System Shock 2

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a cura di Plinious

Nel lontano 1999 usciva un gioco destinato a lasciare il segno, in tutti i sensi: System Shock 2. Un gioco che oggi vogliamo omaggiare con questa retrospettiva.
Nel panorama di fine anni ’90, in un momento cui la supremazia del PC come macchina da gaming era indiscussa, System Shock 2 impose nuovi standard e influenzò tantissimi titoli della decade successiva. System Shock 2 è stato l’opera maestra dei Looking Glass Studios, già reduci da giochi che hanno fatto la storia quali Thief e Ultima Underworld. Insomma, non proprio robetta da niente. E d’altronde non certo per una botta di fortuna: nel 1998 la software house era capitanata dai tali Ken Levine e Warren Spector. Quest’ultimo nel 2001 avrebbe dato i natali a Deus Ex con lo studio Ion Storm, mentre Levine con Irrational Games avrebbe poi creato Bioshock e Bioshock: Infinite, eredi spirituali di System Shock (secondo voi da dove viene la “modalità 1999” di Infinite?). Insomma, un vero e proprio dream team dei videogiochi.
Eppure, paradossalmente System Shock 2 fu il penultimo titolo di Looking Glass Studios, seguito da Thief 2: The Metal Age. Alle lodi della critica infatti non seguì un successo di pubblico altrettanto clamoroso, e la casa andò in bancarotta per via dei debiti accumulati. Una situazione su cui ci sarebbe molto da riflettere, ma mettiamo l’amarezza da parte per un un po’ e vediamo cosa può ancora offrire il titolo in questione al gamer di oggi.
Welcome aboard, Soldier
System Shock 2 inizia nel 2114, in un periodo di nuove scoperte e grande progresso per l’umanità, ed è ambientato sulla Von Braun, la prima nave spaziale capace di superare la velocità della luce, nel suo viaggio inaugurale. Il nostro avatar è un soldato senza nome che, dopo tre anni di addestramento (i quali fungono da tutorial e consentono di scegliere in quali branche specializzarsi), viene dotato di impianti cibernetici ed entra a far parte del personale della nave. Costruita dalla TriOptimum, la Von Braun è un concentrato di scienza e tecnologia diretta verso l’ignoto, una specie di Titanic dello spazio (con cui condividerà anche la sorte). Non ci vuole infatti molto per capire che qualcosa è andato storto: veniamo bruscamente svegliati dal sonno criogenico per sapere che, mentre passava vicino al pianeta Tau Ceti V, l’astronave è stata intercettata da un’entità sconosciuta e la sicurezza seriamente compromessa. Inizia così la nostra avventura all’interno della Von Braun, mossi dall’istinto di sopravvivenza oltre che dalla volontà di capire cosa sia realmente successo. Ad aggiungere pepe alla situazione subentra la capacità del protagonista di vedere i fantasmi dei membri della nave prima dell’infausto incidente. Come inizio sarebbe già abbastanza “shock”, ma la situazione andrà peggiorando: basteranno pochi minuti per scoprire che la Von Braun è stata attaccata da una famiglia di organismi di parassiti nota come Many, che ha riempito la nave di uova pronte a schiudersi e infettato la maggior parte dell’equipaggio riducendolo alla stregua di zombie. E, giusto per non farsi mancare niente, presto farà la sua comparsa SHODAN, un’avanzata intelligenza artificiale concepita anni prima sulla Cittadella (stazione spaziale in cui è ambientato il primo System Shock) e vogliosa di guadagnare il controllo totale della nave.
Insomma, come avete capito buona parte della peculiarità del titolo risiede proprio nella trama, originale e spiazzante come poche. Il protagonista (e il giocatore con lui) si trova continuamente costretto a interrogarsi sulle sue certezze e su chi sia l’artefice del disastro. Già, proprio l’identità del “cattivo”, che negli FPS corrisponde quasi sempre a un personaggio preciso e inequivocabilmente malvagio, in System Shock 2 assume tratti quasi esistenziali, trovando una possibile interpretazione (che comunque non annulla i dubbi) solo nella parte finale del gioco. Certo, tutti riconoscono in SHODAN il villain principale di System Shock, ma la realtà è più ambigua: la figura antagonista, infatti, è una e trina, nella misura in cui il giocatore si trova a dover combattere contro tre entità differenti e rivali tra loro. Tre villain così diversi ma così simili nel perseguire i loro obiettivi a ogni costo, anche del sacrificio di vite umane: Xerxes, il computer centrale della Von Braun, il cervello elettronico che mira a difenderne il personale (pur se infetto) e ad eliminare qualsiasi intruso possa minacciarne l’efficienza. Many, il virus alieno che si espande a macchia d’olio con le sue uova, che si è evoluto e ribellato al giogo del suo creatore (SHODAN stessa) e che vede nell’unità della specie e nella comunione della carne l’ideale più grande al fine di creare un alveare di creature organiche connesse. E ovviamente SHODAN, l’IA che ottiene potere muovendo i fili dall’alto come un burattinaio e manipolando le menti dell’equipaggio dell’astronave per convincerli ad obbedire ai suoi ordini. SHODAN non è soltanto un supercomputer con manie di grandezza, bensì un’entità capace di interagire con gli esseri umani usando a proprio vantaggio l’antica arte della persuasione. Oggi siamo abituati a questo e altro, ma a suo tempo System Shock 2 è stato forse il primo videogioco in cui il giocatore veniva ingannato durante lo svolgersi dell’avventura.
Xerxes, Many e SHODAN costituiscono dunque un terzetto memorabile su cui si innesta un intreccio machiavellico, con l’aggiunta di alcuni notevoli colpi di scena.
You served me well, insect
Tuttavia un videogioco, come sappiamo, oltre a una trama affascinante deve mostrare un gameplay solido, e System Shock 2 non fallisce nell’intento. In un’epoca in cui la contaminazione tra generi era ancora rara il gioco forniva uno dei più alti esempi di ibridazione. Sparatutto in prima persona, gioco di ruolo, survival horror: System Shock 2 è questo e molto di più. La visuale in soggettiva con mirino al centro dello schermo fa pensare a un normale FPS, ma il titolo sfodera presto gli artigli: il gameplay incorpora numerosi elementi RPG come l’inventario, la scelta delle statistiche e dei tratti, la gestione delle armi (che senza manutenzione tendono a incepparsi e rompersi) e delle munizioni da usare (con effetti diversi su ogni nemico), nonché la possibilità di usare moduli cibernetici (l’equivalente dei punti XP) per upgradare le proprie abilità tecniche, psioniche o di combattimento. Le armi stesse richiedono dei requisiti minimi per essere usate, così come i terminali un certo grado di competenza in hacking per essere violati.
Qui subentra anche l’impronta survival-stealth del gioco: la difficoltà è tarata verso l’alto e l’approccio frontale è fortemente sconsigliato sia per la rarità delle munizioni, in particolare all’inizio, sia perchè saremo sempre in inferiorità numerica rispetto ai vari mostri. Siamo soli in un ambiente a noi ostile e per questo bisogna agire con discretezza: aggirare le torrette e disattivare le telecamere di sorveglianza è fondamentale per non far scattare l’allarme e trovarsi contro un’orda di infetti. L’esplorazione della nave è importante non solo per andare avanti nella trama, ma anche per scoprire aree segrete con medicinali o armi e trovare registrazioni audio che descrivono gli eventi accaduti e il rapporto tra i vari membri dell’equipaggio. A tal proposito interviene un level design eccezionale e ramificato come tipico dei grandi videogame di una volta: quasi tutto il gioco è ambientato all’interno dell’enorme astronave, con tanti piani collegati e un’estensione tale da rivaleggiare con uno Star Destroyer di Star Wars. I livelli si sviluppano in orizzontale e in verticale tramite l’uso di ascensori, scorciatoie e passaggi nascosti.
Il ritmo è ragionato ma, al tempo stesso, non concede tregua. Avete presente quel momento di un gioco in cui, dopo aver ripulito l’area dai nemici, vi fermate tranquillamente a mettere ordine nell’inventario o a guardare le abilità da potenziare? Bene, scordatevelo. System Shock 2 presenta infatti un sistema di respawn dinamico, facendo così in modo che un mostro possa respawnare in una zona che credevate ormai pulita. Questa simpaticissima carognata degli sviluppatori, oltre a causare tanti salti sulla sedia, contribuisce a costruire una sensazione di tensione costante.
What is it like to be afraid?
Se System Shock 2 è un’esperienza immersiva e difficilmente dimenticabile, gran parte del merito va all’atmosfera che lo permea. Lo spirito horror è palpabile in ogni momento: esplorando la Von Braun vedremo scritte di sangue sui muri, troveremo i cadaveri dei membri dell’equipaggio riversi sul pavimento, irrigiditi in smorfie di terrore o con il corpo orrendamente mutilato, e i lugubri rumori dell’astronave entreranno nella nostra mente almeno quanto le assurde dichiarazioni di SHODAN.
Per tutto il gioco si ha l’impressione di essere una preda, cacciata e seviziata da un nemico senza volto. E, come in tutti i grandi horror, l’attesa del nemico incute più paura dello scontro stesso. Merito anche di un comparto sonoro incredibilmente angosciante, che consente di sentire i passi degli infetti mentre si avvicinano e le loro urla di follia. Solo che, mentre la quasi totalità degli horror game cercano di trasmettere paura al giocatore facendo (ab)uso di luoghi bui e immersi nell’oscurità, System Shock riesce ad inquietare nel profondo pur presentando un ambiente perfettamente illuminato come i freddi corridoi della Von Braun, impresa sensibilmente più ardua.
La longevità è quella tipica degli FPS vecchia scuola, il che significa almeno una buona ventina di ore per finire il primo playthrough (sempre che non stiate giocando alla difficoltà Impossibile, nel qual caso condoglianze vivissime). Infine è anche presente una modalità multiplayer che permette fino a quattro utenti di giocare in coop.
Graficamente il titolo appare inevitabilmente vetusto, vista l’evoluzione tecnica a cui sono andati incontro i videogiochi (e gli sparatutto in particolare) negli ultimi quindici anni. Lo stile non ne ha però risentito, e anzi il design di ambienti e personaggi trasuda una forte personalità cyberpunk.
Sul web comunque girano diverse mod grafiche per il gioco, tra cui ci sentiamo di consigliare SHTUP che sostituisce le vecchie texture degli oggetti con delle nuove in HD. Dal canto nostro abbiamo tuttavia preferito giocare il titolo base senza modifica alcuna, per una massima fedeltà all’opera originale.
What SHODAN gives, SHODAN can also take away
In chiusura vogliamo tornare a parlare proprio di Looking Glass Studios. Pioniera nello sviluppo dei giochi per PC, la maledizione di questa casa è stata quella di realizzare titoli complessi e profondi e, per questo, molto di nicchia per un’industria relativamente giovane quale era quella dei videogiochi a fine anni ’90. Possiamo dire senza timore di essere smentiti che Looking Glass Studios precorreva i tempi e non è stata apprezzata quanto avrebbe meritato. La chiusura di un team così talentuoso e dai progetti così innovativi è stata una sconfitta per il mondo videoludico, ma da ogni sconfitta si può estrarre un insegnamento. La speranza è che oggi la maturazione del pubblico, nonché del medium videoludico stesso, abbia portato ad apprezzare anche titoli più sfaccettati e ricchi di suggestioni come System Shock 2 ha insegnato. In questo senso, il successo della serie Bioshock e di Deus Ex: Human Revolution nella scorsa generazione fanno ben sperare. Ma, come si suol dire, questa è un’altra storia.

Cos’è stato a fare di System Shock 2 un gioco di culto? Sicuramente tante cose assieme, ma ciò che rende un capolavoro tale è la perfetta alchimia con cui tutti gli aspetti si intrecciano per creare un’unica visione. Nel caso di System Shock 2, mirabile esempio di sintesi tra narrativa, giocabilità e atmosfera, l’originale ambientazione sci-fi horror si declina in un level design magistrale accompagnato da un gameplay a metà strada tra FPS e RPG, per dar vita a un titolo longevo e ricco di sfumature. Quasi un manuale del cyberpunk, System Shock 2 è un gioco che richiede nervi saldi, mira precisa e una buona dose di materia grigia per risolvere le difficoltà e gli indovinelli posti da SHODAN, uno dei villain più brillanti di sempre. Perlustrare gli asettici corridoi della Von Braun è un’esperienza che coinvolge e gela il sangue come poche altre, nonostante i quindici anni del gioco. O forse a maggior ragione per questo.