Recensione

Resident Evil Umbrella Corps

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a cura di Forla

Sapete, è ironico da scrivere, ma Resident Evil sta diventando uno zombie. Ormai è l’ombra di sè stesso, un’aberrazione che vista da fuori conserva solo una pallida scintilla di quello che era stato in passato. Con il passare del tempo l’impronta action si è fatta sempre più forte, snaturando l’anima horror del titolo e trasformandolo pian piano in un qualcosa di completamente diverso da quel che era in principio. In attesa di vedere se il settimo capitolo si rivelerà essere un nuovo fulgido inizio per questa saga o piuttosto il colpo di grazia che porrà fine alle sue sofferenze, ci siamo buttati su Umbrella Corps. Tutti lo sappiamo, i corpi in decomposizione attirano animali necrofagi, e in questo caso specifico essi si manifestano sotto forma di uno spin off che riesce ad oltraggiare il buon nome a cui si ispira in maniera praticamente totale. Ecco a voi le cronache di uno scempio avvenuto sotto il buon nome di uno dei titoli più significativi e al contempo decaduti della storia dei videogame.
Mercenari dei poveri
Umbrella Corps nasce come competitivo on line a squadre, ma dispone anche di una modalità per singolo giocatore chiamata “L’esperimento” di cui vogliamo parlarvi prima di tutto il resto. Di base si tratta di un qualcosa di molto simile alle missioni dei Mercenari viste nei precedenti capitoli della saga principale, praticamente una campagna in singolo che offre anche meno di una modalità accessoria dei vecchi Resident Evil. L’impianto narrativo, costituito da qualche riga di testo prima di ogni missione, non fornisce nessun incentivo ad affrontare i vari stage che sono pregni di una ripetitività disarmante. Quello che ci viene chiesto di fare, una volta nei panni di un anonimo paramilitare affiliato alla subdola compagnia dallo stemma bianco e rosso, è di girare per le ambientazioni e svolgere dei compiti tanto scontati quanto noiosi: si va dall’uccidere un determinato numero di non morti e recuperare i relativi campioni di DNA, al collezionare delle valigette sparse per la mappa o conquistare e mantenere per qualche secondo dei punti di controllo. Nulla di nuovo sotto il sole quindi, a parte qualche variazione del tipico gameplay da TPS con una visuale talmente stretta da rendere tutto confusionario e poco gestibile. Il nostro alter ego dispone di un arsenale striminzito che va ad allargarsi con il proseguo delle missioni, comprendente tutta una serie di armi da fuoco piuttosto convenzionali. Le poche innovazioni sono costituite da un sistema di coperture praticamente inutile, la presenza di alcuni passaggi alternativi, come condotti di areazione o scalette di emergenza, una visuale che passa dalla terza persona alla prima durante la mira e il Brainer. Quest’ultimo è un’ascia per combattimento melee, caricabile elettricamente, che permette di spazzare via praticamente qualsiasi nemico (o nemici se caricato) con un solo colpo, una roba talmente mal calibrata che definirlo OP è riduttivo. Da segnalare inoltre la possibilità di prendere in “ostaggio” qualche malcapitato non morto e utilizzarlo come scudo per qualche secondo, prima di porre fine alle sue sofferenze. L’unica cosa positiva di questo guazzabuglio sono le ambientazioni, che seppur scarne e di dimensioni ridotte, sanno far tornare alla mente dei fan di vecchia data qualcuno dei bei momenti trascorsi in compagnia delle vecchie glorie del passato.
Non c’è limite al peggio
Vediamo ora cosa ha da offrire la modalità regina di questo titolo, ovvero il competitivo multi giocatore. Oltre alle snervanti attese in lobby in realtà c’è veramente poco di cui parlare. Due sono le tipologie di gioco: un deathmatch tre contro tre senza respawn chiamato Sterminio e una modalità ad obiettivi variabili denominata Multi missione. Entrambe si giocano nelle stesse identiche mappe viste nella modalità giocatore singolo, rendendo palese come quest’ultima sia un’aggiunta raffazzonata inserita giusto per dare un contentino a conti fatti del tutto trascurabile. I non morti sono presenti ma rimangono mansueti grazie al Jammer, un dipositivo assicurato alla schiena di ogni giocatore. Nel caso in cui questo dovesse essere danneggiato, o se dovessimo attaccare direttamente un non morto, questo non esiterà ad assalirci, rendendo ancora più confusionari e poco gestibili degli scontri che già  di loro non sono il massimo del bilanciamento. Probabilmente, l’intento degli sviluppatori era quello di mettere in piedi un gameplay tattico e ragionato (i vari passaggi alternativi e gli zombie ne sono un chiaro indicatore) ma a quanto pare nessuno in casa Capcom si è accorto di come le cose stessero prendendo una brutta piega in fase di sviluppo. La visuale superstretta in terza persona si adatta malissimo al contesto competitivo, impedendo una gestione fluida e consapevole dell’azione; così come la velocità di movimento da accucciato/sdraiato sembra identica a quando si stà in piedi. Dulcis in fundo abbiamo l’abuso del Brainer, arma che permette di mettere KO un avversario con un singolo fendente ben assestato, e il  cui uso compulsivo dà vita talvolta a vergognosi teatrini. Unica nota positiva di questo comparto multiplayer è la personalizzazione del nostro alter ego. Prima della partita infatti, è possibile dare un tocco personale al mostro personaggio, agghindandolo con gli outfit sbloccati durante le nostre imprese. A parte questo però Capcom ha toppato di brutto per l’ennesima volta, confezionando un prodotto che cerca malamente di sfruttare il brand a cui si ispira senza però portarne alta la bandiera. 
La bruttezza delgli zombie
Se il gameplay non soddisfa e la narrativa è inesistente la speranza è che almeno l’occhio abbia la sua parte. Ci spiace molto deludervi ma purtroppo Umbrella Corps non si salva nemmeno tecnicamente.  Al netto di una modellazione poligonale scarsa e di texture della scorsa generazione, abbiamo riscontrato anche vari problemi veramente intollerabili. Il gioco gira a 60 fps (mai del tutto stabili) a cui si affianca un fastidioso tearing. Ad aggiungersi a questi già gravi difetti abbiamo anche un aliasing piuttosto marcato e altre magagne tecniche assortite. Giusto per nominarvene qualcuna abbiamo visto zombie scomparire senza preavviso dopo averci attaccato, delle hitbox fantasiose e animazioni di morte con compenetrazioni poligonali veramente ridicole. Come se tutto questo non bastasse i modelli degli zombie sono veramente pochini e questo si traduce in momenti in cui si mira un gruppo di tre o quattro non morti, solo per constatare che la maggior parte di loro sono gemelli omozigoti. Veramente di rara bassezza anche la trovata di far “sciogliere” i nemici sconfitti in una pozza putrescente di materiale organico, per poi vederne spuntare un altro dalla massa informe dopo pochi istanti solo per rimpinguare il quantitativo di nemici su mappa. Il prezzo allettante di 29.99€ non giustifica in alcun modo la bassezza di questa produzione, vi consigliamo di spendere i vostri sudati risparmi sfruttando i saldi di Steam o di volgere la vostra attenzione da un’altra parte, qui non ne vale proprio la pena.

– Ambientazioni evocative…

– Discreto livello di personalizzazione del personaggio

– … ma mappe ristrette e mal congegnate

– Tecnicamente arretrato

– Single player accessorio

– Visuale inadatta ad un multiplayer arena

4.5

Resident Evil Umbrella Corp è un disastro sotto ogni punto di vista e non c’è proprio nessun buon motivo per giocarci. Gameplay, comparto tecnico e narrativa si attestano tutti su livelli bassissimi, infangando il buon nome a cui la produzione si ispira. Se vi piacciono i competitivi on line siamo certi che non farete fatica a trovare qualcosa di alternativo che stia almeno un paio di spanne sopra a questo gioco, se invece siete amanti della saga madre il nostro consiglio è di rigiocarvi un vecchio capitolo o di stringere i denti fino all’arrivo del 7 (senza aspettarvi troppo però!), perché qua di Resident Evil non c’è nemmeno l’ombra.

Voto Recensione di Resident Evil Umbrella Corps - Recensione


4.5