Dai Tripla A ai cloni: come evitare indie-gestione

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a cura di G

Nel panorama videoludico attuale è diventato d’uso comune il riferimento ai videogiochi indipendenti. Ciò nonostante, il termine “indie” tende a creare un minimo di confusione, in particolar modo nelle “eterogenee” community dei social. Erroneamente, si potrebbe pensare a un prodotto all’apparenza semplice, magari dall’aspetto rétro, sviluppato da due ragazzi in uno scantinato. Certo, talvolta l’associazione sembra calzare, ma ciò non è sistematico.
Facciamo chiarezza; in linea di massima, con indie-game ci si riferisce a un videogioco realizzato da un gruppo di sviluppo autonomo dietro al quale, per lo meno inizialmente, non vi sono commissioni, direttive o finanziamenti da parte di un editore: il budget investito dipende esclusivamente dalle possibilità economiche del team o da campagne di raccolta fondi (KickStarter, etc.). Ne consegue una maggiore libertà creativa e tale assenza di vincoli ha permesso, e consente tuttora, di osare per quanto concerne sia le “tematiche” sia le “meccaniche”. 
Tutto ciò, dal punto di vista degli acquirenti, può però rivelarsi un’arma a doppio taglio: il rischio di acquistare un prodotto “scadente”, nell’ormai immenso mercato degli indie-game, è concreto e, talvolta, per paura, si è portati a evitare in toto il settore, rischiando di privarsi di vere e proprie perle video ludiche.
Proprio per questo vogliamo farvi da “personal shopper”, elencandovi alcuni tra i migliori esponenti di questo particolare e affascinante mondo.
Non riteniamo sia necessario parlare dei prodotti più noti che, negli anni, hanno conquistato critica e pubblico. Ci riferiamo ai vari Cuphead, Limbo, Inside, Journey, The Binding of Isaac, To the Moon, Undertale e, udite udite, Hellblade: Senua’s Sacrifice. Proprio così, anche l’ultimo lavoro di Ninja Theory fa parte della categoria degli indie: interamente finanziato e sviluppato dal team inglese ma, di fatto, paragonabile ai tripla A.
Veniamo, però, al dunque: ecco il nostro menù per saziare la vostra fame senza il rischio di un’indie-gestione.

I “genitori” di forma.8 sono gli italiani di Mixed Bag, autori anche di Futuridium EP Deluxe. Lo studio, con sede a Torino, ha dimostrato di essere in grado di fondere carisma estetico e semplicità. Inseribile nella categoria dei “metroidvania”, forma.8 è un platform in 2D che propone enigmi ambientali ed elementi shooter all’interno di un’ampia mappa, quasi “labirintica”, suddivisa in stanze che si diramano in orizzontale e verticale.
Il fascino di questo indie risiede nella sua capacità di intrattenere con uno stile sobrio ed elegante. Il suo design minimale, arricchito da essenziali cromatismi, si sposa perfettamente con sonorità rilassanti, quasi zen.

Realizzato da The Game Bakers, Furi è la trasposizione videoludica dell’adrenalina. Il team indipendente francese, dopo essersi cimentato negli RPG Tattici (la serie Squids), ha virato verso l’azione frenetica, dando vita a un hack ‘n’ slash dal ritmo forsennato. 
Il gameplay action, arricchito da meccaniche tipiche di un twin-stick shooter, offre un livello di sfida accattivante, quasi proibitivo nelle difficoltà più elevate. Brilla anche il suo design artistico, un ibrido tra l’old-school e il cyberpunk. Bello, avvincente e, soprattutto, divertente.

Un videogioco non deve essere necessariamente un mero portatore di svago. Al pari di altri media, quello videoludico è in grado di suonare le corde dei sentimenti. Nel cantiere di Varese, Ovosonico (studio indipendente italiano) ha sviluppato Last Day of June, un toccante viaggio emotivo basato sui ricordi e sul rapporto causa-effetto, il cosiddetto butterfly-effect. 
Il titolo propone enigmi ambientali e percorsi a bivio, narrati attraverso scelte registiche originali, vista l’assenza del dialogo: un gesto, talvolta, vale più di mille parole.

Never Alone è il frutto della collaborazione tra lo scrittore Ishmael Hope e Upper One Games, gruppo nato da un’associazione no-profit a servizio dei Nativi d’Alaska (CITC). Il team, poi inglobato presso la E-Line Media di New York, è “doppiamente indie”: indi-pendente e di proprietà indi-gena.  
Premiato ai British Academy Award, il gioco racconta la storia “Kunuuksaayuka” attraverso un platform in due dimensioni che prevede la risoluzione di piacevoli e mai frustranti elementi puzzle-solving.
Gli sviluppatori sono perfettamente riusciti a trasferire su un videogame la cultura Iñupiat, donandole charme visivo grazie ad un’ottima direzione artistica e a un sapiente utilizzo del motore Unity. 

C’è la bandiera tricolore sui bolidi futuristici di Red Out, vincitore del Drago D’Oro come miglior gioco italiano del 2017. Creato da 34BigThing, mosso dall’Unreal Engine 4, il gioco di corse su navicelle spaziali si ispira a Wipeout e F-Zero; è un clone? Probabilmente sì, ma di qualità: meccaniche racing ben strutturate con un forte spirito arcade.
Velocità e salti spettacolari si alternano in circuiti dal buon level design, testimonianza di un’ottima direzione artistica, arricchita da quel pizzico di “tamarro” che si concilia perfettamente con la tipologia di gioco. Ideale per gli amanti delle “partite rapide”, intrattiene anche in modalità carriera.
Prendete Dark Souls e saltateci sopra. Fatto? Bene, avete ottenuto Salt and Sanctuary. Un soulslike bidimensionale che sorprende per come determinate meccaniche, marchio di fabbrica dei lavori di From Software, siano altrettanto efficaci se riportate, nel modo corretto, in 2D. “Due” come il numero delle persone che hanno realizzato il game: marito e moglie, James Silva e Michelle Juett, alias Ska Studios.
Gli elementi soulslike in “S & S” abbondano: action-RPG, lore, farming, build, trappole, labirinti, shortcut, boss-fight principali e opzionali, parry, front-stab, trial and error e i santuari (il corrispettivo dei falò/lanterne). Ovviamente, il livello di sfida è altrettanto valido, preparatevi a morti ripetute.
Non delude nemmeno sul lato estetico, proponendo ambientazioni in stile “disegno a mano” varie e ben caratterizzate.

Opera del lavoro dei ragazzi di Lka.it, sviluppatore indipendente con sede a Firenze, The Town of Light è un’avventura psicologica in prima persona, basata su una terribile realtà, quella dei manicomi della prima metà del ‘900, in questo specifico caso di quello presente a Volterra.
Nonostante, in alcuni momenti, i limiti di una produzione “minore” si palesino nel comparto tecnico, il lavoro di Lka può vantare narrazione, regia, doppiaggio e soundtrack di pregevole fattura. Le vicende di Renee, la protagonista, rapiscono il giocatore permettendogli di avvertire in prima persona il disagio, in un susseguirsi di eventi ad alto pathos.

Emozioni, Sci-fi, Cyberpunk e Musica si mescolano alla grande nell’indie del team SuperGiant Games. Transistor è un gioco di ruolo con sistema di combattimento a turni e visuale isometrica.
Le meccaniche RPG sono ben strutturate e seguono un percorso evolutivo strettamente legato alle vicende narrate, quelle della protagonista Red: affascinante e carismatica, può fidarsi solamente della sua spada, Transistor, per contrastare la distopia vigente nella città di Cloudbank.
Il titolo, inoltre, vanta una memorabile soundtrack scritta e prodotta da Darren Korb e cantata da Ashley Lynn Barrett, entrambi già protagonisti delle musiche del videogame Bastion, altro ottimo prodotto made in SuperGiant.

Alla “fiera dell’indie” è quindi possibile trovare giochi di ottima qualità, oggettivamente validi e che possono “non piacere” solo in relazione al proprio gusto personale (per questo nella nostra lista abbiamo inserito titoli di generi differenti). Consapevoli della vastità del mercato, è necessario sapersi orientare, cercando di informarsi il più possibile prima dell’acquisto, così da premiare il lavoro di “piccole realtà” in grado di proporre divertimento ed emozioni alla pari di software house più note che possono usufruire di budget più elevati.