Recensione

Shantae and the Pirate's Curse

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Dopo un quarto di secolo di attività, i ragazzi di Wayforward hanno saputo guadagnarsi una bella fetta di credibilità, soprattutto presso gli appassionati Nintendo, deliziati da molti dei loro lavori, tra cui la serie Mighty Switch Force e l’ultimo Contra uscito per DS: ecco perché, nonostante fervano i lavori per Half Genie Hero, ambizioso progetto multipiattaforma finanziato tramite Kickstarter, in molti attendevano le versioni 3DS e WiiU di questo Shantae and the Pirate’s Curse, terzo titolo dedicato all’eroina dai capelli viola.

Vecchie rivalità, nuove amicizieSembra davvero strano, eppure, nonostante siano passati circa tredici anni dall’esordio di Shantae sugli schermi Nintendo, questo episodio è solamente il terzo della saga, con un ritmo cui l’aggiornamento annuale dei franchise ormai così in voga ci ha disabituato: che lo giochiate sulla console casalinga o su quella portatile della grande N, l’ultima fatica di Wayforward si rivela essere un gioco dalla duplice natura, legato indissolubilmente al passato ma, nel contempo, smanioso di differenziarsene, quasi a voler tendere una mano a tutti coloro che finora non si sono cimentati con la serie.Nel suo piccolo, questo movimento parte dall’abbozzo narrativo, che vede, per una volta, Shantae e la sua storica nemesi, la piratessa Risky Boots, unire le forze contro un male superiore: prima di giungere allo scontro finale, però, la nostra eroina dovrà gironzolare per una dozzina di isole, non direttamente interconnesse tra loro (secondo elemento di pseudo rottura), in modo da recuperare pezzi dell’equipaggiamento necessario a confrontarsi con il cattivone di turno, che, come da tradizione, di cattivo non ha poi tanto.La scelta di non dotare Shantae and the Pirate’s Curse di una mappa unitaria, sulla falsariga del mai troppo lodato Symphony of the Night, oltre a rappresentare una prima volta per la serie, la avvicina a molti altri prodotti contemporanei e, pur non eliminando del tutto il backtracking, ne riduce la portata e l’importanza a livello di gameplay, venendo incontro alle nuove generazioni, che, a quanto pare, mal digeriscono la necessità di tornare a visitare più volte zone già esplorate.Se due indizi fanno una prova (o era tre?), anche il livello di difficoltà medio, pur tenendosi lontano dalla stucchevole facilità di molti giochi contemporanei, non raggiunge i picchi che la saga aveva fin qui proposto: capita di morire, soprattutto nelle prime fasi dell’avventura (con solo due cuori disponibili) e sul finire, quando il gioco si fa più duro, ma tutta la fase centrale del titolo è decisamente gestibile, oserei dire anche dai novizi della serie.

Che precisioneDove invece Shantae and the Pirate’s Curse rimane nel solco già tracciato è per quanto riguarda i controlli e le dinamiche di gameplay:la precisione certosina dei primi e la naturalezza delle seconde sono lì dove le avevamo lasciate, e rendono ogni partita un piacere antico, di quelli che solo la rinascita dei giochi indie ci sta facendo assaporare.Ogni isola propone un cambio di scenario significativo, proponendo sezioni platform più o meno impegnative, enigmi ingegnosi ma mai frustranti e un set di nemici dedicato, che comprende tanto inetta carne da cannone quanto avversari temibili e decisamente insistenti.Il delizioso fluire del titolo viene interrotto solamente, nella seconda metà dell’avventura, da un respawn veramente eccessivo dei nemici, che rende tediose e decisamente meno intuitive del solito le traversate alla ricerca di collezionabili e power up (come i teneri Calamacuori, utili a rimpolpare l’energia massima della protagonista): nonostante il buon sistema di crescita del personaggio, che, nella migliore tradizione metroidiana guadagnerà abilità con il prosieguo dell’avventura, è fastidioso ritrovare sulla propria strada dopo pochi secondi nemici appena obliterati.Non credo che questa scelta di game design rappresenti un bieco tentativo di allungare di qualche minuto la durata complessiva, che si attesta tra le sette e le undici ore, un valore assolutamente rispettabile se rapportato al prezzo richiesto, inferiore ai 17 euro (purtroppo senza cross buy di sorta), quanto piuttosto di offrire sempre un livello di sfida adeguato, evitando che il giocatore si rilassi nel suo andirivieni tra un’isola e l’altra.A ben pensarci il respawn dei nemici smodato era anche l’unico problema di Shovel Knight, congenere di Shantae and the Pirate’s Curse che si lascia preferire a quest’ultimo più che altro per un ritmo più serrato dell’avventura e boss fight un pizzico più riuscite: eccellente, ed anch’esso condiviso, il commento sonoro a ciò che accade su schermo, che porta in entrambi i casi la firma di un certo Jacob “Jake” Kaufman, uno dei più talentuosi compositori legati al mondo dei videogiochi.Quasi a voler bilanciare la nuova impostazione della mappa di cui si è detto,Wayforward ha optato per includere finali multipli all’interno del titolo, direttamente dipendente da quante (e quali) primizie nascoste il giocatore sarà riuscito a scovare prima di raggiungere l’ultimo scontro: durante le ore di test sono riuscito a vederne due diversi, e non mi risulta ce ne siano altri, ma, anche così, l’assist alla rigiocabilità del titolo è evidente.

Sprite artDifficile, se non impossibile, dirsi insoddisfatti del lavoro svolto a livello grafico ed artistico: sin dall’esordio sull’umile hardware del GameBoy Color, la serie di Shantae si è sempre contraddistinta per un lavoro sugli sprite sopraffino, che in Pirate’s Curse torna in tutto il suo splendore, risentendo solo di pannelli dalla diagonale particolarmente generosa nella versione WiiU.Il grosso delle ore di test è stato svolto su un New Nintendo 3DS, sul quale il lavoro del team di sviluppo ha fatto un figurone, grazie anche al rinnovato effetto tridimensionale dell’ultima nata in casa Nintendo, che valorizza il gioco di parallasse sugli sfondi senza impattare in maniera eccessiva sulla durata della batteria.Detto della bellezza dell’accompagnamento sonoro, che richiede a gran voce un paio di buone cuffie, va evidenziata la buona volontà di Wayforward, che, pur in assenza del tanto sospirato cross buy (a quando, Nintendo?), consente di pagare la metà per una delle due versioni se già in possesso dell’altra.

– Controlli impeccabili

– Giocabilità goduriosamente artigianale

– Colonna sonora di rilievo

– Manca l’opzione cross buy

– Respawn eccessivo dei nemici

8.0

Sebbene tenti, velatamente, di aprire la serie anche ai neofiti, semplificando la mappa di gioco ed alcuni passaggi dell’avventura, con Shantae and the Pirate’s Curse Wayforward proprio non riesce ad esimersi dal regalare all’utenza Nintendo un altro action platform coi fiocchi, figlio di un ventennio abbondante di esperienza e di un amore sconfinato per i dettagli e per la sprite art.

Probabilmente più a suo agio sulla console portatile di Nintendo, l’ultima fatica del team californiano merita di essere giocato, tanto se siete fan di lunga data, quanto se, in maniera improvvida, l’avete fin qui ignorata.

Peccato solo per la mancanza dell’opzione cross buy.

Voto Recensione di Shantae and the Pirate's Curse - Recensione


8