Anteprima

Far Cry 3

Avatar

a cura di Mugo

Milano – Una splendida isola tropicale, una misteriosa organizzazione criminale, un antagonista completamente fuori di testa ed un ecosistema vivo e vibrante. Sono questi gli ingredienti di Far Cry 3, titolo in arrivo entro la fine di novembre per Xbox 360, PlayStation 3 e PC, che promette di diventare un must have per tutti gli amanti dell’esplorazione e della narrazione curata. Siamo stati invitati ad una speciale presentazione organizzata da Ubisoft nel capoluogo lombardo per permetterci di passare un paio d’ore sull’isola, affrontando le prime fasi della campagna singleplayer, e venire travolti dalla grande quantità di contenuti che si intravede nell’opera dei ragazzi di Ubisoft Montreal. Lo diciamo subito, ci siamo veramente divertiti, il perché è tutto scritto qui sotto. 

Chi ben comincia… 
Giovani, belli e spensierati, così sono gli amici del protagonista di Far Cry 3 (protagonista che ancora non sa di esserlo) durante la loro vacanza in un paradiso tropicale. Un montaggio musicale sulle note di Paper Planes di M.I.A. particolarmente d’effetto ci mostra, direttamente dallo smartphone di uno di questi ragazzi, quanto fosse tutto un sacco divertente: cocktails sul ponte dello yacht sotto il sole, tuffi nell’acqua più limpida, parapendio, cene davanti al fuoco sulla spiaggia…
Poi la telecamera allarga, lo smartphone è nelle mani di un tipo con la cresta e le pupille dilatate che sputa parole a raffica, ora tranquille, ora violente. Siamo in gabbia e lui è il nostro (folle) carceriere. E’ Vaas, l’iconico “cattivo” di Far Cry 3, un antagonista che impareremo a temere per la sua imprevedibilità e odiare per la sua malvagia follia. Non diciamo niente di più per evitare di rovinarvi le prime fasi di gioco, anche se vorremmo tanto raccontare di una sequenza di eventi mozzafiato con un climax veramente ben fatto, e veramente pensato per un pubblico consapevole. 
Così comincia la nostra avventura a Far Cry 3 e, dopo la prima fase nella quale è il dipanarsi degli eventi a guidare le nostre azioni, veniamo lasciati liberi di giocare in un parco giochi esteticamente bellissimo e ricco di contenuti. Certo, ci sono le missioni, c’è la storia, ma anche un giro in Jeep può distrarci verso una costruzione lontana, o un posto di blocco, o una grotta misteriosa. 
Da preda a cacciatore 
Abbiamo visto come i primissimi istanti in cui possiamo controllare il nostro avatar ci vedano dietro le sbarre di legno di una gabbia all’aperto, ma ovviamente la serie di Far Cry non può certo essere contenuta in uno spazio così ristretto, e dopo una decina di minuti siamo completamente liberi di esplorare l’isola o di svolgere le prime missioni che ci vengono assegnate, missioni diremmo imprescindibili, visto che servono per familiarizzare con l’ecosistema che popola il paradiso tropicale e per mettere le mani per la prima volta sul sistema di crafting.Veniamo mandati, infatti, a raccogliere piantine e a caccia di cinghiali, per poi scoprire che con le prime possiamo creare dei miscugli capaci di farci recuperare la salute o di potenziare le nostre capacità di combattimento, mentre con le pelli dei secondi possiamo aumentare la capacità delle varie saccocce che ci portiamo in giro. In un certo senso si tratta di attività parallele, ma che viene molto naturale svolgere visto quanto poi risultino utili nell’economia del gameplay. 
Un capitolo a parte andrebbe aperto per gli animali, la fauna che popola l’isola, infatti, è composta da circa cinquanta specie diverse dal giaguaro al coccodrillo, passando per squali, cani e gazzelle. Ognuno di questi con le proprie, interessanti, routine comportamentali. Ci è capitato, per esempio, di uccidere dei nemici e di vedere, col calar della sera, un giaguaro avvicinarsi ai corpi per banchettarvi, oppure di attraversare un fiume a nuoto per venire d’improvviso attaccati da un coccodrillo, o semplicemente di inseguire i cinghiali giusto per sport. 
Gli animali possono anche essere sfruttati per ideare interessanti tattiche di combattimento: immaginiamo di dover entrare in un avamposto nemico pieno di guerriglieri, una prova complicata se magari abbiamo a disposizione solo un paio di caricatori del nostro fidato AK-47. Ecco però che un gruppo di varani potrebbe darci involontariamente una mano, se attirato verso il campo avversario con un semplice lancio di un sasso, attaccando i combattenti e permettendoci di sfruttarne la distrazione. C’è però anche l’altra faccia della medaglia, magari ci siamo avvicinati con circospezione fino a pochi metri dal nemico quando una tigre salta fuori da un cespuglio e ci attacca rivelando la nostra posizione, insomma, bisogna imparare ad entrare in sintonia con l’isola per trovare le strategie vincenti. E soprattutto bisogna cambiare il modo di pensare: non siamo più in fuga dal gruppo di criminali fuori di testa che imperversa sull’isola, stiamo cercando la nostra ragazza, e ora siamo noi che diamo la caccia al nemico. 
Missioni o libertà? 
La storia di Far Cry 3 ci è parsa, almeno dalle prime due ore di giocato, molto curata e coinvolgente anche se non pare presentare situazioni particolarmente innovative. C’è la bella da salvare, c’è l’antagonista fuori di testa, c’è il mentore che ci guida a scoprire un nuovo io, ma ognuna di queste fasi è ben scritta. Si può dunque decidere di seguire le missioni, sperando che la varietà incontrata nelle prime fasi della campagna rimanga per tutta la durata della stessa (abbiamo ancora l’incubo di Far Cry 2 nel quale c’era sempre lo stesso posto di blocco da attaccare), ma chiaramente ci si può anche perdere per l’isola. In ogni caso sarà molto comodo ottenere le varie mappe delle aree di gioco (scalando gli appositi, vertiginosi, tralicci) così da scoprire i punti di interesse e magari utilizzare il sistema di trasporto veloce quando un giro in macchina ci sembra una perdita di tempo.
Almeno nelle prime ore di gioco, però, crediamo che più o meno tutti faranno fatica a seguire il normale corso degli eventi, vista la facilità con cui si viene rapiti dalle tantissime sollecitazioni che arrivano da un fuoco lontano, un movimento tra gli alberi, o semplicemente dalla curiosità di scoprire cosa c’è di là dalla siepe. 
Un vero paradiso 
Impariamo fin dai primi minuti che, sull’isola misteriosa di Far Cry 3, i tatuaggi non sono semplicemente orpelli estetici. Ogni disegno sulla pelle porta con se delle conseguenze a livello di capacità, e approfondire i tre alberi dei talenti (attacchi a distanza, capacità di cura e stealth) vedrà come conseguenza l’aumentare dei tatuaggi sul braccio del protagonista.E’ anche da questi piccoli dettagli che abbiamo capito quanta cura sia stata posta dagli sviluppatori di Ubisoft Montreal nella realizzazione tecnica del titolo: l’isola è un vero paradiso da esplorare e nel quale perdersi. La versione PC, settata a livello Ultra, è un continuo susseguirsi di vedute meravigliose e paesaggi splendidi, ma soprattutto la sensazione di essere parte di un ecosistema vivo e vibrante impregna tutta l’avventura. Su console, chiaramente, l’impatto viene ridimensionato dall’età delle piattaforme, soprattutto su Xbox 360, ma comunque si tratta di realizzazioni più che sufficienti. 
Molto ben girate sono anche le scene d’intermezzo e in generale i dialoghi e le routine comportamentali degli npc, il livello della recitazione è molto alto, così come quello di regia e direzione della fotografia, con inquadrature curate e piacevoli da seguire. 
Intervista con Dan Hay, Producer 
Spaziogames: Ormai la data d’uscita è veramente vicina, a che punto siete dello sviluppo? 
Dan Hay: Siamo nelle fasi finali, il team sta sistemando e pulendo gli ultimi dettagli tecnici. Vogliamo che i giocatori possano mettere le mani sulla nostrsa storia unica e sul nostro mondo aperto il prima possibile. 
SG: Quali sono le ultime migliorie che farete? 
DH: Direi che sul fronte dell’audio e delle illuminazioni stiamo sistemando le ultime cose, sono due aspetti per noi fondamentali visto che vogliamo creare un’esperienza che sia emozionante, pulita ed accessibile per tutti senza barriere. 
SG: Bilanciare un mondo aperto e la narrazione non è facile, qual’è la vostra ricetta? 
DH: Hai ragione, è incredibilmente difficile, una vera sfida. Penso che più o meno tutti facciano allo stesso modo, noi abbiamo provato molte diverse versioni del nostro mondo e abbiamo scoperto che lo costruisci come un brano musicale, devi trovare l’equilibrio tra i momenti tranquilli e quelli più concitati, non può esserci continuamente azione a duecento all’ora. Noi costruiamo un mondo di gioco aperto e diciamo al giocatore: “Ecco, divertiti”, ma poi sta veramente al singolo decidere cosa fare. Ci è capitato di vedere appassionati di sparatutto dire che volevano fare solo le missioni e sparare, sparare e fare missioni, ma poi, quattro ore dopo, li abbiamo visti sul fianco di una collina che inseguivano una capra, o una tigre, o magari andavano alla ricerca di un bel panorama. 
SG: L’idea di mostrare i progressi nel gioco come tatuaggi sul braccio del protagonista è veramente bella. Come vi è venuta? 
DH: Siamo partiti dal creare una cultura indigena credibile sull’isola poi, come succede in ogni storia che racconta la crescita di qualcuno, questa crescita deve essere rappresentata in qualche modo e noi crediamo che il migliore sia mostrare fisicamente i cambiamenti. I tatuaggi hanno senso perché ci permettono di mostrare questa crescita ed al tempo stesso si integrano perfettamente nell’atmosfera dell’isola adottando un linguaggio universale. 
SG: Sappiamo che sarà possibile acquisire tutte le abilità nei tre diversi rami, come mai questa scelta? 
DH: Certo abbiamo pensato all’opportunità di presentare al giocatore una decisione, ma poi non abbiamo trovato una ragione valida per impedire di progredire in ogni direzione. Del resto Far Cry 3 è un titolo che fa della libertà di scelta una delle sue cifre stilistiche, sarebbe stato un controsenso obbligare gli utenti a scegliere uno stile di gioco per tutta l’avventura. 
SG: Cosa puoi dirci dei cambiamenti climatici nel gioco? 
DH: Abbiamo un sistema climatico completo, dalle tempeste tropicali alla semplice pioggia, passando chiaramente per il ciclo giorno-notte, con albe e tramonti meravigliosi. Ci sono dei momenti in cui il clima sull’isola rifletterà la situazione del protagonista, in fondo la simbiosi con l’ecosistema è una delle nostre colonne portanti. 
SG: In Far Cry 2 il tema principale era il fuoco, qual’è il marchio di questo capitolo? 
DH: Se devo pensare a cosa ci qualificherà agli occhi dei giocatori mi vengono in mente tante caratteristiche del gioco (il sistema di crafting, gli scontri a fuoco, la storia, l’esplorazione), ma il momento in cui realizzerai che puoi utilizzare l’ecosistema come un’arma, che puoi trasformarti da preda in cacciatore, ecco, quello sarà forse il nostro marchio di fabbrica. 

– Mondo vasto e ben realizzato

– Ecosistema vivo e curato

– Storia ben recitata

Far Cry 3 è bello. Potremmo fermarci qui, volendo, ma del resto la nostra è solo un’anteprima ed esclusivamente la recensione compelta potrà svelarci se questa bellezza sarà ben spalmata lungo tutta l’avventura. Il rischio con le produzioni che offrono un mondo da esplorare liberamente è che le missioni della storia principale non siano sufficientemente interessanti, per ora sembra un rischio fugato, ma ci il giudizio definitivo arriverà solo dopo una prova più approfondita. Tecnicamente siamo su ottimi livelli (almeno per quanto riguarda la versione PC), e la quantità di cose da fare ci sembra veramente alta. Non vediamo l’ora di tornare sull’isola per immergerci nel suo ecosistema, se anche voi volete saperne di più non lasciate le pagine di Spaziogames.