Anteprima

Child of Light

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a cura di Pregianza

Ubisoft viene da molti percepita come l’ennesima grande casa che pensa prima di tutto ai profitti, e solo poi ad avanzare realmente il media videogioco. Un colosso che negli anni si è fatto sempre più poderoso, e le cui serie vendono un numero smodato di copie. Eppure, nonostante il successo ottenuto, la software house francese è riuscita a mantenere uno strambo equilibrio instabile tra due diverse anime: da una parte quella commerciale, che avanza a grandi passi e sforna titoli di ampio respiro accuratamente controllati, dall’altra quella creativa, capace spesso e volentieri di sorprenderci e di creare lavori che un giocatore non si aspetterebbe mai da un’azienda che macina milioni. Da questa seconda anima è scaturito Child of Light, un lavoro che è un po’ fiaba, un po’ jrpg e un po’ meraviglioso cibo per la vista. Noi abbiamo potuto testare la prima ora dell’avventura di Aurora durante un interessante evento tenutosi al Talent Garden di Milano in collaborazione con Coder Dojo, ove sono stati invitati un bel po’ di giovanissimi amanti dei videogame a imparare le basi della programmazione con l’ausilio degli asset ufficiali del gioco. Un progetto che ci ha affascinato e ha fatto ottimamente da sfondo alla nostra prova. 
Persa tra i colori
Child of Light ci interessa da tempo, dopotutto è un esperimento alquanto inusuale e che rappresenta l’esatto opposto dei Souls e di Dragon’s Dogma: lì c’erano programmatori nipponici che hanno sviluppato (a modo loro) dei gdr action dallo stile fortemente “occidentale”, qui invece siamo di fronte a un prodotto occidentale che si ispira alle meccaniche dei jrpg. Lo fa, però, mantenendo una forte personalità, e mescolando meccaniche e trovate appartenenti a più generi. Partiamo dalla storia, piuttosto basilare come si addice a una fiaba. Voi impersonate Aurora, figlia del duca d’Austria e orfana di madre, cresciuta amorevolmente dal padre fino al secondo matrimonio di quest’ultimo con una misteriosa donna di nome Umbra. Il giorno della cerimonia, la piccola si spegne nel suo letto senza motivo apparente, distruggendo il suo povero padre, ma non è in realtà morta, si risveglia infatti nel magico mondo di Lemuria, senza saper bene come è finita lì. Accompagnata da una fiammella fluttuante di nome Igniculus, la ragazzina dai rossi capelli dovrà trovare la strada di casa e salvare il fatato mondo in cui si trova. 
Non una trama complessa, come detto, ma il primo impatto col titolo di Ubisoft è comunque a dir poco appagante. Siamo di fronte a un titolo completamente disegnato a mano, esclusi i modelli tridimensionali in cel shading della protagonista e degli esseri che abitano Lemuria. La direzione artistica è superlativa e il mondo, una mescolanza di tratti netti e colori che si fondono con naturalezza, ispiratissimo. A contribuire all’effetto ci pensa la telecamera laterale, pensata per supportare un gameplay esplorativo che sembra inizialmente una sorta di variante più evoluta e rifinita di Zelda II. Le battaglie, tuttavia, non sono dirette ma a incontro, con l’immancabile stacco tra schermata di combattimento e mappa di gioco tipico di tanti jrpg. 
Tempo e spazio
Una volta entrati nella schermata apposita vi si porrà davanti un combat system semplice solo all’apparenza, grazie a una serie di brillanti trovate degli sviluppatori. Rifacendosi in minima parte a Grandia 2, il team di sviluppo ha creato combattimenti che girano attorno a una barra delle azioni molto chiara e all’uso intelligente di Igniculus. Quando il piccolo ritratto di Aurora raggiunge la parte finale della barra, la piccola può scegliere se compiere un’attacco, usare un’abilità magica o mettersi in difesa, e lo stesso possono fare i nemici, se però un attacco va a segno su un combattente mentre questi sta ancora completando la sua azione la si interrompe, e gran parte dell’abilità del giocatore risiede nel calcolare attentamente quando e quale attacco usare per interrompere gli avversari (cercando di non essere ovviamente interrotti a propria volta). La lucciola che ci portiamo dietro ottiene dunque un ruolo fondamentale, poiché illuminandosi rallenta l’avanzare di un nemico bersagliato sulla barra della priorità, e garantisce una parziale gestione del ritmo dello scontro. Imparare a posizionare a dovere la nostra fiammella preferita e memorizzare le tempistiche dei colpi diviene pertanto molto importante per trionfare, specie quando le cose si complicano e al nostro gruppo si aggiungono membri extra.
Non è un sistema complicato o ricco di eccessi come quelli visti in altri titoli dello stesso genere, ma non è privo di tattica ed è stratificato degnamente. Un bambino può ad esempio giocare senza problemi con i suoi genitori impersonando Igniculus con il secondo pad e dedicandosi solo al rallentamento dei nemici e alla risoluzione di alcuni enigmi basati sulla luce sparsi per il mondo di gioco. Al contempo, un giocatore poco esperto può ignorare completamente il sistema di crafting del gioco, basato su cristalli colorati, e dedicarsi principalmente agli scontri e alla storia, anche se non ci è ancora chiaro quanto sia scalabile effettivamente il sistema e quanto permissiva risulti la gestione della difficoltà. Dal canto nostro, abbiamo apprezzato molto le battaglie, fluide e divertenti fin da subito, così come siamo rimasti colpiti dall’esplorabilità delle mappe, ricche di leve e piccoli puzzle raggiungibili dopo poco, visto che Aurora acquisisce la capacità di volare nel giro di pochi minuti. Passata un’ora di gioco, e conclusa una tirata battaglia con un pericoloso gigante, siamo usciti dal Talent Garden con un forte desiderio di vedere di più. Di solito è un buon segno.
L’evento, peraltro, ha chiarito anche uno dei nostri dubbi più gravosi sul titolo, legato alla localizzazione. Child of Light, oltre a vantare un comparto artistico strepitoso, è anche un’opera ricca di poesia, narrata completamente in rima. La versione italiana è del tutto localizzata, e temevamo il peggio alla nostra prima prova, invece siamo stati smentiti da un lavoro eccellente fatto da Synthesis, che sembra aver accuratamente mantenuto la struttura delle rime e gestito alla grande la situazione. Ottime notizie per chi non è un cultore della lingua originale, insomma. 

– Artisticamente splendido

– Combat System più profondo di quanto appare, e ben fatto

– Unico e ricco di personalità

Child of Light ci ha catturato fin dal primo annuncio, ed è quindi una bella esperienza constatare come gli sviluppatori sembrino esser stati in grado di sfruttare a dovere l’enorme potenziale racchiuso in questa piccola gemma. Vero, è troppo presto per dare valutazioni, e un’ora di provato ci permette solo di grattare la superficie del gioco, ma le nostre prime impressioni sono molto positive e siamo pronti a scommettere che il jrpg made in Ubisoft sarà una gradita sorpresa per i fan del genere.