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Recensione

Shellshock 2 - Blood Trails

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Avatar di Melkor

a cura di Melkor

Pubblicato il 27/03/2009 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

3

Prendete uno sparatutto in prima persona, rendetelo privo di qualsiasi elemento d’interesse ed originalità, sviluppatelo con una realizzazione tecnica ricolma di errori, aggiungete nemici dotati di scarsa intelligenza artificiale e rendete il gameplay noioso e poco coinvolgente. Ecco che avrete ottenuto Shellshock 2: Blood Trails. Non vorremmo lanciarci in un giudizio così severo ancor prima di aver approfondito nel dettaglio i perché di questo “dramma” videoludico, ma come avrete modo di leggere a breve, gli aspetti positivi tenderanno irrimediabilmente a sparire se confrontati con le tante (troppe) pecche di un prodotto che era stato presentato con un buon potenziale e che oggi invece appare ben lontano non soltanto dalle aspettative di tutti, ma enormemente al di sotto degli standard raggiunti dall’attuale generazione di console. Siete pronti a tuffarvi nell’incubo?

Good…night Vietnam?!Come ogni fps che si rispetti, anche in questo caso la struttura narrativa non rappresenta che il solito pretesto per inscenare una cruenta scia di sangue e devastazione. Interessante notare però come, almeno a livello di idee, gli sviluppatori abbiamo deciso d’introdurre una piccola variante. Tutto ha inizio in Vietnam, nel bel mezzo del noto contesto bellico più volte rappresentato da diversi altri giochi simili. Un velivolo dell’esercito aereo americano che sta trasportando del materiale top secret chiamato in codice Whiteknight ha un incidente mentre sorvola un’area prossima al luogo degli scontri tra i due schieramenti e precipita nella giungla della Cambogia. Per non lasciare che il prezioso carico possa finire in mani ostili, una squadra delle forze speciali parte verso il relitto, ma ogni membro sparisce per non far più ritorno al punto di contatto. La vicenda si sposta ad un mese di distanza, quando inaspettatamente l’unico sopravvissuto, il sergente Caleb Walker, emerge dalla giungla portando con sé i segni di un orrore che non é in grado di descrivere ma che gli ha lasciato dentro terrore ed angoscia, trasformandolo in uomo privo della ragione, che purtroppo non tornerà da solo… Mentre accadono questi avvenimenti farete la conoscenza con il giovane fratello di Cal, chiamato Nate, anch’esso intenzionato a far luce sul mistero di tale cambiamento e che avrà il compito di scoprire cosa si nasconde dietro al progetto Whiteknight. Sarebbe inopportuno svelarvi ulteriori elementi di una storia che comunque, per quanto breve e solo inizialmente ben ispirata, merita di essere almeno scoperta con le poche sorprese che ha da offrire, pertanto con il racconto ci fermiamo qui. Come potrete intuire, ciò che avverrà fin dalle prime fasi sarà un progressivo contatto con esseri che di umano avranno ben poco, a causa del misterioso contagio che, alterandone l’istinto e la forza, li trasformerà in veri e propri mostri dotati di ben poco intelletto, ma letteralmente desiderosi di cibarsi di chiunque gli capiti a tiro. Nel corso dei vari livelli quindi, oltre ai Vietcong vi troverete a dover uccidere decine di questi personaggi infetti, che potranno far parte non soltando di entrambi gli schieramenti, ma essere addirittura dei poveri civili finiti al centro del problema senza nessuna colpa. Tutto ciò potrebbe apparire come un elemento interessante e ricco di numerosi sviluppi a livello di approccio al gioco, ma al contrario di quanto si possa pensare fin dai primi minuti vi renderete conto di quanto il gioco sia carente a livello di longevità, limitando l’esperienza ludica ben oltre standard apprezzabili. Pensate soltanto che per completare ognuno dei dieci capitoli presenti non occorre più di venti minuti al massimo e questo porta conseguentemente ad una durate totale di neanche quattro ore, una fattore sicuramente intollerabile per un titolo che, come vedremo successivamente, non presenta alcuna modalità online.

Shock di nome e di fattoQuello che viene alla luce dopo una analisi approfondita di Shellshock 2 è sicuramente uno sviluppo fin troppo scialbo e povero di elementi che potevano in qualche modo avvicinare questo fps ai più imponenti fratelli maggiori quali, giusto per citarne due, Killzone 2 ed Halo 3. L’unica modalità di gioco presente, come detto in precedenza, è quella in single player e l’estrema facilità con la quale supererete i livelli può essere definita sconcertante. Checkpoint presenti quasi ogni minuto e ambienti strutturati fin troppo linearmente sono solo due dei fattori che renderanno frustrante la vostra missione in Vietnam. La vera ciliegina della torta è tuttavia l’intelligenza artificiale dei nemici,soprattutto degli zombies, i quali il più delle volte invece che venirvi contro attuando almeno un approccio offensivo degno di contromisure adeguate inizieranno a camminare contro un muro o in direzioni al di fuori di qualsiasi senso logico, che in ogni caso vi permetteranno di prendere facilmente la mira per un headshot ben assestato. Le armi a disposizione sono tutte realmente esistenti, rientrano nella norma per gli standard del genere fps, soprattutto per il contesto bellico del Vietnam e se questo non può sicuramente essere definito come un vero e proprio difetto, alla lunga si sente la mancanza di un po’ d’originalità in grado di poter combattere utilizzando elementi meno scontati. Per fare qualche esempio, si parte dalla semplice pistola al mitragliatore leggero, per poi passare al fucile a pompa, a mitragliatrici pesanti, fucili di precisione ed infine l’immancabile lanciarazzi. Nel caso in cui i vostri “amici” volessero salutarvi da vicino avrete a disposizione coltelli e maceti, mentre di tanto in tanto avrete accesso ad una postazione mitragliatrice fissa davvero utile in occasione degli assalti più energici. Durante la vostra avventura saranno presenti anche alcuni Quick Time Event che purtroppo si rivelano fin da subito poveri di stimoli e poco coinvolgenti. Le dinamiche che porteranno a questi eventi si riducono infatti a poche tipologie quali ad esempio il superamento di un muro oppure dovrete il sottrarsi all’attacco ravvicinato di uno zombie (se mai il nemico dovesse riuscire ad avvicinarsi tanto a voi), in cui dovrete semplicemente premere il pulsante corretto nel momento richiesto per passare all’azione successiva. Tutto ciò partecipa nel rendere Shellshock 2 una vera delusione dal punto di vista del gameplay, ed é un vero peccato in quanto l’idea di fondo poteva essere sicuramente sfruttata in maniera più vincente, realizzando un prodotto almeno divertente ed appagante.

Adoro l’odore del napalm al mattino…L’inno alla disfatta che corona Shellshock 2 non poteva che essere la realizzazione tecnica, che ha ben poco a vedere con la cosiddetta next gen. La struttura dei livelli come anche i modelli poligonali dei personaggi risultano anonimi e realizzati con un design approssimativo e per certi versi molto grezzo, soprattutto a livello di animazioni ma anche a livello di textures, mentre la palette di colori è alquanto limitata. Siamo d’accordo che le tinte scure sono l’ideale per trasmettere la sensazione di tensione e paura, ma pur avvalendosi di una torcia per illuminare alcune zone, l’effetto ombre è decisalmente mal realizzato. Anche gli effetti di luce non sono degni di nota ed il risultato è una sensazione di sterilità che purtroppo rappresenta la goccia che fa traboccare il vaso.Unico aspetto a tratti positivo è il comparto sonoro, che grazie ad un doppiaggio italiano di discreto livello riesce a farsi valere all’interno di un contesto generale decisamente scarso di qualità. Gli effetti sonori e le musiche invece cercano di ricreare una atmosfera di tensione che per fortuna almeno per qualche minuto appare in grado di catturare la vostra attenzione. Il sistema di controllo è sostanzalmente una versione standarizzata di quanto utilizzato in centinaia di altri fps e se per sparare dovrete utilizzare il tasto dorsale destro, il sinistro servirà a mirare i nemici. Gli altri pulsanti del joypad sono invece delegati alle altre funzioni di ricarica quali ad esempio il lancio della granata, mentre con il D-pad avrete accesso alla funzione di cambio di arma, sicuramente utile durante l’azione. E’ anche possibile utilizzare una sorta di torcia per illuminare le zone più scure dell’ambiente.Come descritto in precedenza, l’unico aspetto che avrebbe potuto in qualche modo migliorare la valutazione complessiva sarebbe stato l’introduzione di una modalità multiplayer online, unica salvezza ai problemi di longevità ed in generale ad un single player fin troppo banale e facile. Sfortunatamente però salvo l’introduzione di contenuti aggiuntivi (ipotesi alquanto improbabile) sarete costretti ad affrontare l’avventura in solitario anche se ben presto riuscirete ad uscire dall’incubo della guerra, in un modo o nell’altro. Tirando le somme il risultato finale è ben al di sotto delle aspettative e contribuisce a rendere il gioco come il peggiore mai apparso su console di nuova generazione, sconsigliandone l’acquisto a tutti coloro che in un prodotto videoludico cercano sfida, divertimento e complessità.

– Buon comparto audio

– Longevità inesistente

– Estremamente facile e intelligenza artificiale ridicola

– Tecnicamente lontano dagli standard della PS3

3.0

Shellshock 2 è un titolo mediocre sotto ogni punto di vista. L’estrema semplicità del gameplay è accompagnata da uno sviluppo tecnico che ha ben poco da dire. Finire in cinque ore un titolo che non presenta alcuna modalità extra può essere per molti un investimento avventato e sicuramente di fps migliori in circolazioni ce ne sono fin troppi. Unico aspetto positivo è la localizzazione in italiano, ma è comunque un granello di sabbia in un deserto di banalità e povertà di contenuti. Sconfitto come fps e battuto come genere horror il consiglio è di passare oltre e magari affrontare avventure di maggiore spessore, come ad esempio la saga di Fear. Meglio stare lontani dal Vietnam, il nemico in questo caso è il gioco stesso.

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