Recensione

Bioshock Infinite

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a cura di Pregianza

Ci sono giochi il cui arrivo non smuove foglia, che divengono improvvisamente dei successi stratosferici grazie al passaparola o a qualche idea originale e ben applicata. Ci sono poi titoli esibiti come una seconda venuta del messia, elogiati come capolavori rivoluzionari prima ancora dell’uscita e desiderati ardentemente da milioni di videogiocatori speranzosi di veder ricomparire ancora una volta la scintilla della creatività nell’industria, e magari di assistere all’incendio da questa scaturito.
Bioshock Infinite ha superato la definizione di “titolo bramato dalle masse”. E’ stato presentato come il vero successore di quel Bioshock da molti considerato uno dei migliori fps di sempre, e Ken Levine, tra i più grandi game designer in circolazione, si è esposto come mai prima d’ora per pubblicizzarlo e assicurare l’utenza che la sua ultima opera avrebbe rispettato le impressionanti aspettative del pubblico pagante. Parliamo di un uomo il cui nome viene appaiato ad alcuni dei più incredibili pezzi di storia del videogame, una figura che non è solita parlare a vanvera e del cui operato è difficile dubitare. Eppure la spinta propagandistica è stata così poderosa da far venire più di qualche ripensamento anche ai devoti. Tanta, forse troppa la pubblicità positiva per Infinite e lunghissima l’attesa, resa ancor più nervosa dalla partenza di alcuni membri di spicco del team durante lo sviluppo.  
Negli ultimi giorni abbiamo messo finalmente le mani sopra al disco di gioco, una spada di Damocle con il nome di Levine marchiato a fuoco sulla lama che speravamo con tutto il cuore avrebbe retto il peso delle previsioni. Grazie al cielo, è proprio il caso di dirlo, siamo usciti dalla prova stimolati e affascinati come non accadeva da tempo. 
C’è sempre un uomo, c’è sempre un faro
Bioshock Infinite inizia con il protagonista, Booker DeWitt, a bordo di una barca in compagnia di due misteriosi individui. Il mare è in tempesta e all’orizzonte si vede solo un lugubre faro, che nasconde un passaggio diretto per la città volante di Columbia, un’utopica patria dei cieli creata dall’enigmatico profeta Comstock. 
La missione di Booker è semplice, “portaci la ragazza e cancella il debito”. Non si sa chi sia il mandante dell’ordine, solo che è riferito a una donzella di nome Elizabeth e che il protagonista sembra disposto a tutto pur di liberarsi dai suoi problemi. Quali pericoli potrà mai celare una città volante, dopotutto?
Che gli Irrational ci sapessero fare con la narrativa lo aveva già dimostrato alla grande il primo Bioshock, tuttavia Ken Levine ha voluto davvero mettersi alla prova, sfidando a viso aperto alcuni degli argomenti più ardui da affrontare in assoluto quando si tratta di sceneggiature. Trame che hanno a che fare con dimensioni alternative e teorie relativistiche sono spesso taboo per gli scrittori, poiché è fin troppo facile inciampare nei paradossi o in macchinazioni astruse. Eppure, incredibilmente, la situazione in Infinite si mantiene coerente persino nei momenti di massima confusione. Levine ha reso la sua opera un trattato su come approcciare la narrativa nei videogame, costruendola sì attorno ai personaggi e alle loro azioni, ma infilando elementi necessari per comprendere il complicatissimo intreccio narrativo anche nei luoghi visitati, tramite registrazioni ed estratti che completano la trama e il background come pezzi di un enorme puzzle. Le trovate inserite nella storia per soffocare l’intuito del giocatore e mantenerlo sempre in preda al dubbio sono notevoli e superano a tratti quelle viste nello storico predecessore, andando a formare uno scheletro concettuale complicatissimo applicabile solo al media videogioco e capace di confondere e stuzzicare anche coloro che saranno abbastanza attenti da cogliere i colpi di scena prima del loro arrivo. Indubbiamente un lavoro brillante, che forse non sarà apprezzato all’unanimità e non manca di punti analizzabili più nel profondo, ma dimostra un coraggio e un’immaginazione che pochi nell’industria possiedono.
Una struttura così articolata non può sorreggersi da sola, ha bisogno di un’ambientazione altrettanto ispirata. Qui entra in scena il nucleo pulsante di Bioshock Infinite, uno sforzo creativo titanico per la cui creazione gli sviluppatori di Irrational hanno probabilmente dovuto consumare ogni goccia di succo neuronale: Columbia. Non si tratta di una locazione visivamente opprimente quanto lo era Rapture. Tutto è più vivido, libero, luminoso. L’oppressione però non è scomparsa, è solo più subdola, non fisica ma mentale, è un tarlo che si insinua dopo pochi attimi nei pensieri del giocatore, e scava sempre più nel profondo fino ad arrivare alla realizzazione di cos’è realmente il luogo dove ci si trova. E’ l’incubo degli agnostici, è l’apoteosi del fanatismo e dell’irrazionalità, è un capolavoro di contrasti e follia umana che ha preso forma da una serie di idee. Il giocatore la esplora, affascinato dalla grandiosità delle sue strutture e dal suo luminoso splendore, notandone pian piano le eccentricità. I lati oscuri di questa impossibile creazione umana compaiono dapprima a piccole dosi, ma si fanno sempre più evidenti avanzando nell’avventura, fino a divenire uno specchio della brutalità e della pazzia dell’uomo.
Gli autori avrebbero potuto scegliere la strada più facile, puntare sulla comoda via dell’attacco alla religione e del cinismo assoluto, ma non sono caduti nel tranello. La storia di Infinite non condanna né perdona nessuno, si limita a mostrare il male dell’animo umano da più punti di vista, cercando di colpire il giocatore sia allo stomaco che alla testa. Non sempre la freccia colpisce perfettamente il centro, ma i momenti angoscianti non mancano e non ci sono placide morali imposte al giocatore. La morale è solo questione di punti di vista e Columbia, con le sue luci e ombre, riesce a essere un perfetto simbolo di questo concetto. 
Più viva, imponente, e imprevedibile che mai, la città volante creata da Irrational è riuscita a fare l’impossibile: superare Rapture.
Testa o croce?
L’evoluzione non si è limitata all’ambientazione e alla narrativa, ha riguardato anche il gameplay. L’azione in Bioshock Infinite è strutturata attorno a un sistema fondamentalmente simile a quello visto in passato nella serie, ma ampliato e migliorato di netto. Le bocche da fuoco disponibili sono aumentate, e ora vantano una risposta più accurata e una affidabilità maggiore, nonostante qualche sbilanciamento nella potenza (le carabine ci sono parse superiori a qualunque automatica). Booker può inoltre usufruire dei tonici, equivalenti dei plasmidi che gli donano poteri speciali spettacolari. 
I poteri offrono numerose opzioni extra, e sono più intuitivi da utilizzare rispetto al passato. L’energia ad essi dedicata si chiama “sale”, ed è tutt’altro che rara nelle vie di Columbia, cosa che porta l’utente a utilizzarli molto più di frequente. Inoltre ogni abilità garantisce un attacco secondario dal costo in sali aumentato, con cui si possono di solito piazzare potenti trappole statiche o ottenere vantaggi posizionali. La varietà è impressionante, e si va da comuni abilità offensive elementali a trucchetti molto più sfiziosi, come uno scudo che rimanda i proiettili al nemico o un richiamo acquatico che può attirare e stordire gli avversari. Il fatto che tutti i poteri rimangano disponibili una volta ottenuti e siano facilmente sostituibili tramite un comodo menu circolare spinge a non fissarsi su un singolo trucco.
Le novità primarie legate al gameplay non sono però né le armi ottimizzate né i tonici. A stupirci sono stati infatti principalmente la nostra compagna, Elizabeth, e il gancio da braccio ottenuto a inizio gioco, con cui Booker può vagare bellamente per Columbia usando delle rotaie sospese. Partiamo da Elizabeth: gli Irrational l’hanno inserita nel titolo con la consapevolezza che doversi curare di un partner guidato dall’I.A. può essere estremamente tedioso, dunque hanno scelto la “strada di Alyx Vance”. La giovane donna infatti sa badare a se stessa, non ha bisogno di essere protetta né salvata, e rappresenta semplicemente un aiuto costante capace di offrire numerose opzioni tattiche aggiuntive. Elizabeth può cambiare completamente volto a una battaglia aprendo degli strappi dimensionali, chiaramente visibili, per dare a Booker coperture aggiuntive, una posizione sopraelevata di vantaggio, torrette robotiche amichevoli o oggetti vari, a seconda della zona. Non bastasse, la ragazza si prodiga attivamente nella ricerca di risorse e capita spesso che raccolga medikit, bottiglie di sali, o monete nel momento del bisogno. Sono meccaniche che già da sole basterebbero a svecchiare l’andazzo delle sparatorie, ma sono accompagnate da una mobilità degli scontri vista raramente, grazie all’uso delle succitate rotaie. Con l’ausilio del suo gancio DeWitt può spostarsi a gran velocità per i cieli di Columbia, raggiungendo zone normalmente inarrivabili ed eseguendo esecuzioni in salto di grande effetto. Le fasi del gioco nelle quali ci si trova a dover usare le strade celesti di Columbia sono indubbiamente le più esaltanti, e aggiungono una dimensione in più alla strategia d’attacco.
Alla lodevolissima varietà d’azione si accompagna una più che buona varietà dei nemici, che costringe a utilizzare oculatamente le proprie risorse. La difficoltà generale non è particolarmente elevata, anche per via delle scarse penalità dopo ogni morte (ci si limita a ripartire da un checkpoint nelle vicinanze con qualche soldo in meno e l’energia dimezzata) e di uno scudo energetico rigenerante molto efficace. Ad ogni modo gli avversari diventano gradualmente più ostici e resistenti, e avanzando i loro gruppi contengono sempre più antagonisti dotati di poteri, soldati corazzati o pericolosi uomini di latta armati fino ai denti. Gli avversari più temibili sono indubbiamente gli Handyman, bestioni meccanici agilissimi capaci persino di elettrizzare le rotaie sospese. La modalità 1999, sbloccabile una volta finito il gioco, viene incontro ai desideri degli amanti delle sfide, non permette di tornare in vita una volta finiti i soldi e costringe a combattere contro nemici più aggressivi e pericolosi.
Chiudiamo con gli elementi gdr di Infinite, peraltro piuttosto limitati. Booker può potenziare i tonici e le armi spendendo denaro sonante in comodi distributori automatici. I potenziamenti sono molti ma i loro effetti si limitano di solito a un semplice aumento di potenza e precisione, dunque non influiscono tremendamente sull’esperienza. Ben più efficienti invece alcune boccette di liquido nascoste per le mappe, in grado di aumentare permanentemente la salute, lo scudo o i sali del protagonista, e vestiti equipaggiabili dotati di bonus passivi alquanto convenienti.
In generale il lavoro di Irrational offre una giocabilità all’altezza delle aspettative e innovativa, che ha permesso agli sviluppatori di creare una campagna dal ritmo ben calcolato. Si passa da fasi lente ed esplorative a scontri all’ultimo sangue in modo naturale, con pochissimi momenti morti. Un paio di sezioni sono meno ispirate della media, ma siamo comunque davanti a un’avventura con i fiocchi.
 
A prison in the sky
Il comparto tecnico del gioco si difende egregiamente, anche se non presenta la cura impeccabile vista negli altri elementi che lo compongono. Il lavoro artistico fatto su Columbia è stratosferico, la città è viva e caratterizzata in modo divino, i tocchi di classe e le trovate geniali continui. Tutti i quartieri e gli edifici visitati hanno una forte personalità, e l’impatto è tale da far passare in secondo piano le mancanze del motore grafico, che seppur più che buono non fa gridare al miracolo per il dettaglio dei modelli e delle texture. Le finiture, purtroppo, non sono al livello del lavoro di design fatto e non capita raramente di notare qualche bug di troppo. Elizabeth lancia tutto ciò che trova al giocatore, con un’animazione che passa molte volte attraverso le pareti come se queste non esistessero, i movimenti della compagna sono spesso un po’ scattosi, con curve improvvise abbastanza innaturali dovute all’I.A. comportamentale che la spinge a seguire Booker e a prevedere i suoi spostamenti. Abbiamo notato anche altri difetti, come nemici bloccati sulle rotaie senza motivo apparente o incastrati in viottole, ma queste eventualità sono comparse molto più di rado. Non si tratta di problematiche in grado di rovinare più di tanto l’esperienza, ovviamente, ma vista l’atmosfera incredibile del titolo si notano maggiormente.
Anche il sonoro presenta qualche magagna, poiché si basa eccessivamente sulla direzione della visuale. Puntate il mirino su chi sta parlando e sentirete tutto alla perfezione, spostatelo di qualche centimetro e la conversazione diverrà un sussurro, anche se non vi sarete mossi. E’ una scelta stramba, che costringe a utilizzare i sottotitoli per non perdersi neanche una parola dei dialoghi, e credeteci se vi diciamo che è meglio non ignorare nulla del parlato se si vuole capire al meglio la trama. Un peccato, soprattutto considerando il livello altissimo del sonoro, con musiche perfette per l’ambientazione e doppiaggi fantastici in lingua originale. La recitazione degli attori contribuisce non poco nel dare umanità e carisma ai personaggi, aumentando notevolmente il peso di ogni loro azione e rendendo semplice affezionarsi a Elizabeth. 
La longevità di Bioshock Infinite si attesta attorno alle 10/11 ore e può aumentare sensibilmente, visto che le strade di Columbia sono più estese di quanto si possa credere, ricche di segreti e locazioni bloccate da far scassinare alla nostra partner. Potrà sembrare una durata medio-bassa, ma per un FPS ibridato solo in parte non è facile offrire una campagna più longeva senza scadere nella ripetitività, e Infinite è tutto fuorché un titolo banale. 

– Gameplay variegato e innovativo, che offre molteplici opzioni

– Columbia è forse la miglior ambientazione mai vista in un videogioco

– Comparto artistico e sonoro stratosferici

– Narrativa estremamente complessa e strutturata in modo brillante

– Qualche bug visivo fastidioso

– Sonoro direzionale che dipende dal puntamento e costringe ad attivare i sottotitoli

– Un paio di fasi della campagna sono meno ispirate delle altre

9.5

Le aspettative attorno a Bioshock Infinite erano spaventose. Pochi videogame sono in grado di scatenare speranze così vivide e pesanti tra i gamer e ancor meno sono quelli che riescono a rispettarle, ma l’opera degli Irrational è uscita a testa alta dal turbine dell’esaltazione, proponendo un’esperienza di rara intelligenza e impatto. Non è un titolo assolutamente perfetto, ma resta un’opera grandiosa che vanta una delle ambientazioni più curate e geniali di sempre. Visitate Columbia, non dimenticherete facilmente il vostro viaggio.

Voto Recensione di Bioshock Infinite - Recensione


9.5