Recensione

Don't Knock Twice, la maledizione dei tie-in continua

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Uscito in Italia col titolo “Non Bussate a Quella Porta“, Don’t Knock Twice è un discreto film horror basato sulla figura di Baba Yaga (strega-demone della mitologia slava) e sul rapporto conflittuale tra madre e figlia, con un paio di jumpscare gratuiti e una trama appena sufficiente. Considerandone la natura, farne un videogioco potrebbe in effetti sembrare un azzardo non da poco, soprattutto se si mette in conto che non si tratta di una pellicola in grado di rappresentare un grande traino. Se la trasposizione si rivela un disastro (e così è), ecco che che si ritorna alla solita tiritera dei tie-in maledetti, quelli insomma che non riescono mai come dovrebbero. Don’t Knock Twice, in un certo senso, vi farà ritornare proprio a quell’epoca, quando più o meno tutti i progetti di questo genere erano trascurabili.
Sarebbe meglio non bussare affatto
Se non avete prima visto il film, il gioco non vi farà capire praticamente nulla né v’introdurrà ai personaggi e alla vicenda. Non c’è un filmato introduttivo né un file di testo che possano fungere da premessa narrativa: Wales Interactive ha optato per una partenza diretta, senza fronzoli, mettendo il giocatore sin da subito all’interno della casa che fa da ambientazione al gioco. Quando vi arriverà il primo SMS, con mittente il nome di Chloe, non potrete nemmeno immaginare che sia vostra figlia e che la protagonista invisibile (a differenza della mobilia, la sua figura non ha un riflesso) che impersonerete è la madre. Durante i circa cinquanta minuti di gioco previsti per completare l’avventura, questi messaggi di poco conto contenenti gli insulti di una ragazzina ribelle, e poi delle richieste di aiuto, non aggiungono davvero nulla al contesto di gioco. Sono stati inseriti quasi per dovere, per richiamare alla memoria quelli sentiti di sfuggita durante il film, e la stessa cosa vale per i file di testo che troverete lungo i corridoi e le stanze della villa, tradotti per altro in maniera non ottimale, con errori di concordanze tra i verbi e diversi refusi.
Raccontare una storia in meno di un’ora non significa essere sbrigativi, superficiali e dare per scontati elementi importanti della trama. Don’t Knock Twice sembra più un complemento del film, anziché un tie-in, ma anche chi ha guardato l’horror di Caradog W. James non avrà buoni motivi per approcciarsi al gioco, davvero troppo povero di contenuti per convincere persino il più incrollabile fan del genere e della realtà virtuale.
Toc-Toc
Don’t Knock Twice è infatti pensato per la VR tanto su PC, quanto su PS4, e si notano a più riprese tutti i problemi che ciò comporta quando in parallelo (per motivi di budget, probabilmente) non viene fatto un lavoro di adattamento che possa soddisfare chi un casco per la realtà virtuale non ce l’ha. Su PS4 potrete giocare con uno o due move e il sistema di controllo è piuttosto classico, mentre non si avvertono problemi di motion sickness. Il problema principale di Don’t Knock Twice è però la sua sostanziale incapacità di rendersi interessante, risultando in definitiva un’esperienza vuota, che dimenticherete nell’istante in cui spegnerete la console o il pc.
Dall’inizio alla fine non dovete fare altro che camminare per la casa, accendere le candele sparse in giro con un candelabro semplicemente avvicinandovi a esse, aprire porte, attendere che qualche evento scriptato sblocchi la serratura successiva e poco altro ancora. Non dovrete mai difendervi da nulla, non c’è bisogno di nascondervi, di eludere la strega che apparirà ogni tanto – ma sempre a debita distanza – , né tanto meno avrete bisogno di correre. Anzi sì, perché per attraversare più rapidamente le stanze e portare a termine il noiosissimo Don’t Knock Twice è meglio non andare in giro circospetti, perché in fondo non esiste alcun motivo per farlo. D’altra parte, tra vetri che vanno in frantumi, l’attesa di uno scarejump prevedibilissimo e una sezione finale che cambia appena le carte in tavola, concedendovi l’ebbrezza di impugnare un’ascia per spaccare delle assi o aprirvi un varco dov’è più ovvio che possiate passare, non c’è nient’altro all’interno del gioco che possa variare un minimo la formula. 
Formula che è quella di un walking simulator con interazione minima e un percorso lineare e brevilineo, che usa oltretutto un paio di escamotage per inserire quel pizzico di backtracking non necessario per un progetto dalla durata così esigua, a dimostrazione della totale mancanza di idee per sfruttare una licenza nel migliore dei modi.
Tecnicamente Don’t Knock Twice non è un disastro e fa il minimo indispensabile, pur mostrando una modellazione poligonale a tratti molto rozza e un design degli scenari elementare.
Requisiti Minimi:
Sistema operativo: Windows 7 64-bit
Processore: Intel i5-4590 / AMD FX 8350 equivalent or greater
Memoria: 4 GB di RAM
Scheda video: NVIDIA GeForce® GTX 970 / AMD Radeon™ R9 290 equivalent or greater
DirectX: Versione 11
Memoria: 2 GB di spazio disponibile
Note aggiuntive: HDMI 1.4 or DisplayPort 1.2 or newer and 1x USB 2.0 or greater port

– Tratto dal film omonimo

– Dura quanto una demo

– Scontato, vuoto e senza mordente

– Uno/due elementi di gameplay appena abbozzati

– Anonimo anche in VR

4.0

Scontato, incapace d’incuriosire, sviluppato con evidente svogliatezza e lungo quanto una demo, Don’t Knock Twice è un gioco che non possiamo in alcun modo consigliare. Non solo è un horror che non ha nulla da dire, ma è anche un titolo con uno o forse due elementi di gameplay appena abbozzati e con un’atmosfera che non si avvicina minimamente a quella del film, anch’esso non proprio esaltante. 16 euro per un simile prodotto, infine, risultano essere davvero eccessivi.

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