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Recensione

Zero Escape: Zero Time Dilemma

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Avatar di Gianluca Arena

a cura di Gianluca Arena

Editor

Pubblicato il 04/07/2016 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

8

Un sospiro di sollievo. Ecco cosa abbiamo fatto quando abbiamo saputo che non solo il terzo capitolo della serie Zero Escape sarebbe stato realizzato, ma che, addirittura, sarebbe arrivato in occidente con un paio di giorni d’anticipo rispetto al paese del Sol Levante.
Sì, perché i capitoli precedenti, che trovate entrambi recensiti sulle nostre pagine (uno per DS, l’altro per 3DS e Vita) rappresentano, ad oggi, due tra gli esperimenti narrativi più riusciti e brillanti del panorama videoludico, con cast di personaggi rimasti nel cuore dei giocatori e dei puzzle logici che obbligarono molti a spremersi le meningi.
Per molti versi, Kotaro Uchikoshi, geniale creatore della serie, si è superato con questo Zero Time Dilemma, uscito da pochissimo sia sulla console portatile Nintendo sia su quella Sony, versione da noi recensita.
Decision Game
E così, dopo essere usciti indenni (più o meno) dal Nonary Game del primo, indimenticabile episodio, ed aver sofferto le pene dell’inferno durante le prove del secondo, denominato Ambidex Game, adesso i malcapitati protagonisti (quattro dei quali sono vecchie conoscenze per gli appassionati del franchise) si troveranno a fronteggiare il Decision Game, un’altra diabolica macchinazione del nuovo Zero, che si fa chiamare “Second Zero” e veste una sempre inquietante divisa da dottore della peste.
Siccome lo spoiler è sempre dietro l’angolo, e, come vedremo, il gioco stesso commette delle leggerezze in questo senso, ci limiteremo a dirvi che nove umani sono rinchiusi in un rifugio antiatomico, isolati dal resto del mondo che, però, non sembra passarsela meglio di loro, se è vero che un misterioso virus sta decimando la razza umana.
Il bunker è diviso in tre sezioni, ognuna delle quali contiene un team composto da tre personaggi: sei di questi dovranno perire, perché alla morte di ognuno, Zero rivelerà una delle password necessarie ad aprire l’enorme porta blindata che conduce in superficie, unica via d’uscita.
Il nome che lo squilibrato sequestratore ha dato al suo nuovo gioco non è casuale: oltre a risolvere dei puzzle partoriti dalla mente di uno psicolabile, i protagonisti saranno chiamati a votare, in maniera ironicamente democratica, per uno degli altri due gruppi affinché questi vengano giustiziati, così da dare loro accesso alle password.
Come se tutto questo non bastasse, ad intervalli regolari, Zero inietta nei suoi topi da laboratorio una potente droga, che ne causa la perdita della memoria, azzerando i progressi fatti fino a quel momento e i rapporti formatisi tra compagni di sventura.
Come e forse più dei titoli che lo hanno preceduto, Zero Time Dilemma si sofferma sulla natura umana, sui dubbi, le paure e le piccolezze della nostra razza, sul senso di compassione, su quello di colpa, sulla fiducia e sulla paranoia.
Lo fa spingendo il piede sull’acceleratore in maniera decisa in alcuni momenti, abbandonandosi a frangenti horror e perfino splatter, e rallentando vistosamente in altri, dove invece dialoghi pregni di ansia e disperazione accompagnano l’incedere della trama.
Al di là dei gusti personali, che potrebbero far preferire uno dei due prequel, la profondità narrativa e la caratterizzazione dei personaggi sono di altissimo livello, e rappresentano sicuramente il fiore all’occhiello della produzione.
Roulette giapponese
Quel po’ di gameplay puro presente in Zero Time Dilemma non si discosta in maniera significativa da quanto visto nei primi due capitoli, soprattutto nel secondo: le escape room consistono in una serie di puzzle generalmente ben congegnati, dalla difficoltà che varia da “fattibile” a ”impegnativo”, con un paio di fastidiose eccezioni.
Se, infatti, la grande maggioranza delle sessioni di puzzle comporta ragionamenti sensati, che portano a risultati plausibili, un paio di questi (uno in particolare) hanno invece richiesto un blando e poco edificante ricorso al trial and error per essere risolti, con il risultato che, anche dopo aver visionato quasi tutti i finali disponibili, continuiamo a chiederci cosa quel particolare enigma richiedesse di fare.
Al di fuori di questi momenti, comunque, l’ultima fatica di Uchikoshi-san si dimostra in linea con la buona qualità che aveva caratterizzato anche i primi due capitoli, e chiama il giocatore a mettere in gioco le sue capacità in ambito matematico, logico, mnemonico, premiando il ragionamento e la capacità deduttiva.
Le fasi di interazione pura, nel senso più letterale del termine, finiscono qui, ma la vera sfida consiste nel risolvere il puzzle più grande di tutti, ovvero ricomporre la linea temporale degli eventi del gioco, che sono affrontabili in qualsiasi ordine: grazie ad un flowchart chiaro, che aiuta il giocatore a tenere d’occhio tutte le ramificazioni narrative possibili, solo dopo una quindicina di ore di gioco si potrà iniziare a dare un senso compiuto all’opera nel suo complesso, rimettendo insieme i pezzi del puzzle come si farebbe con un Ravensburger da duemila tessere.
La vera sfida è quindi rappresentata dal riavvolgere il nastro e comprendere tutti i risvolti della trama, assai meno lineare, nel suo sviluppo, delle due che l’hanno preceduta: questa formula, che può spiazzare inizialmente il giocatore proveniente da Virtue’s Last Reward, si rivela invece, a conti fatti, una trovata brillante degna del suo creatore.
Purtroppo non lo è altrettanto un’altra scelta di design discutibile, della quale è importante mettere al corrente soprattutto quelli che volessero avvicinarsi a questa gustosa trilogia solo adesso: in diversi punti di Zero Time Dilemma sono presenti degli spoiler piuttosto consistenti che riguardano tanto alcuni punti chiave della storia del primo capitolo quanto quelli del secondo.
Se da un lato è normale che i tre giochi siano collegati tra loro, complici i personaggi comuni e alcune rivelazioni inevitabili, abbiamo trovato che altre potessero essere tenute nascoste, senza dare troppo per scontato che l’utente avesse già giocato (e portato a termine) sia 999 sia Virtue’s Last Reward.
Inutile dire che, alla luce di questa situazione, recuperare le prime due parti di questa trilogia (ma sarà davvero tale…?) prima di dedicarsi a Zero Time Dilemma diviene un esercizio fondamentale.
Manichini allo sbaraglio
C’è anche un’altra scelta che ci ha convinto poco, ma che, va detto, attiene molto anche ai gusti personali, ovvero quella di passare da una rappresentazione tipicamente da visual novel, con talking heads e bubbles, ad una interamente tridimensionale, che porta avanti la narrazione utilizzando i modelli poligonali dei personaggi impegnati in cutscene con il motore del gioco.
La scelta, a monte, è stata fatta per aggiungere spettacolarità e rendere le sequenze il più possibile cinematiche, ma i risultati sono a dir poco deludenti, tra espressioni facciali completamente inespressive, animazioni legnose e movimenti innaturali.
Sulla carta, dunque, questa decisione avrebbe anche potuto pagare, perché vedere due disperati che si fronteggiano, l’uno con un’arma da taglio e l’altra con una motosega accesa, coinvolge molto di più rispetto ad una descrizione testuale della stessa scena, ma, date le limitazioni di budget cui il team era evidentemente sottoposto, probabilmente si è finito con il fare il classico passo più lungo della gamba.
Il resto del pacchetto convince appieno, invece: la durata complessiva si attesta tra le quindici e le venti ore abbondanti, a seconda di quanto tempo impiegherete a risolvere i puzzle più improbi e di quanti finali vorrete svelare, e la colonna sonora, silente per buona parte del tempo, quando si fa sentire lo fa in maniera prorompente, aumentando il pathos e la sensazione di pericolo e di claustrofobia.

– Struttura narrativa brillante

– Personaggi molto ben caratterizzati

– Uno spaccato dell’animo umano

– Tantissimi finali

– Non ha paura di trattare temi scomodi

– Un paio di puzzle ottusi

– Qualche spoiler di troppo

– Rappresentazione poligonale povera

8.0

Al netto di un paio di scelte di game design che abbiamo fatto fatica a digerire, Zero Escape Zero Time Dilemma rappresenta la degna conclusione di una trilogia tra le più malate, brillanti e innovative del panorama videoludico recente, che ha vincolato le sue fortune al formato portatile e che rimane uno dei motivi più validi per recuperare un 3DS o una PSVita.

Imperdibile se avete interesse per le visual novel ben scritte ma molto valido anche solo se cercate dei puzzle logici che sappiano mettere alla prova la vostra materia grigia, questo prodotto saprà rapirvi e tenervi incollati al piccolo schermo fino alla conclusione, ammesso che ve ne sia davvero una.

Assicuratevi solo di mettere le mani sui primi due episodi (con il primo un po’ più difficile da reperire) prima di avventurarvi in questo nuovo incubo firmato da Kotaro Uchikoshi.

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