Non c'era una volta internet... - Parte 1

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a cura di JinChamp

È già da qualche anno che intorno al mondo dei videogiochi girano sempre le stesse polemiche. In questa sede, e per le prossime due puntate di questa breve rubrica, ci daremo a considerazioni spontanee su alcune di quelle problematiche nate e discusse soltanto all’interno del panorama videoludico, quelle che toccano il giocatore che sin da piccolo è stato vicino a questo mondo.Pensateci un momento e lasciate che i pensieri saltino sulla punta della vostra lingua e risuonino come cantilene che ormai abbiamo ascoltato alla nausea: i videogiochi sono diventati troppo semplici, i videogiochi adesso escono pieni di bug e problemi, i videogiochi sono troppo brevi, i videogiochi sono poco coinvolgenti. Ma siamo davvero convinti che i videogiochi di oggi si portino dietro tutti questi problemi oppure c’è lo zampino di internet e compagnia bella a ingannare in parte la nostra percezione?

L’avvento di internet come spartiacqueSe siete della nuova generazione di giovanissimi, è probabile che lo scenario che andremo a descrivere di qui a poco vi sembrerà assurdo, antico e a tratti impossibile. Chi invece, come chi vi scrive, ha già un po’ di inverni alle spalle, sa bene cosa voleva significare essere un videogiocatore prima di internet. Difficilmente venivano date informazioni su schermo, come una mappa e un indicatore su dove andare, e tutto andava scoperto con quei pochi indizi che il gioco vi lasciava. Spesso la curva di difficoltà aumentava gradualmente ma, in certe occasioni, impennava di colpo e riusciva a beccarvi in fallo, lasciandovi sobbollire ore, giorni e settimane prima di venire a capo del problema e proseguire la vostra avventura: che si trattasse di un enigma da risolvere per aprire un passaggio, o un boss non così semplice da analizzare per scoprire il suo punto debole e la strategia da utilizzare, o anche banalmente ritrovarsi sperduti su una mappa – di dimensioni anche ristrette rispetto agli standard odierni, per evidenti limiti tecnici – senza una vera meta. In poche parole, ritrovarsi senza capire cosa diavolo fare per avvicinarsi un po’ di più alla fine.Oggi è tutto più semplice! Ci sono spesso mappe, gps dinamici, npc che ci ripetono alla nausea cosa dobbiamo fare ed è innegabile che tutte queste novità alleggeriscano di molto l’esperienza ludica; però, basta questo per generalizzare e dire che tutti i giochi sono facili e guidati?Un tempo ci si confrontava con i compagni di scuola appena la prof distoglieva lo sguardo, ci si rivolgeva al fratello o al cugino più grande “che l’ha già finito”, alimentando poi delle vere e proprie leggende su segreti di questo o quel gioco, del celeberrimo cuGGino che tutto sapeva ma che in realtà raccontava un mare di frottole. Ora questi atteggiamenti sono riscontrabili nei meme e lo sono diventati proprio perché prima le informazioni giravano così.Oggi regna l’immediatezza, la facilità di fruizione di qualsiasi informazione talmente opprimente da aver alimentato quella bestia senza volto che porta il nome di spoiler. Fiumi di parole scritti da persone che vogliono soltanto autocelebrarsi per aver vinto una corsa senza partecipanti. E voi, anzi noi tutti, li leggiamo questi fiumi. Ve lo dice un poveraccio che si è visto passare davanti al dayone di Heavy Rain la frase “l’origami killer è…”, o che molto più recentemente ha letto a malincuore “il boss finale di Resident Evil VII è…” ancor prima di esserne entrato in possesso. È odioso e soprattutto rompe qualcosa di sacro, come quando mentre state entrando al cinema vi arriva quella voce di uno che ha appena finito di vedere lo spettacolo precedente e vi mette al corrente che il film fa schifo perché il protagonista alla fine muore e magari anche da fesso. E magari fesso ti ci senti tu, che hai speso dei soldi per un film che sai di non poterti più godere, in cui non potrai immergerti come il regista voleva. Ma mica si può imputare questa colpa al film? E nemmeno si può dire lo stesso dei videogiochi, di cui si sanno fin troppe informazioni ancor prima del dayone, da cui a volte è quasi impossibile difendersi.

Una cassa di risonanza… ma quasi solo in negativo?Ma torniamo alla nostra epoca “medioevale”, per sfatare subito un mito (o forse un’affrettata accusa) che già abbiamo citato in apertura: i videogiochi ora escono pieni di bug, perché tanto le software house sanno che potranno poi metterci una pezza con le patch da scaricare. Tutto vero, peccato che il discorso diventi ingeneroso e indiscriminato. Anche prima c’erano bug di varia natura ma il problema sta sempre da ricercare nella portata delle informazioni. Se una persona gioca un titolo dall’inizio alla fine senza trovarci un bug, non significa che un gioco ne sia esente. Probabilmente esiste un video esilarante su YouTube con le peggiori mostruosità che si possono concepire e, proprio a causa di questo, il gioco verrà criticato da tutta la community. Poco importa se lo avete finito cinque minuti prima senza trovarne uno e conta ancora meno che li abbia trovati solo l’autore del video nel mondo. Ora quel video è pubblico e compromette la percezione della qualità del prodotto, volente o nolente.Un altro esempio, che fa molto al caso nostro, riguarda i titoli calcistici e come le modalità online abbiano profondamente cambiato il playstyle dei videogiocatori. Prima – sempre nel medioevo, è chiaro – ci si ritrovava a casa di qualcuno e anche qui giravano delle leggende: gli imbattibili, fortissimi e che orgogliosamente ci si portava dietro per sfidare e mettere in riga gli altri compagni di scuola. Non per fare lo sborone, ma sono state un po’ le volte in cui mi si trascinava di peso a casa di sconosciuti, giusto per dargli una sonora batosta al sacro Winning Eleven. Di anni ne sono passati molti e di giochi calcistici anche più del doppio, e col senno di poi la conclusione anche un po’ scontata è che non si diventava “forti” come dono congenito e neppure divino. Il giocatore forte era colui che riusciva a padroneggiare meglio le meccaniche intrinseche del gioco, sfruttando magari qualche errorino nascosto tra le linee di codice. Possiamo citare l’anno in cui vennero introdotte le punizioni di seconda o l’altro in cui bastava varcare la linea di metà campo per cogliere il portiere molto fuori dai pali. Meccaniche impreviste che venivano costantemente abusate, ma solo dai pochi che arrivavano a scoprirle e che custodivano i loro segreti come dei preziosi tesori. Esatto, proprio come Gollum e il suo anello. Oggi, per ribadire ancora una volta il concetto, ci basta davvero poco per conoscere, capire e imitare. Facendo qualche partita online, si incappa presto o tardi in qualcuno che ha già trovato la strategia vincente, che ritroveremo via via sempre più spesso, o ancora su YouTube pronti a spiegarci tutti i segretucci per attaccare e difendere come dei pro player. Il problema, però, nasce dalla filosofia “se non puoi batterli, unisciti a loro”: tutti che giocano nello stesso modo perché così si gioca in competitivo, facendo ricadere tutte le critiche sul FIFA o PES di turno ricordando quanto perfetti fossero quelli di un tempo, senza sapere che magari avevano problemi ben più gravi.Siamo giunti quindi alla vera piaga che sta affliggendo i videogiochi: l’uso sconsiderato di YouTube. Potete trovare tutorial e guide su qualunque cosa, dal bere un bicchier d’acqua o costruire il vostro personale reattore termonucleare… ok, magari stiamo esagerando, eppure questa miriade di video non viene vista e fruita come una fonte extra di informazione quanto una scorciatoia. Basta fare due click e subito troviamo la soluzione al nostro problema, al nostro puzzle, alle nostre lacune, permettendoci di completare un gioco in neanche una decina di ore, piuttosto che le decine (stavolta al plurale) che avremmo impiegato per finirlo solo con la nostra testa. Perché non c’è dubbio che lo avremmo finito, vero?!

Internet ci ha viziati e il porta alla pigrizia. Da qui si passa alla spocchia e lì il passo è breve prima di trovarci a fare filippiche per condannare uno o più titoli con una ferocia da far impallidire l’inquisizione spagnola. Forse sarebbe il caso anche di fare un passo indietro e guardare tutto il quadro con calma. Sarebbe il caso soprattutto di evitare di ricorrere con troppa fretta alle soluzioni già pronte e sforzare di più i propri neuroni. Nel prossimo episodio parleremo soprattutto di pigrizia, ma almeno stavolta non troverete alcuno spoiler a rovinarvi la sorpresa. Nel frattempo fateci sapere la vostra: come la pensate, come credete che vadano utilizzate le videoguide, o anche solo quali erano le avvincenti gesta del vostro imbattibile cuGGino!