Capcom ha finalmente capito cosa farne di Ada Wong

In Separate Ways, Ada Wong è un personaggio molto migliore di quanto non fosse in origine. Anzi, ora è un personaggio vero.

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a cura di Valentino Cinefra

Staff Writer

Capcom sta facendo molto bene con le sue proprietà intellettuali negli ultimi anni, per una serie di motivi più o meno evidenti. Tralasciando le analisi più strette sui videogiochi che abbiamo fatto nelle recensioni degli ultimi Resident Evil, Devil May Cry, Monster Hunter, Street Fighter (e anche di Exoprimal che è l’eccezione che conferma la regola), il lavoro fatto da Capcom con i suoi franchise è totale e mai solo relegato unicamente al gameplay in senso stretto, ai sistemi di gioco o ai valori produttivi verticali.

Tra le cose che hanno reso più interessanti, moderni e appetibili per il pubblico in particolare i vecchi franchise c’è inevitabilmente il rinnovato character design dei personaggi che conoscevamo.

Tra questi il franchise di Resident Evil aveva bisogno di una rinfrescata, con personaggi esteticamente e caratterialmente figli del loro tempo che difficilmente possono essere riproposti 1:1 oggi.

Per fare un esempio, l’estetica di Jill Valentine in Resident Evil 3 è iconica e non mi sento di denigrare del tutto quel design. Però, riproporre oggi un’eroina d’azione vestita in quel modo non è molto credibile né oggettivamente coerente per quella che è la sensibilità del pubblico odierno dei videogiochi.

Per questo la Jill del recente remake (lo trovate su Amazon) è un personaggio che risulta molto più efficace, dal punto di vista estetico e caratteriale tra scrittura e scene in cui è coinvolta, e segue perfettamente il filone dei vecchi “nuovi” protagonisti della saga di Resident Evil. Tanto che l’iconico costume originale è comunque disponibile come extra e, in questa nuova rilettura, risulta comunque più credibile della mise originale.

A proposito di costumi, eroine d’azione e restyling, parliamo di Ada Wong.

Una Ada Wong per cui uccidere

Ada Wong è sempre stata l’archetipo della femme fatale all’interno della saga di Resident Evil. Prima dello scempio attuato con il sesto episodio, almeno. In quel turbine di storie di clonazioni, esperimenti genetici e deliri più o meno lucidi di Capcom nel cercare di dare un peso ad un personaggio che, diciamolo, non ha mai avuto un ruolo propriamente detto all’interno della storia.

Sappiamo bene che quella di Resident Evil non è mai stata una trama di chissà quale levatura, ma è stato comunque interessante per un periodo della storia videoludica vedere le vicende degli eroi ed eroine contro Albert Wesker, la Umbrella Corporation, e tutto quello che è arrivato fino ad un certo punto.

Ogni tanto è bene ricordarsi che i videogiochi possono anche raccontare semplicemente uno scontro di buoni contro i cattivi, in storie piene d’azione, pose plastiche e outfit più o meno proponibili.

Il quarto capitolo della saga è stato l’equivalente di un film di Steven Seagal, all’interno di un franchise che ha sempre omaggiato i monster movie di serie B. Tra una battuta ad effetto e l’altra, situazioni più o meno improponibili (sì, la statua gigante di Salazar ma non solo), Leon è l’archetipo dell’action hero hollywoodiano con al suo fianco Ada Wong, l'antieroina/interesse amoroso a metà tra l’archetipo da romanzi noir e disaster movie.

Ecco, il problema di Resident Evil 4 è che Ada Wong non si è mai allontanata da quell’immagine. Sicuramente non aiutava il vestito da sera con spacco inguinale, che mandò in brodo di giuggiole molti di noi all’epoca – va detto –, né il fatto che al personaggio non fosse mai stata costruita una caratterizzazione degna di questo nome.

Vista la rinnovata consapevolezza di Capcom verso Resident Evil e i suoi personaggi, Ada Wong ha seguito la stessa strada? Fortunatamente sì.
Nel titolo del 2004 l’agente fa la sua comparsata, ha un paio di battute ad effetto con Leon, una lievissima tensione erotica, e poi diventa la classica damigella in pericolo sul finale prima di lanciare il rituale lanciarazzi all’eroe di Resident Evil di turno.

Dopo il quarto capitolo Ada Wong è sostanzialmente scomparsa, per poi riapparire nel citato Resident Evil 6 in maniera totalmente da dimenticare. Nel Separate Ways originale, il DLC pubblicato a fianco della prima release di Resident Evil 4, Capcom non provò neppure per un attimo a caratterizzare il personaggio e finì per creare un’equivalente femminile di Leon.

Per questo sono stato fin da subito curioso verso il ritorno del ritorno di Ada Wong nel nuovo Separate Ways. In questa rinnovata consapevolezza dei suoi franchise e dei suoi personaggi, Capcom ha capito cosa farne di Ada Wong?

G.I. Ada

La risposta è , fortunatamente.

Perché al di là del fatto che si tratti di un DLC davvero molto buono (qui trovate la nostra recensione), Capcom ha fatto un ulteriore lavoro di cesellatura sulla già elegante e sinuosa Ada Wong.

La modifica più ovvia è quella dell’estetica, già vista in Resident Evil 4 ovviamente, che rende il personaggio finalmente credibile. Certo ci sono sempre gli stivaloni con il tacco, ma almeno si ha l’impressione che Ada possa davvero muoversi con facilità in quell’outfit, senza doversi preoccupare di incastrarsi in un lungo strascico e/o mostrare le pudenda ai ganados in ogni scontro.

Al di là dell’ovvio, la sorpresa è stata il modo in cui Capcom ha ricostruito la missione di Ada Wong anche dal punto di vista narrativo. Forse con l’obiettivo di spianare la strada ad un eventuale Resident Evil 5 Remake – che è sempre più probabile, a questo punto –, l’agente al servizio di Albert Wesker (molto più presente anche lui) ha la possibilità di mostrare finalmente un carattere.

Proprio il suo rapporto con il carismatico villain con gli inossidabili occhiali da sole è fonte, nonché la base, di quello che è un presente più corposo e un futuro con del potenziale per Ada.

Ada Wong, con quello che abbiamo visto in Separate Ways, è finalmente un personaggio completo.
Suggerendo anche una leggera tensione sessuale tra i due in almeno una scena, il modo in cui Ada Wong percepisce lentamente la malvagità delirante di Albert Wesker ora ha finalmente senso. L’agente non ha più un cinismo estremo fine a sé stesso, tanto che ad un certo punto finirà anche per mettere in dubbio la sua stessa missione con una progressione molto più coerente.

In questo senso la collaborazione con Luis, in precedenza solo accennata, viene ampliata e mostrata per intero con la stessa cura che finisce di riflesso per dare una nuova profondità e senso all’esistenza di Luis stesso.

Con quello che abbiamo visto in Separate Ways ora Ada Wong è finalmente un personaggio completo, e non più una cosa da infilare dove c’è Leon perché sì. Vedremo cosa ne farà Capcom in futuro, perché ora è facile immaginare degli spin-off autonomi oppure una integrazione maggiore nei futuri remake di Ada. Come Resident Evil 5 Remake che senza fare troppi spoiler, dopo il finale di Separate Ways è una possibilità sempre più reale, sebbene ben lontana dall’essere confermata.

Il lavoro con il discusso quinto capitolo sarà ancora più complesso perché già di suo non faceva che scimmiottare Resident Evil 4 in più di un’occasione.

Contestualmente c’è un trio di personaggi femminili con cui Capcom dovrà avere a che fare, forte della rinnovata consapevolezza di cui sopra: Excella Gionne, eccessiva e totalmente fuori posto in tutto; Sheva Alomar, primo tentativo già all’epoca di creare un personaggio femminile lontano dall’eccessiva sessualizzazione; proprio Jill Valentine, rediviva con un presupposto à la Frankestein decisamente strano.

Quella di Ada Wong era la prova più difficile, finora, ma adesso ci sono decisamente i presupposti per sperare di vedere dei personaggi femminili più interessanti a partire già da Resident Evil 5. Poi ci sarebbe anche quella storia del prendere a pugni i sassi, ma tempo al tempo.