Recensione

Deadlight Director's Cut

Avatar

a cura di Gottlieb

Sono trascorsi esattamente quattro anni dall’esordio sul mercato videoludico di Tequila Works, la software house spagnola pronta a tornare, nel prossimo futuro, con Rime, un’esclusiva Sony che ribalta completamente quella che fu la release di Deadlight nel 2012 pubblicato solo su PC e Xbox 360. Dopo quasi un lustro, quindi, il survival horror proposto da Raul Rubio Munariz arriva in edizione fisica, ma soprattutto per la prima volta su PlayStation 4, con una Director’s Cut che impreziosisce l’avventura breve, ma intensa, di Randall Wayne, lo sceriffo protagonista di Deadlight.

L’epidemica ombraL’epidemia zombie ha colpito l’America, di nuovo. A Seattle, il 4 luglio del 1986, la società è stata oramai decimata dall’assalto delle Ombre, che atterriscono gli ultimi sopravvissuti, costretti a fuggire o a nascondersi nelle fogne. Chi sopravvive cerca rifugio nella disgrazia della quotidianità o si arruola nelle forze dell’esercito, che usa la forza esclusivamente per delle barbarie piuttosto che per salvaguardare la vita del prossimo. In questo scenario post apocalittico conosciamo Randall Wayne, un ranger canadese originario di Hope, separatosi dalla moglie Shannon e dalla figlia Lydia durante un attacco delle Ombre e costretto adesso a vagare per le strade di Seattle alla ricerca del Safe Point, insieme con il suo collega Ben, un altro ranger. La speranza è l’unica benzina che riesce ancora ad alimentare Randall, che armato di pugni e di stracci partirà alla ricerca delle ultime gioie che la vita può ancora riservargli su un palcoscenico di miseria.La trama, come ci era già capitato di dire in sede di preview del primo capitolo, non si esalta per originalità, almeno all’inizio, proponendoci il medesimo scenario trito e ritrito in situazioni che vedono gli zombie protagonisti: che siano qui chiamate ombre o meno, il succo permane lo stesso di sempre. Una fuga verso una zona franca, che fa molto The Walking Dead, e che riesce a condurvi a un finale sicuramente inatteso, ma che vanifica l’intera corsa di Wayne verso la redenzione, quasi lasciandovi basiti per quanto mostrato. Nel corso delle scarse tre ore di gioco, in ogni caso, avremo modo di incontrare un paio di personaggi sicuramente atipici, che con il loro supporto riusciranno a fornire una caratterizzazione maggiore dell’ambiente circostante, fornendoci un senso di empatia maggiore per quella che è la situazione che stiano affrontando e che Randall si è ritrovato a dover gestire all’improvviso. Dei cliché, insomma, impreziositi con delle buone risorse, perché ricordiamo: non importa necessariamente cosa racconti, ma come lo racconti.

Seattle in due oreProprio ripartendo dall’importanza del modus operandi scelto per raccontare qualcosa, di Deadlight già quattro anni fa era stata molto convincente la scelta stilistica, che aveva condotto Tequila Works a realizzare un platform bidimensionale con toni molto scuri e ombrosi. La proposta è sempre tale, impreziosita da quelle che sono le possibilità di oggi, leggasi risoluzione a 1080p e delle animazioni più fluide, che permettono a Randall Wayne di muoversi in maniera leggermente più rapida e acrobatica in quello che è lo scenario apocalittico di Seattle, tra insegne di hotel pronte a subire la forza della gravità o anche vetri infranti, proprio come il cuore del ranger e la sanità della comunità americana. Restano indubbiamente alcuni difetti, pur essendo decisamente limati rispetto a quanto quattro anni ci donò un leggero senso di frustrazione in alcuni anfratti: qualche lag negli input dei comandi, soprattutto in fase di capriola in corsa, spesso ha rallentato il nostro flow, il che significa, soprattutto quando ci ritroveremo disarmati, finire nella morsa delle ombre. Aspetti che non vanno a minare eccessivamente l’esperienza di gioco, ma che comunque donano un senso di frustrazione nelle poche ore di sfida, che al di là di tali aspetti non muta eccessivamente rispetto a quattro anni fa. Oltre ai puzzle ambientali, che non complicheranno eccessivamente la sfida e la vostra run, avrete delle sporadiche sessioni di combattimento, armati di pistola, fucile a canne mozze o accetta da pompiere, con in più una fionda per risolvere alcuni enigmi: un arsenale non eccessivamente corposo, anzi molto ristretto, che però risponde alle nostre esigenze, ponendoci dinanzi anche a delle meccaniche non immediate che aumentano la difficoltà del titolo, da interpretare come una strizzata d’occhio al realismo, come per esempio nel ricaricare la pistola o il fucile a canne mozze. Rallentamenti che aumentano la difficoltà del momento, che ci fanno calare meglio in quella che è la condizione della città di Seattle e la disgrazia umana del momento.

Sopravvivere all’incuboLa grande novità del Director’s Cut, al di là della risoluzione migliorata e alcuni movimenti più fluidi, risiede nella modalità sopravvivenza. Un contenuto completamente nuovo, che ci chiamerà a una sfida decisamente ostica, da affrontare con tanta pazienza e tanta parsimonia nel gestire le nostre armi. Chiusi in un ospedale abbandonato e assaltati da numerose ombre, l’obiettivo sarà quello di resistere quanti più minuti possibili: il risultato da tenere come riferimento è legato ai 13 minuti, utili anche per sbloccare il trofeo annesso, ma la difficoltà è veramente elevata a fronte dei pochi proiettili che avrete dalla vostra e anche dall’ambiente che non sarà sempre dalla vostra parte, soprattutto a causa di alcuni bug di compenetrazione delle texture. Un esperimento che può comunque funzionare, là dove l’obiettivo è quello di aumentare il senso di sfida e allungare le tre ore di avventura, che non forniscono un grande movente per una seconda run, a meno che non vogliate rintracciare tutti i segreti, facilmente fattibile selezionando le scene manualmente. Altra modalità che vi si presenta è quella Incubo, che vi spinge a rigiocare l’intero titolo senza punti di salvataggio, in un unico momento e in un continuo flow ininterrotto. 

– Buona ripassata grafica

– Ottima la modalità Survival

– Durata troppo breve, troppo

– Ancora qualche imperfezione tecncia

7.5

La Deadlight Director’s Cut permette al pubblico Sony di provare un titolo che quattro anni fa arrivò soltanto su Xbox360 e PC, impreziosendolo con una buona modalità Sopravvivenza e, soprattutto, arricchendolo con una ripassata tecnica, sia grafica aumentando la risoluzione a 1080p, ma anche modificando alcune animazioni, che diventano più fluide. A fronte del costo, pari a 19,99 euro, Deadlight diventa una buona esperienza di gioco, che in una giornata si esaurisce e che vi permetterà di essere ripreso in mano ogni tanto per provare a vincere le classifiche della modalità Sopravvivenza, che ha sicuramente qualcosa da dire e che non invecchierà mai nel tempo.

Voto Recensione di Deadlight Director's Cut - Recensione


7.5