Resident Evil 6 - The Final Chapter

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a cura di Gottlieb

Partiamo con le buone notizie: Resident Evil, al cinema, dovrebbe essere arrivato oramai alla sua conclusione, salvo sorprese dell’ultima ora. Con The Final Chapter, l’epopea di Alice, e quindi di Milla Jovovich, è giunta al capolinea, male, purtroppo. Questo perché la pellicola di Paul W.S. Anderson va a sbattere contro un muro insormontabile qual è lo spettatore, che a prescindere dalla sua inclinazione e dalle sue preferenze cinematografiche difficilmente riuscirà ad accettare un film d’azione così confuso, nevrotico e incredibilmente incomprensibile.

Ritorno a Raccoon CityAl termine degli eventi raccontati in Retribution, l’umanità continua a perdere colpi e l’ultimo baluardo sta oramai tristemente cadendo. Alice ha subito il tradimento di Albert Wesker, sulle macerie di Washington D.C., e ora il suo unico obiettivo è quello di rientrare a Raccoon City, per raggiungere l’Alveare e fermare quanto prima le mosse assassine e sconsiderate dell’Umbrella Corporation. Gli unici superstiti dell’Apocalisse devono quindi riunire tutte le forze per combattere l’avanzata del dottor Alexander Isaacs, supportato da una miriade di zombie alla ricerca di carne fresca. L’ultima battaglia per la sopravvivenza dell’umanità sta per iniziare.C’è un’altra buona notizia dopo la prima data in apertura e questa porta il nome di Milla Jovovich: l’attrice è, in maniera fin troppo scontata, la vera colonna portante dell’intera saga e anche di questo ultimo film. Superati i quarant’anni, l’attrice riesce a essere ancora un agglomerato di azione e di forza, capace di renderla affascinante come poche sul grande schermo: la sua capacità di volteggi e di sfide all’arma bianca con tutti i soldati schierati dell’Umbrella, ma anche dei suoi avversari più acerrimi, riesce a rendere piacevole l’ora e mezza di questo Resident Evil. Chiamata ad affrontare dragoni, zombie, cani infernali e altre creature che, per qualche motivo sconosciuto, attaccano soltanto lei e nessun altro, la Jovovich tiene in piedi una pellicola che, in ogni sua azione, è così confusa da complicare di aver chiaro il quadro della situazione. La regia in questo pecca tantissimo, così come d’altronde il montaggio del film, la fase meno riuscita dell’intera produzione: l’incapacità di fermarsi qualche secondo in più su un primo piano, la necessità di spostare continuamente l’inquadratura e di passare in maniera nevrotica da un punto all’altro delle location, rischiando anche di scavallare, sono altamente fastidiose e denotano un’approssimazione che disturba facilmente lo spettatore. Anderson, in ogni caso, riesce, dopo un’ora e poco più di disordine registico e di un’infinita linea di dialoghi per niente interessante e spesso anche al limite del ridicolo, ad avere la meglio con un colpo di scena che risolve una longeva saga, condita in quest’ultimo capitolo anche da alcuni riferimenti alla prima pellicola, che strizza l’occhio così ai nostalgici e ai giovanissimi che si lasciarono traumatizzare dalla famosa scena con i laser: le origini di Alice trovano finalmente una soluzione e i suoi occhi azzurri si dovranno preparare ad affrontare la verità che si nasconde nell’Alveare, in un’allegoria che vede Isaacs contrapporsi a Dio nel momento del Diluvio universale. 

Tutto finisce cosìResident Evil 6, però, esagera in tutto ciò che propone, perché all’impossibilità di comprendere ciò che ci troviamo dinanzi in ogni scena d’azione, ignora qualsiasi aspetto che possa dare un senso alla narrazione, là dove persino i comprimari provano ad avere un ruolo importante con delle frasi gettate a caso. Il tutto, però, può essere letto in una chiave molto più semplice, che spinge lo spettatore a non avere aspettative e ad affrontare la pellicola per quello che è: un divertimento caciarone, sfrenato e con pochissimo senso, un videoclip infinito su una donna che prende a sberle dei non-morti. Nel suo essere dissennato lo spettatore più cinematograficamente ingenuo potrà facilmente scorgere quel divertimento grezzo, privato di qualsiasi raffinazione e proposto allo stato brado, ma quell’appassionato più navigato dinanzi ai film d’azione e desideroso di una regia che possa arginare un fastidio visivo, inficiato anche da un 3D per lo più inutile (come il riassunto nei primi minuti), non troverà grande soddisfazione in tutto ciò. Il suggerimento è anche quello di evitare il 3D, perché la fotografia già scura di suo rischia di peggiorare la situazione e costringervi a una seconda metà della pellicola completamente al buio.

Resident Evil 6 The Final Chapter è un’operazione abbastanza inconsueta, perché la chiusura di una saga così longeva, nel momento in cui la sua controparte videoludica ritrova successo e lustro, andava curata decisamente meglio. La pesantezza della colonna sonora, la confusione e la caciara con la quale sono state realizzate le scene d’azione, la dichiarata volontà di rendere nevrotiche anche i flashback più moderati, alzano per questa pellicola un valico quasi insuperabile. L’augurio è che la passione per la vicenda possa prendere il sopravvento, ma riuscire ad arrivare alla fine senza lamentarsi almeno una volta durante la visione non sarà facile, perché Anderson, incredibilmente, ha realizzato qualcosa di difficilmente comprensibile per il cinema.