia non sia di per sé originale, a renderla interessante sono i moltissimi personaggi e la grande rete di rapporti che il protagonista può intessere, che andranno a plasmarla a seconda delle decisioni prese. I diversi incipit, della durata di due o tre ore ciascuno, fanno da tutorial ed introducono efficacemente al gameplay ed alla forma narrativa di Dragon Age: Origins. A fianco di massicce dosi d’esplorazione delle vaste mappe, complete di una gran varietà di interni ed esterni, risalta l’importanza dei dialoghi, come da tradizione strutturati con scelte multiple che ne influenzano l’andamento: la libertà di scelta è pressoché totale e la complessità della struttura narrativa portante fa sì che non si abbia mai l’impressione di predestinazione e scontatezza che ha caratterizzato diverse produzioni passate: il mondo di Dragon Age è in costante cambiamento e le decisioni del giocatore hanno un peso di assoluta rilevanza. Anche all’interno del party di quattro personaggi che il giocatore si troverà a controllare, la cura dell’aspetto sociale si rivelerà fondamentale: come vedremo di seguito, conoscere a fondo i propri compagni e coltivare con loro un rapporto positivo potrà tornare utile in alcuni momenti critici.

Vita di gruppoA ridosso della fase iniziale la quest principale rivela una notevole apertura: dopo un massiccio attacco delle forze del Male i popoli liberi di Ferelden si trovano sotto una pesantissima minaccia ed il trono vacante non fa che complicare la situazione. Il giocatore si assume il difficile compito di fare da emissario e fare in modo che ogni popolazione garantisca il suo aiuto per far fronte alle armate demoniache. Tre sono i luoghi chiave presso cui chiedere udienza e la scelta dell’ordine in cui visitarli è del tutto libera. Per raggiungere i tre obbiettivi principali occorrerà affrontare lunghe catene di quest, le quali offrono sfide originali e caratterizzate da una grande varietà. Una volta cominciata quella principale il giocatore si troverà a gestire un party di quattro membri, selezionabili in qualunque momento da un apposito menu. I personaggi gestiti dall’Intelligenza Artificiale possono essere incontrati durante le fasi di esplorazione o nel corso della storia: tramite il dialogo sarà possibile decidere se inserirli nel gruppo oppure lasciarli al loro destino. Come accennato in precedenza, ogni personaggio ha un suo carattere ed una sua identità ben precisi e farà valere attivamente le sue opinioni nel corso delle delicate situazioni affrontate durante le quest; tramite appositi indicatori è possibile controllare in qualunque momento quale sia la qualità del rapporto che lega il protagonista ai compagni, migliorabile o peggiorabile tramite il dialogo e le scelte fatte. Mantenersi in buoni rapporti con i membri del gruppo si rivelerà decisivo in alcuni momenti critici, dove una decisione non condivisa potrà condurre all’abbandono del gruppo da parte di uno di essi, o addirittura allo scontro aperto.

L’arte della guerraA fianco delle massicce dosi di esplorazione e dialoghi, uno dei focus del gameplay proposto da Dragon Age: Origins è senza dubbio il combattimento. Come da tradizione Bioware, esso si basa su una solida componente tattica: le regole di Dungeons and Dragons sono state abbandonate in favore di un ruleset creato appositamente per il titolo, caratterizzato come sempre da confronto tra le statistiche dei partecipanti allo scontro, modificatori e “tiri di dado” virtuali.La corretta gestione del party è fondamentale per avere la meglio sugli avversari ed il bilanciamento è in questo senso la chiave per raggiungere il successo: nella scelta dei membri del gruppo occorre prestare particolare attenzione a diversificare gli ruoli, in modo da avere almeno un tank (personaggio dotato di armatura pesante, votato ad assorbire la maggior parte del danno nemico), un curatore e due combattenti dedicati al danneggiamento ravvicinato o da distanza. Questa formula di base è naturalmente soggetta a tutte le sperimentazioni del caso: il party perfetto non esiste, si tratta più che altro di personalizzare l’esperienza in base al proprio stile di gioco e gli strumenti per farlo non mancano. Come accennato in precedenza, le tre diverse classi proposte possono essere ulteriormente modificate tramite la spesa dei punti abilità guadagnati di livello in livello: il Guerriero potrà essere configurato per il tanking con spada ad una mano e scudo oppure per il danno con spadone a due mani o doppia spada, il Mago può dedicarsi al danno da distanza oppure alla cura ed ai buff (incantesimi che migliorano temporaneamente le statistiche dei membri del party), mentre il Ladro è perfetto per la perlustrazione grazie alla sua capacità di nascondersi, rendendosi al contempo utile come fonte di danno grazie alle daghe avvelenate di cui fa uso.Per quanto i combattimenti si svolgano in tempo reale, la forte componente tattica che caratterizza gli scontri costringe il giocatore a mettere spesso il gioco in pausa per pianificare una strategia: la pressione della barra spaziatrice ferma l’azione e la possibilità di prendere il diretto controllo di ogni membro del party cliccando sul suo ritratto a sinistra della schermata permette di impartire ordini diretti. Per quanto l’Intelligenza Artificiale che muove i compagni sia di per sè buona, esiste un’apposita voce del menu che permette di impostare per ogni personaggio un certo numero di condizioni nelle quali effettuare specifiche manovre; tramite questo menu sarà ad esempio possibile fare in modo che il curatore del gruppo smetta di attaccare ogniqualvolta la salute di un membro del party scenda sotto una certa soglia per prestargli soccorso al più presto. Questa possibilità permette di avere a disposizione un party che si comporta esattamente secondo i desideri del giocatore e rende meno necessario del solito il continuo passare da un personaggio all’altro durante gli scontri.I nemici si presentano quasi sempre in piccoli gruppi con i singoli membri differenziati per ruolo e spesso occorre individuare in fretta le minacce più immediate, come i maghi, ed inviare il o i Tank ad occuparsi degli avversari meglio armati.Ancora più complessa è la gestione delle frequenti boss fight, le quali mettono il party in competizione con nemici particolarmente forti cui spesso si aggiungono una serie di avversari minori a complicare la situazione. La gestione della salute e del mana dei membri del party è differente a seconda che ci trovi in combattimento o meno: nel primo caso essa potrà essere recuperata tramite le classiche pozioni o con incantesimi di cura da parte di un mago adeguatamente skillato, mentre fuori dagli scontri essa si rigenera automaticamente in un breve lasso di tempo. Quest’ultima scelta elimina di fatto la necessità di riposare nelle taverne o presso fuochi da campo che i GDR di stampo classico cui Dragon Age si ispira imponevano, rendendo l’incedere più fluido, senza per questo facilitare eccessivamente l’impresa.L’impostazione tattica degli scontri proposti li contrappone fortemente all’hack’n’slash cui i GDR degli ultimi anni ci hanno abituato (da Oblivion al più recente Risen), facendone un’esperienza profonda, appagante e personalizzabile, che non mancherà di creare dipendenza.L’interfaccia si presenta in maniera classica: fondamentale è la barra che permette di utilizzare le varie abilità, fornita di 10 slot personalizzabili legati ai tasti numerici. Apprezzabile è la possibilità di creare due preset di equipaggiamento per ogni personaggio; il fatto di poter passare dall’uno all’altro in tempo reale permette rapidi cambi di tattica, aggiungendo ulteriore profondità all’esperienza di combattimento.Chiunque abbia famliarità con giochi di ruolo di stampo classico non avrà difficoltà a confrontarsi con le meccaniche proposte da Dragon Age; viceversa, per chi è a digiuno di esperienze con questo genere, il titolo Bioware richiederà senza dubbio una certa dose di pazienza e dedizione per essere affrontato; in questo senso è possibile impostare ad inizio avventura tre diversi livelli di difficoltà. Già al livello Medio la sfida proposta è senza dubbio impegnativa, mentre l’impostazione Facile potrebbe aiutare i neofiti a familiarizzare con le meccaniche.

Esplorando FereldenA fianco della quest principale, che già da sola è in grado di offrire circa quaranta ore di gameplay, Dragon Age offre diverse altre attività. L’esplorazione della mappa proposta permette di trasferirsi automaticamente da una città all’altra cliccando direttamente sulle varie location, operazione arricchita da frequenti incontri casuali: potrà capitare di rimanere vittime di un tentativo di rapina oppure doversela vedere con un gruppo di nemici: in questi casi si tornerà al controllo diretto del party ed occorrerà eliminare tutte le minacce prima di poter proseguire fino a destinazione. Questo compensa in parte la mancanza di chance di esplorazione libera del territorio circostante agli insediamenti urbani ed ai luoghi d’interesse, che altre produzioni in passato hanno concesso. Molte sono anche le possibilità di intraprendere quest secondarie, la cui natura spazia abbondantemente tra i clichè del genere; i temi proposti ed i dialoghi a corredo dimostrano sempre la grande cura riposta in ogni dettaglio della produzione, alcune di queste rivelano una profondità notevole, ben al di là di quella solitamente proposta dai titoli di genere.A questo si affianca un abbozzo di crafting, limitato alla produzione di pozioni di cura, recupero mana, buff, veleni per il Ladro e trappole; esso si basa su menu molto semplici che permettono di combinare erbe ed altro materiale raccolto durante l’esplorazione con apposite fiale ed altri reagenti. Queste opzioni sono molto lontane dal crafting esteso visto in altre produzioni, non permettendo ad esempio la produzione di armi ed armature, ne la possibilità di sperimentare al di là delle possibilità offerte dal menu.Essendo Dragon Age un GDR basato sulla narrazione, sull’impatto che il giocatore ha sul mondo di gioco e sul combattimento tattico, gli sviluppatori hanno scelto di sacrificare la totale libertà d’azione, offrendo in compenso un’incredibile quantità di quest e sotto-quest che contornano l’imponente campagna principale, aggiungendovi un’infinità di variabili legate al comportamento del giocatore. Per quanto dunque non sia possibile girovagare liberamente per la mappa, il mondo di gioco offre un’esperienza story driven che dissimula la sua linearità di fondo con una moltitudine di variabili; alle circa 70/80 ore di gioco che il completamento di tutte le quest richiederà bisogna dunque aggiungere un fattore rigiocabilità non indifferente, che alle sei origini iniziali affianca una lunga serie di altri fattori che possono modificare l’esperienza e renderla ogni volta “nuova”.A questo proposito, occorre citare la mancanza di una componente multigiocatore cooperativa, di cui i fan di Baldur’s Gate potrebbero accusare la mancanza; è senza dubbio un peccato non poter condividere l’esperienza con uno o più amici, ma va detto che la grande quantità di variabili che regolano le dinamiche comportamentali del party avrebbero reso molto complicato gestire l’intervento di più di un giocatore.

Comparto TecnicoIl design di Dragon Age: Origins è votato alla verosimiglianza: volti realistici, armature credibili, abbigliamento medievale, castelli e città dal look convincente. Ispirandosi apertamente al sopracitato George Martin per l’atmosfera dark fantasy e medievale ed a Frank Frazetta per le visuali, Ferelden appare al giocatore come un mondo del tutto autosufficiente, in cui ci sente di passaggio, senza quella fastidiosa sensazione che l’ambiente circostante esista in funzione del giocatore che spesso i GDR involontariamente restituiscono. A questo contribuiscono molti fattori, tra i quali si può citare la vasta mitologia nella quale è possibile scavare tramite i dialoghi, le complesse relazioni politiche e sociali che regolano i rapporti tra le varie razze e fazioni e l’architettura propria di ogni popolo, che dà vita a città ed insediamenti riconoscibili e ben tratteggiati.Le diverse ore di cut scene presenti nel titolo presentano una qualità senza precedenti: da semplici panoramiche a epiche battaglie con déjà vu dal Signore degli Anelli, esse si inseriscono nel gameplay con la giusta cadenza, riuscendo a dare all’esperienza un’inaspettata connotazione cinematografica, spettacolare ed appassionante.Il nuovo motore proprietario Eclipse muove efficacemente il tutto, sacrificando un po’ di qualità sulle texture per offrire modelli poligonali convincenti ed animazioni ottime anche nei combattimenti. Alcuni punti deboli, come texture in bassa definizione ed una realizzazione dell’acqua spesso poco convincente, sono giustificati dall’ottima scalabilità del motore grafico, in grado di girare fluidamente con i dettagli al massimo e qualche filtro attivo anche su macchine di qualche anno. Interessante la gestione della telecamera, che concede sia una visuale zoomabile alle spalle del personaggio controllato, sia la classica isometrica tipica dei GDR classici cui Dragon Age si ispira. Conseguentemente, il controllo del personaggio è possibile sia con i tasti WSAD sia con il click del mouse, lasciando al giocatore la scelta se vivere l’avventura con una visuale più immersiva, oppure decidere per un’impostazione più tattica e vecchio stile.Il comparto audio raggiunge nel complesso un ottimo livello: la colonna sonora firmata dal compositore israeliano Inon Zur presenta temi epici che ben si amalgamano al contesto, anche se alcuni pezzi si ripetono eccessivamente durante i combattimenti più lunghi.Il doppiaggio in inglese (corredato di sottotitoli nella versione italiana) è di alta qualità e l’interpretazione non delude anche nei momenti più intensi della trama.

HARDWARE

Requisiti MinimiSO: Windows XP with SP3CPU: Intel Core 2 (o equivalente) 1,6Ghz / AMD X2 (o equivalente) 2,2GHZRAM: 1GB (1,5 per Vista)Video: ATI Radeon X1550 256MB / NVIDIA GeForce 7600 GT 256MB20 GB di spazio su Hard Disk

Requisiti Raccomandati:CPU: Intel Core 2 Quad 2,4Ghz o equivalenteRAM: 4 GB (Vista) o 2 GB (XP)Video: ATI 3850 512 MB, NVIDIA 8800GTS 512 M20 GB di spazio su Hard Disk

NoteIl gioco non fa uso di SecuROM, ma di un normale disk check

– Incredibilmente profondo e longevo

– Dialgohi e sequenze cinematiche di alta qualità

– Rigiocabile

– Combattimenti appaganti

– Comparto tecnico non eccezionale

– Approccio non facile per i neofiti

– Mancanza di una componente esplorativa libera

9.3

La promessa è mantenuta: Dragon Age è effettivamente quel ritorno alle origini in cui tutti speravamo. Dopo quasi 8 anni di latitanza dal mondo PC, Bioware vi fa ritorno con una produzione colossale, che sembra voler fare ammenda per la lunga attesa con una profondità mai raggiunta prima dagli sviluppatori canadesi. Longevità e rigiocabilità sono oltre le aspettative, così come il comparto cinematico, che riesce per la prima volta a rendere un GDR spettacolare quanto un colossal di genere. Gli amanti di Elder Scrolls e di un’esplorazione più libera del mondo di gioco potrebbero sentirsi costretti dalla natura fondamentalmente lineare delle quest, enfatizzata dall’impossibilità di vagare senza meta per le lande di Ferelden, ma la profondità tattica degli scontri e la qualità narrativa e dialogica identificano Dragon Age come una produzione che trova altrove i suoi punti di forza.

Dedicato a tutti gli amanti del GDR puro, il titolo potrebbe presentarsi ostico per giocatori abituati a produzioni più recenti viste su console, ma una buona curva d’apprendimento permetterà di cavarsela con un po’ di pazienza e dedizione, peraltro ricompensate dalla gratificazione che il titolo è in grado di restituire.

Bioware a distanza di diverse generazioni videoludiche è riuscita a settare un nuovo standard qualitativo per i giochi di ruolo, un colossal con cui non sarà facile confrontarsi negli anni a venire.

Voto Recensione di Dragon Age: Origins - Recensione


9.3