Recensione

Dark Souls III

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

La strada che porta alla gloria è fatta di sofferenza e tenacia, dolore e ostinazione; è un percorso accidentato che non tutti sono in grado di percorrere fino alla fine, e ancora meno sono coloro in grado di sostenere il peso di tante amare e umilianti sconfitte. La morte che diventa un atto abitudinario, normale, accettato e condiviso, è stato per Demon’s Souls un imperativo categorico, una filosofia di gioco senza compromessi, capace di dare un deciso colpo di spugna all’indulgenza dei titoli troppo semplici che si affacciavano con insistenza in quel periodo. Il primo Dark Souls continuò la tradizione del capostipite, spianando di fatto la strada a un sottogenere che oggi accoglie un numero impressionante di estimatori, lodato ed emulato a più riprese da tanti studi di sviluppo che finalmente cominciavano a capire quanto il giocatore non volesse esattamente essere condotto per mano dall’inizio alla fine. Mentre Yui Tanimura dirigeva Dark Souls 2, Miyazaki lavorava a Bloodborne, creando sottotraccia un nuovo incubo per i fan, ancora più cupo e maledetto, ricco di suggestioni ed evidenti rimandi alla cultura gotica del ‘900. 
I riferimenti al passato del franchise, in quest’incipit, sfuggono alla logica del riassunto breve e si rivelano al contrario strettamente necessari, poiché Dark Souls III è invero la summa di tutto ciò che la serie è stata fino a oggi: è, senza troppi giri di parole, il risultato dell’esperienza accumulata negli anni da From Software, abile ad includere in questo terzo capitolo gli elementi migliori e quelli più utili alla causa, creando l’equilibrio perfetto tra autocelebrazione, consolidamento della struttura di gioco e intelligente approfondimento della lore.
La fievole fiamma del mondo
Dark Souls III narra la storia del regno di Lothric, un luogo divorato da una desolazione antica e persistente, in cui convergono le terre transitorie dei Signori dei Tizzoni. Quando il vincolo del fuoco è minacciato, i rintocchi di una campana accompagnano la loro resurrezione: Aldrich, il Santo delle profondità; Yhorm, il gigante della capitale Profanata; l’immonda e rediviva Legione dei Guardiani dell’Abisso; Ludleth, e ciò che resta di una stirpe dannata, confinata nel proprio luogo d’esilio. I Signori dei Tizzoni hanno però abbandonato i loro troni, ma un non morto privato della propria identità è pronto a incamminarsi lungo le lande di Lothric per cambiarne per sempre l’infausto destino.
Sebbene sia stato mantenuto lo stile narrativo non esplicito, quasi suggerito, dove insomma sono i giocatori a dover tirare le fila della trama facendo tesoro delle poche certezze, degli stralci di dialoghi con gli NPC e degli elementi disseminati lungo gli scenari, il filone principale risulta essere meno criptico del solito. Ciò che invece sarà ancora una volta oggetto di ardite congetture, speculazioni, sottotrame e sottotesti, è tutto ciò che rimane appena al di sotto della superficie. Tornato al timone della serie, Miyazaki ha voluto creare un impianto scenico dove si mescolano tradizione, riferimenti palesi e nascosti alle altre sue opere, elementi chiarificatori e nuovi spunti per il confronto tra utenti. Lo ha fatto disseminando le ambientazioni di oggetti, situazioni, nemici, personaggi e aree che richiamano alla memoria Demon’s Souls, Bloodborne e i precedenti due capitoli della serie principale. Indipendentemente dal finale che otterrete, con Dark Souls III non si è ancora chiuso definitivamente un cerchio, ma il grande mosaico si è senz’altro arricchito di pezzi preziosi che raddrizzano la timeline della serie e gettano una nuova luce sui punti più oscuri e dibattuti dalla community. Ciò nonostante, vanno segnalati ulteriori riferimenti tutti da interpretare, che tirano in mezzo anche i capitoli apparentemente distaccati da Dark Souls. Al di là di tutto ciò, Dark Souls III si è adattato con furbizia alle richieste dei fan, presentando un mondo di gioco certamente vario e ottimamente costruito, ma anche un po’ vittima di alcuni riadattamenti che non possono davvero sfuggire all’occhio del veterano. Alcune aree trasmettono infatti un senso di deja-vu piuttosto pressante, senza però mai dare la sensazione di trovarsi di fronte al più becero riciclo degli assets. Passare dalla strada principale di Irythyll vi darà la sensazione di attraversare una versione innevata del ponte della vecchia Yharnam che conduceva al Chierico Belva; Farron e le sue putride paludi avvelenate vi faranno affiorare sul viso un sorriso sornione; Il Grande Archivio, invece, somiglia in modo impressionante agli austeri meandri del Castello di Cainhurst. Ad onor del vero, simili esempi si contano davvero sulle dita di una mano, e sono tutto sommato dei piccoli nei su un corpo modellato con una cura davvero fuori dall’ordinario. La bellezza delle architetture impossibili che si scorgono lungo l’orizzonte pallido, le imponenti cattedrali realizzate con minuzia e attenzione ai particolari,  la natura brulla degli altipiani levigati dalle intemperie, le costruzioni tardo-medievali su cui si abbarbicano sinuose le viverne, sono il frutto di una direzione artistica dalla grande potenza immaginifica, a cui c’è davvero ben poco da contestare. Benché sia mancato il coraggio di realizzare un mondo di gioco tentacolare e intricato come quello del primo Dark Souls, le singole ambientazioni sono il risultato di un level design più ordinato e attento, più preciso e meno confusionario, complice anche un posizionamento di scorciatoie, nemici e segreti più accurato. In questo senso, Dark Souls III è molto più vicino a Bloodborne di quanto si possa immaginare.
Praise the fight
la barra dei PA, posizionata tra quella della salute e quella dell’energia, ha in Dark Souls III funzionalità ben più articolate rispetto a quanto visto in Demon’s Souls. Oltre a stratificare ulteriormente il sistema di combattimento e garantire un maggiore equilibrio tra le classi, offre molteplici approcci alle battaglie e permette di decidere con criterio la direzione verso cui si vuole spingere il proprio alter ego. Si nota tuttavia la volontà di From Software di “costringere” le classi dedite alla magia a non mettere mai in secondo piano le armi corpo a corpo: in più di un’occasione, infatti, anche la più parsimoniosa gestione dei PA vi lascerà comunque senza possibilità di scelta. Al di là della classe di partenza e del modo in cui si vogliono utilizzare le anime per livellare il personaggio, il parametro dell’armonizzazione che gestisce i PA amplia a dismisura il ventaglio delle possibilità, sia per le classi che fanno delle arti magiche la propria ragion d’essere, sia per quelle più fisiche. Dai PA, ricaricabili tramite la fiaschetta d’estus cinereo, non dipendono infatti le sole magie ma anche le abilità speciali delle armi, che variano da una specifica tipologia all’altra. Solo dopo aver assunto la stance a due mani, premendo il grilletto sinistro è possibile consumare una porzione della barra per ampliare spesso – ma non sempre – il moveset del proprio strumento d’offesa. Esemplificando il concetto, le spade si avvantaggiano di nuovi colpi più ficcanti e brutali, le alabarde ampliano il raggio dei colpi inferti, le asce vengono potenziate per pochi secondi e gli stocchi, in netta controtendenza, permettono di esibirsi in rapidi sidestep identici a quelli visti in Bloodborne. Sulla carta, dunque, anche i tipici tank possono beneficiare di quest’aggiunta, ma la verità è che difficilmente i veterani della serie saranno invogliati a cambiare l’approccio classico alle battaglie, finendo per sfruttare di rado questa nuova meccanica. Altrettanto importante è l’uso di particolari gemme utili ad incantare alcune armi, azione resa possibile solo recandosi dal fabbro, da cui si possono inoltre gestire i soliti potenziamenti già presenti nei precedenti souls. Si può oltretutto decidere il numero dei due tipi di fiaschette da portarsi dietro: se il massimo di fiaschette equipaggiabili è ad esempio nove, potrete decidere un assetto più stabile composto da cinque di estus e quattro cineree, oppure optare per uno sbilanciamento totale a seconda di come si vuole condurre la partita. Se le classi più fisiche possono privilegiare le fiaschette curative, quelle votate alle arti magiche hanno bisogno di diverse prove prima di trovare la formula più conveniente. Di conseguenza, si capisce come in fin dei conti si sarebbe dovuto trovare un escamotage migliore per incoraggiare l’uso dei PA da parte di chi vuole solo menare le mani. 
In Dark Souls III trova spazio anche un’altra meccanica che prevede il recupero in-game dei sorsi di estus, gestita da variabili che diverranno via via sempre più chiare man mano che avanzerete nell’avventura. Si tratta infatti di una funzionalità legata all’online, dove gli host e i fantasmi amici o ostili recuperano un uso di estus quando uno di questi alleati o nemici perisce in battaglia. Sia chiaro però che non si tratta affatto di una facilitazione, poiché è qualcosa di completamente slegato dal numero di morti subite o dal computo totale di anime perse e guadagnate. È piuttosto una scelta intelligente e ben studiata, resa necessaria dall’introduzione delle fiaschette cineree. Gli utenti dovranno tuttavia valutarne autonomamente la gestione solo quando i giocatori diventeranno parecchi, ossia dal 12 aprile in poi.
A scanso di equivoci, dunque, Dark Souls III prosegue la tradizione della serie e presenta una difficoltà piuttosto elevata, pur non dimostrando quel tignoso accanimento verso l’utente che era prerogativa del capostipite e di Demon’s Souls. Dopo quattro titoli del genere, a dire il vero, i giocatori hanno un po’ imparato a prendere le misure ai souls-like di From Software, sfruttando a proprio vantaggio i punti deboli dell’intelligenza artificiale e le manovre di avvicinamento più efficaci. Per arginare questo problema congenito della serie, gli sviluppatori hanno un po’ cambiato le carte in tavola durante le boss fight. Quasi tutti gli avversari di fine area hanno infatti due fasi ben distinte, che obbligano gli utenti a riorganizzarsi rapidamente durante la battaglia a causa del repentino cambio dei pattern di attacco, che variano in velocità, ampiezza, frequenza e pericolosità. Sebbene alcuni boss secondari sappiano un po’ di già visto, il design e la presenza scenica di quelli più significativi toccano probabilmente le vette più alte dell’intera serie. E questo, per una saga che inizia ad accusare inevitabilmente un po’ di stanchezza, è senz’altro uno dei traguardi più degni di nota.
Peccati e peccatori
Non è naturalmente possibile, in questo momento, avere la piena consapevolezza della stabilità delle funzionalità online. Per ovvi motivi, è necessario attendere che i server dedicati vengano popolati dalla community, in modo tale che l’articolato sistema di patti che influisce sull’online, assieme a tutte le altre caratteristiche, possano essere sviscerate dai giocatori. Il matchmaking è basato sul livello e, solo dopo aver usato  la brace per ripristinare interamente la salute (che in Dark Souls III è l’equivalente dell’Umanità), è possibile evocare altri giocatori, mentre tramite il globo dell’occhio rosso è possibile invadere un altro mondo, sconfiggere un altro giocatore e acquisire la forza del fuoco. Siamo stati invasi una sola volta, peraltro nel momento più delicato possibile: eravamo con la salute quasi a zero e senza più nessuna fiaschetta di estus. Inutile dire che il giocatore avversario, dopo qualche attimo di studio, non ha avuto nessuna pietà di noi. E in fondo sta tutto qui lo spirito dei souls e di questo terzo capitolo: zero pietà, in special modo per chi si accosta per la prima volta a un titolo del genere. Probabilmente i veterani lo troveranno più facile e più breve, ma la verità è che è solo una sensazione che deriva da ore e ore di esperienza consolidata nel corso di questi anni, e non di certo perché Dark Souls III sia meno generoso e molto più permissivo dei suoi predecessori.
In attesa di capire a fondo come Dark Souls III si comporterà su console, la nostra lunga avventura di circa quarantaquattro ore si è sviluppata su un PC dotato di una GTX 780, un Intel Core i7 e 16 GB di Ram. Ebbene: From Software ha imparato dagli errori del passato e ha finalmente realizzato un titolo molto più stabile rispetto a quelli precedenti. Rimangono tuttavia delle sbavature che possono essere sistemate in parte con delle patch correttive: ci riferiamo nella fattispecie al frame rate non granitico, che scende vistosamente in un paio di aree finali in cui la mole poligonale su schermo diventa piuttosto importante; e a qualche momento in cui, passando da una zona all’altra, il motore grafico risulta lievemente balbuziente. Ottimi invece il sistema di illuminazione, le ombre e gli shader, che ai settaggi massimi donano al gioco un’aspetto di tutto rispetto. Permangono invece alcuni dei difetti storici della saga, come le compenetrazioni poligonali e la possibilità di sfruttare certe défaillance dell’IA nemica, che anche in questo terzo capitolo – sebbene con meno frequenza – concede qualche aggiramento alle spalle di troppo. 
Non si faccia infine l’errore di attaccare la coerenza stilistica di Dark Souls III, che spazia con disinvoltura da ambientazioni tardo medievali alle tipiche architetture gotiche mitteleuropee: trattandosi di una voluta confluenza di mondi paralleli, lì dove si snodano le terre transitorie dei Signori dei Tizzoni, From Software ne viene fuori in maniera brillante, con un’intuizione che le ha permesso di creare uno degli universi più affascinanti degli ultimi anni.

Replica LIVE

– Comparto artistico superbo

– Formula di gioco ulteriormente perfezionata

– Approfondimento della lore, con parecchi riferimenti ai titoli precedenti

– I PA rendono il combat system più vario e articolato

– Qualche incertezza tecnica

– Alcune aree sanno di già visto

– Le novità potevano essere implementate meglio

9.0

L’esperienza accumulata negli anni ha permesso alla software house giapponese di perfezionare ulteriormente una formula già vincente. Sebbene un paio di novità del sistema di combattimento non siano state implementate nel migliore dei modi, e il comparto tecnico non raggiunga vette di assoluta eccellenza, Dark Souls III è ancora una volta un capitolo che vale la pena giocare, sviscerare fino all’ultimo segreto e capire fino all’ultima speculazione, che diventa realtà e si incastra in un disegno ancor più grande.

Voto Recensione di Dark Souls III - Recensione


9