Recensione

Atelier Shallie Alchemist of the Dusk Sea

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Terzo e ultimo capitolo della trilogia di Dusk, nonché sedicesimo nel filone principale degli Atelier, Atelier Shallie Alchemists of the Dusk Sea arriva in Europa sulla vecchia console da salotto di Sony, noncurante del successo di Playstation 4 e testardamente legato a canoni di gioco e tecnici profondamente radicati nella scorsa generazione di console, puntando piuttosto sulla continuità narrativa e sull’evoluzione di un franchise che ha saputo scavarsi la sua nicchia di giocatori appassionati.Basteranno due diverse protagoniste e qualche cambiamento nel gameplay per assicurare una nuova giovinezza per il brand?

Un mondo di ShallieUltimo episodio della trilogia di Dusk, l’ennesima dell’infinita saga degli Atelier, Alchemists of the Dusk Sea ha la responsabilità di portare avanti il brand e, contemporaneamente, di chiudere interrogativi e fili narrativi in sospeso dai precedenti capitoli, dai quali, comunque, si distacca quel tanto che basta per non rendere necessario averli giocati tutti.Le vicende ruotano attorno a due ragazze quasi omonime, Shallistera e Shallotte, che vivono nella stessa città, Stellard, uno degli ultimi avamposti di civiltà in una regione, quella di Dusk, per l’appunto, che ha visto la popolazione di mostri crescere in maniera inversamente proporzionale alle riserve d’acqua, che invece vanno assottigliandosi di giorno in giorno.Come nel mondo reale, anche in quello di Atelier Shallie senza acqua non c’è vita, e così c’ènchi, come Shallistera, prova a risolvere la situazione e chi, come Shallotte, attende passivamente, ma non senza preoccupazione, l’evolversi degli eventi.Il giocatore potrà scegliere, all’inizio della sua avventura, quale delle due donzelle interpretare, con cambiamenti (invero minimi) alla narrativa di gioco: Shallistera, determinata e combattiva, è la figlia di un capo villaggio della zona, e si avventura per la prima volta fuori dai confini sicuri della sua casa per provare a prendere in mano la situazione, mentre Shallotte sembra essere più concentrata sulla sua vita, sulla ricerca di lavoretti e sull’imparare i rudimenti dell’arte alchemica.La scelta, come detto, risulta abbastanza ininfluente, visto che le due eroine si incontreranno comunque ad un certo punto della trama, unificando gli eventi e le scene d’intermezzo: l’unico, sottile cambiamento risiede nella maggiore attenzione rivolta ai combattimenti in caso si preferisca Shallistera, che si sposta invece sul processo di sintesi in caso si propenda per Shallotte.Come da tradizione per la serie, comunque, il plot scorre via liscio come l’olio, concentrandosi più sui sentimenti e la quotidianità dei personaggi che su una sovrastruttura narrativa degna di questo nome.

Grandi cambiamenti?In una serie che va avanti da anni, giunta ormai al sedicesimo episodio, proprio non mi aspettavo di imbattermi in due cambiamenti abbastanza radicali, a parer mio entrambi per il meglio: la totale rimozione della dinamica temporale e la completa libertà di esplorazione di ambienti finalmente tridimensionali, con la gestione della telecamera demandata direttamente al giocatore.Se quest’ultima innovazione si era fatta attendere fin troppo e arriva tardi nel ciclo vitale di Playstation 3, la marcia indietro sulle dinamiche di gestione del tempo è un elemento di rottura importante rispetto al passato storico della serie, che faceva proprio del “time management” uno dei marchi distintivi.Invece di trovarsi costretto a pianificare con largo anticipo i mesi a venire, il giocatore di Atelier Shallie può godersi l’incedere degli eventi in assoluta libertà, gestendo i ritmi della sua avventura come qualsiasi altro gioco di ruolo di stampo giapponese e decidendo di approfondire gli aspetti della produzione che maggiormente gli garbano: personalmente ho trovato questa scelta azzeccata, oltre che molto coraggiosa, perché permette di godersi più a fondo il sempre stimolante sistema alchemico e un battle system leggero e senza troppi fronzoli, parente stretto di quello già visto nei precedenti due capitoli della trilogia di Dusk.Ovviamente, come tutti i cambiamenti, questa scelta porta con sé anche dei contro:gli appassionati di vecchia data della serie potrebbero non digerire le nuove meccaniche e va detto che, senza il tempo a tiranneggiare, il livello di difficoltà del gioco si abbassa ulteriormente, visto che le fasi di combattimento, con rarissime eccezioni, costituiscono una passeggiata di salute.Per avanzare nella trama principale basterà adesso riempire la barra dei Life Tasks, missioni di vario genere (perlopiù incentrate sulla raccolta e la sintesi) che spesso approfondiscono le personalità e le motivazioni dei protagonisti, offrendo qualche retroscena gustoso su personaggi altrimenti pericolosamente vicini a degli stereotipi digitali.Due parole anche sul sistema di combattimento, invero cambiato pochissimo rispetto agli scorsi capitoli: si combatte ancora a turni, con i nemici ben visibili sullo schermo, la possibilità di aiutare i compagni di squadra o condividere con loro attacchi speciali, il tutto, come anticipato, ad un livello di sfida decisamente sotto la media del genere.

SvecchiamentoAlle ambientazioni tridimensionali completamente esplorabili cui si accennava sopra, Atelier Shallie unisce un character design ricercato, con colori molto vividi e un cel shading che ben si adatta allo stile del gioco, sebbene permangano sfondi assolutamente scialbi, non all’altezza del buon lavoro svolto sui modelli poligonali dei personaggi principali.Giunti a questo punto del ciclo vitale di PS3 sarebbe lecito attendersi qualcosa di più in quanto a conta poligonale, effetti di luce e texture, ma la serie di Gust non ha mai fatto della grafica un suo cavallo di battaglia e il budget a disposizione del team di sviluppo doveva essere abbastanza risicato, a giudicare dalla scarsità di frasi doppiate in inglese (meno di un terzo rispetto al doppiaggio originale in giapponese) e alla totale assenza di lyp-sinch anche durante i primi piani.Insomma, nulla che faccia gridare al miracolo, longevità compresa (siamo tra le venti e le trenta ore al massimo), ma, nel suo piccolo, la serie qualche passo avanti lo ha fatto.

– Maggiore libertà per il giocatore…

– Un JRPG scanzonato e rilassato

– Tridimensionale a tutto tondo

– …al prezzo di un ulteriore abbassamento del livello di difficoltà

– Doppiaggio inglese assai limitato

– Potrebbe alienare i fan di vecchia data

7.0

Sebbene i fan di vecchia data potrebbero non essere affatto d’accordo, mi sento di premiare il coraggio di Gust nell’aprire la sua serie anche ai neofiti e a quanti non gradivano le stringenti limitazioni temporali dei titoli precedenti: Atelier Shallie Alchemists of the Dusk Sea rappresenta senza dubbio il miglior episodio da cui iniziare per quanti non conoscano la serie.

Una trama davvero troppo sottile e un bassissimo livello di sfida continuano ad appesantire la produzione, ma è confortante vedere come il team di sviluppo non si stia sedendo sugli allori e cerchi piuttosto di migliorare il suo giocattolo, anche se solo un passo alla volta.

Voto Recensione di Atelier Shallie Alchemist of the Dusk Sea - Recensione


7