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King's Quest

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Avatar di LoreSka

a cura di LoreSka

Pubblicato il 20/03/2015 alle 00:00
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San Francisco – Con il ritorno del marchio Sierra, chi non è di primo pelo ha versato lacrime di gioia. In realtà il ritorno di questo storico marchio è solo simbolico, dato che l’azienda fu assorbita nel 2008 e ricostituita nel 2014, sempre sotto la guida di Activision Blizzard. In ogni caso, vedere un gioco che si apre con il mitico logo con la montagna ci porta alla mente tanti ricordi, che riecheggiano i nomi di Gabriel Knight, SWAT, Caesar e, naturalmente, King’s Quest.
L’avventura grafica creata da Roberta Williams risale al 1983, ed è costituita da otto capitoli usciti nel corso di quindici anni. Dal lontano 1998 (e in seguito al declino delle avventure grafiche sancito dall’esplosione delle console degli anni Novanta), questa serie è stata abbandonata assieme a tante altre. Così, il vecchio Graham da diciassette lunghi anni siede sul suo trono senza fare nulla, nonostante i tentativi di rianimazione da parte di Vivendi, Silicon Knights e persino di Telltale. Per nostra fortuna, il ritorno di Sierra e il particolare periodo storico che stiamo vivendo – che sembra premiare il ritorno di grandi classici del passato – hanno permesso la rinascita di questo franchise. La serie tornerà in un nuovo capitolo che promette di rilanciare la saga e che, come spesso si confà ai reboot, prenderà il nome di King’s Quest e che sarà rilasciato in forma episodica.
Lunga vita al re
Gli sceneggiatori hanno tenuto conto di tutto il tempo passato, optando per una storia che torna indietro nel tempo e racconta la storia di Graham sin dalle sue origini. La formula scelta è quella del lungo flashback, attivato dal racconto di un nonno alla propria nipotina. Il vecchio narratore è Graham, ormai divenuto re di Daventry e al tramonto della propria vita. Il suo racconto è pieno di ricordi a volte confusi, a volte esagerati che hanno permesso al team di sviluppo di studiare un sistema per palesare la trama che ci ricorda, a tratti, quanto visto in giochi come Bastion o in The Stanley Parable. La narrazione, infatti, avviene con una voce fuori campo che commenta le nostre azioni, e che ironizza sui nostri errori. Se, ad esempio, si sceglie il percorso sbagliato e si muore, la voce nel momento del game over ironizza dicendo: “…e questo è quanto sarebbe accaduto se avessi scelto la strada di sinistra”. La leggerezza con cui viene raccontato ciò che accade sembra molto azzeccata, e ben si addice al tono ironico di un nonno che racconta le sue gesta ricordando i tempi che furono e sdrammatizzando i momenti più seri. Nonostante Roberta Williams non sia più al timone dell’avventura, il lavoro di scrittura ci sembra buono e siamo davvero curiosi di scoprire in che modo l’avventura progredirà.
Linearità non lineare
Dal lato del gameplay, King’s Quest prevede un impianto piuttosto classico, ma adattato assai bene al controller. Parliamo di un punta e clicca senza puntatore, in cui è sufficiente avvicinarsi a un oggetto per interagirvi. Tutti gli enigmi si basano sull’utilizzo di oggetti o sulla combinazione di essi, e il pensiero laterale presente in molte avventure uscite tra gli anni Ottanta e Novanta lascia qui il posto a una logica più diretta. Questo non significa che King’s Quest si sbarazzi completamente degli elementi assurdi che hanno da sempre caratterizzato la serie: alcuni enigmi richiedono sequenze piuttosto complesse, che si risolvono spesso in maniere volutamente troppo complicate, al fine di creare un effetto comico al momento del climax. Ad esempio, per oltrepassare un fiume (in una sequenza che cita il primo King’s Quest) siamo passati dall’abbattere un albero allo scoccare delle frecce, fino a distrarre un gruppo di guardie e costruire una zattera improvvisata. Il tutto per poi scoprire che, in realtà, il fiume poteva essere guadato da alcune pietre a pelo d’acqua. L’idea è quella di dipingere Graham come “uno sfigato qualunque”, meno forte, intelligente, bello e carismatico di tanti eroi col mascellone, ma forte di una costanza (e pazienza) tale da permettergli di superare ogni sfida. E noi giocatori, alle prese con gli enigmi, finiamo inevitabilmente per volergli bene.
La storia non procede in maniera totalmente lineare, e il racconto del nostro vecchio re sembra modificarsi a seconda di alcune scelte compiute dal giocatore. Nel corso del primo episodio, ad esempio, avremo a che fare con un drago dormiente, intrappolato in una caverna. Dopo averlo distratto con un pezzo di carne consegnato attraverso un marchingegno da riattivare, infatti, avremo la possibilità di liberarlo o lasciarlo incatenato nella sua grotta. La scelta avrà delle ripercussioni sulla storia, e potrebbe modificare alcuni eventi nei capitoli successivi, tra cui il finale. Non parliamo di un gioco propriamente “a bivi”, ma va riconosciuta la presenza di alcuni elementi che potrebbero modificare l’esperienza di gioco, in quanto il racconto di Graham può influenzare il comportamento della nipote, la quale si troverà presto impegnata in un torneo. È facile capire quali saranno le ripercussioni morali delle nostre scelte, e il ruolo di “educatore” affidato al nonno Graham ci intriga.
Ma che bel mantello
Il gioco è stato realizzato con uno stile grafico equilibrato, che mescola personaggi in stile cel shading 3D con fondali che paiono dipinti a mano, il tutto senza complicare troppo i modelli tridimensionali. Ci troviamo di fronte a un’opera non troppo appariscente da un punto di vista grafico, una scelta che ha permesso certamente di contenere i costi del progetto ma che, grazie a una direzione artistica encomiabile, riesce a mascherare molte lacune. Il lavoro sulle animazioni è encomiabile, e va segnalata l’applicazione di una fisica davvero realistica al mantello di Graham, che volteggia per l’aria ad ogni nostro movimento. Le variazioni negli ambienti sono piuttosto marcate, e ad ogni scorcio offerto dalle inquadrature a telecamera fissa ci siamo fermati ad ammirare alcuni semplici ma efficaci dettagli.

– Sceneggiatura rispettosa del canone

– Personaggi azzeccati e sopra le righe

– Ottimo stile artistico

Siamo davvero felici del ritorno di King’s Quest. Quest’opera al primo sguardo sembra rispettosa del canone e dei materiali di Roberta Williams. La sceneggiatura, benché non firmata dall’autrice originale, permette una commistione di elementi nuovi e di amarcord che i fan della saga probabilmente apprezzeranno. Da un punto di vista tecnico, nonostante i bassi costi di sviluppo, il gioco è intrigante e siamo davvero curiosi di vedere come sarà una volta che verranno ultimati tutti i lavori sul doppiaggio e sulle musiche. Per il momento, ci possiamo ritenere soddisfatti: King’s Quest sta per tornare.

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