Recensione

Dragon Age II

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a cura di andymonza

Con Dragon Age: Origins, Bioware è riuscita a riportare sugli schermi PC e console un genere a lungo trascurato dall’industria, ottenendo meritati consensi di critica e pubblico: mai il GDR occidentale classico aveva raggiunto toni tanto epici, grazie soprattutto ad un background eccezionalmente stratificato e complesso. A circa un anno e mezzo di distanza, i maestri indiscussi della ruolistica moderna tentano di superare sé stessi, aggiungendo alla formula l’elemento mancante: una sana spettacolarità con cui condire il tutto, così da rendere il prodotto ancora più appetibile al grande pubblico ed indimenticabile per gli appassionati. Curiosamente, lo scopo è stato perseguito narrando una storia molto più intima di quella del predecessore, le cui basi poggiano saldamente sulle larghe spalle di un solo, carismatico protagonista.

HawkeProprio come nel predecessore, l’arco narrativo di Dragon Age II assume una posizione dominante nella grammatica ludica del prodotto, costruendo sulle solide basi gettate con Origins: narrata a posteriori dalla bocca del nano Varric, l’epopea di Hawke, profugo del Ferelden rifugiatosi a Kirkwall in seguito all’invasione del Flagello, assume le forme di un conflitto generazionale degno dei grandi classici della letteratura di fine secolo scorso. Dieci anni di peripezie sullo sfondo di una terra dilaniata dal razzismo, dalla corruzione e dalle divergenze di credo e culturali, un contesto in cui emergere dalla massa non sarà mai facile. I dialoghi, come sempre nelle produzioni Bioware, assumono un’importanza fondamentale nel gameplay, diventando presto vero e proprio motore dell’azione: al fine di rendere più snello il classico botta e risposta, gli sviluppatori hanno deciso di mutuare direttamente da Mass Effect il sistema di scelte multiple, il quale risulta tuttavia ulteriormente raffinato. Per quanto Hawke possieda caratteristiche proprie riscontrabili nella maggior parte delle molteplici risposte (ovvero una profonda sicurezza di sé ed un velato “machismo”), difficilmente vi troverete a corto di invettive consone al vostro modo di giocare, qualunque sia l’approccio che vorrete scegliere. Oltre all’ottimo lavoro svolto con il protagonista, i ragazzi di Bioware hanno riposto grandissima cura anche nel creare e caratterizzare il consueto pool di indimenticabili comprimari, con i quali sarà possibile intrattenere relazioni di ogni tipo, dall’amicizia, alla rivalità, all’amore, grazie al sistema di reputazione già sperimentato nel predecessore. In questa complessa struttura narrativa e dialogica si inserisce un sistema di quest classico e molto chiaro, con le missioni ben divise tra primarie e secondarie, ulteriormente impreziosito dagli interessanti temi trattati: i conflitti tra le razze e le classi la faranno sempre da padrone, facendo spesso del protagonista l’ago della bilancia tra la prevaricazione e la rettitudine, tra la corruzione e l’onestà. Le scelte risultano dunque ancor più complesse e determinanti, al punto che rintracciare i confini entro i quali esse sono in grado di modificare gli eventi dell’arco narrativo diventa da un certo punto in avanti molto difficile: solo più di una passata della campagna principale potrà svelare l’enorme complessità dell’intreccio, confermando l’ottimo lavoro degli sceneggiatori. Per rispondere dunque alla domanda che tanto ha preoccupato i fan del predecessore, Dragon Age II è senza dubbio narrativamente differente da Origins, in quanto propone coraggiosamente un personaggio unico per tutti, eppure aderisce perfettamente alla definizione di Gioco di Ruolo, offrendo al giocatore tutti gli strumenti necessari per raccontare la propria storia entro confini che non appaiono mai troppo stretti.Non spaventi neanche il fattore longevità: per quanto le peripezie di Hawke avvengano quasi tutte in uno spazio territoriale piuttosto ristretto (Kirkwall e dintorni), la durata della campagna parte da una base di circa 35/40 ore per i giocatori più frettolosi, mentre può aspirare alle 60 e più in caso si decida di esplorare ogni possibile risvolto della trama.

Cappa, spada e dark fantasyQuando non si dialoga, in Dragon Age II si combatte, e le occasioni per mettere mano a spade, incantesimi e pozioni non mancheranno certo. Sin dall’evocativa sequenza introduttiva, e poi nel corso di tutto il lungo arco narrativo, vi saranno momenti in cui il favellare, per quanto piacevole, non sarà più sufficiente. Entrerà dunque in gioco un combat system ovviamente mutuato da quello di Origins, eppure snellito, velocizzato e più ricco di elementi spettacolari, avvicinando più la formula a quella dell’action RPG. Pad alla mano, il feedback restituito da questi cambiamenti risulta immediato: l’attacco base, possibile premendo A (o X, nella versione Playstation 3) porta automaticamente il protagonista nei pressi del nemico più vicino, e va tenuto vivo agendo ripetutamente sul tasto, in puro stile hack’n’slash. Stessa limatura hanno ricevuto le abilità (le quali si controllano tramite i restanti pulsanti frontali del pad, proprio come in Origins), i cui effetti esplodono a schermo grazie ad un comparto animazioni ed effettistica enormemente arricchito, in grado di trasformare anche la più piccola schermaglia in un caos di fiamme, ghiaccio ed acrobatici fendenti. Per quanto i primi combattimenti possano spiazzare per il deciso cambio di direzione, poche ore di gioco saranno più che sufficienti per rendersi conto che l’elemento tattico non è venuto meno, ma più che altro si presenta dissimulato da una veste più spettacolare: ben presto faranno capolino scontri complessi contro gruppi di nemici assortiti (tra classi da mischia, caster e mini-boss) dove l’utilizzo della ruota delle abilità – rimasta invariata rispetto al predecessore – e la pausa tattica tornano ad essere elementi imprescindibili per sopravvivere alle schermaglie. Per quanto dunque gli scontri risultino più rapidi e visivamente arricchiti, le meccaniche da GDR “vecchia scuola” fanno ancora saldamente parte del mix, e restituiscono un livello di difficoltà medio che non deluderà anche i veterani del genere (per questi ultimi, il consiglio è comunque quello di settare la difficoltà verso l’alto, così da attivare il friendly fire ed altre finezze tattiche). A testimoniare la ricchezza del sostrato strategico ci pensano i menu dedicati alle tattiche impostabili per i tre compagni del party (i quali, quando non controllati direttamente, potranno agire secondo precise indicazioni del giocatore, proprio come in Origins), e gli alberi di abilità: nonostante il deciso restyling grafico e contenutistico, questi ultimi si rivelano infatti ottimi per personalizzare a fondo tanto il protagonista quanto i comprimari, partendo dalla classe di base (limitata in questo caso a Guerriero, Mago o Ladro) e raffinandone via via le peculiarità. In questo modo, partendo da un guerriero si potrà creare un incrollabile Tank piuttosto che un animale da DPS, così come un caster potrà specializzarsi nel danno ad area piuttosto che nelle cure. Durante le vostre peregrinazioni incontrerete un gran numero di personaggi secondari che potranno essere inseriti nel gruppo di gioco, con la successiva possibilità di selezionare i quattro membri da portare con voi all’inizio di ogni nuova missione. L’assortimento è fortunatamente più ampio di quello visto in Origins, risolvendo soprattutto la carenza di caster che caratterizzava il predecessore. In questo modo, la scelta iniziale della classe del protagonista (accompagnata anche dalla possibilità di variarne il sesso) risulta rilevante solo ai fini della trama, dato che avrete ampie possibilità di sfruttare in prima persona le molte peculiarità di ogni tipologia di combattente grazie alla grande varietà offerta dal roster di compagni.

Kirkwall e dintorniCome già accennato, l’epopea di Hawke avrà perlopiù come teatro la città di Kirkwall e dintorni, ma è bene non farsi ingannare: la varietà paesaggistica è notevolmente aumentata rispetto a quella sperimentata in Origins, e nonostante il massiccio backtracking non avrete mai la sensazione di muovervi in un ambiente eccessivamente ristretto. La rinnovata morfologia genera anzi un senso di familiarità per i luoghi che vi troverete a visitare più spesso, portandovi a scoprire come la minimappa in sovrimpressione diventi via via sempre meno utile man mano che imparerete i percorsi. In questo contesto trova piena giustificazione la collocazione delle abitazioni, sia del protagonista, sia dei comprimari, che sarà possibile visitare tanto per rispondere alla corrispondenza (una novità ereditata da Mass Effect 2) e per accedere ai tavoli dedicati al limitato crafting (sostanzialmente invariato rispetto a quello di Origins, e quindi limitato a pozioni, veleni e rune). Interessante l’impostazione data alla mappa del territorio, la quale potrà essere impostata in modalità giorno o notte, così da poter visitare i medesimi luoghi in piena luce o col favore delle tenebre, espediente indispensabile per la soluzione di alcune specifiche quest.

Comparto tecnicoIl look offerto da Dragon Age II riprende sostanzialmente il tono dark fantasy pragmatico ed asciutto di Origins, impreziosendolo però grazie ad un motore grafico completamente rivisto: le telecamere molto più ravvicinate permettono di apprezzare un livello di dettaglio nettamente aumentato sia per quanto riguarda i personaggi sia per le ambientazioni, unito ad una base poligonale notevolmente arricchita. Per quanto i fasti di Mass Effect 2 siano ancora lontani, l’ottimo design e la cura riposta nell’effettistica riescono a donare all’epopea di Hawke un contesto grafico e stilistico indubbiamente aprezzabile. Spiace nondimeno notare diversi segnali che rimandano ad una pulizia finale purtroppo affrettata, come l’entrata secca e poco elegante delle cut scene, il diffuso clipping e diverse altre imperfezioni grafiche: trattandosi del secondo capitolo di una saga dai valori produttivi molto alti, un po’ di cura in più avrebbe senza dubbio giovato all’impatto del prodotto finito. Eccezionali ancora una volta le musiche, a cura del compositore israeliano Inon Zur, ed il doppiaggio in inglese (naturalmente accompagnato da una buona sottotitolatura in italiano), che dona ai molti personaggi ulteriore spessore e carisma.

– Sceneggiatura eccezionale

– Dialoghi ricchi

– Personaggi carismatici

– Combat dinamico e divertente

– Mancanza di rifinitura

– I puristi dell’RPG non apprezzeranno le semplificazioni

9.0

Nonostante i molti dubbi che ne hanno accompagnato l’annuncio, Dragon Age II si conferma come degno sequel del suo predecessore: l’apparente semplificazione delle meccaniche di combattimento si rivela più che altro legata a fattori estetici, che riescono con successo a rendere l’azione più spettacolare senza sacrificare la strategia sottostante, così come la decisione di offrire un protagonista ben definito non va ad inficiare l’elemento ruolistico, salvo grazie all’eccezionale qualità delle quest e relativo sistema di scelte. Il risultato è un GDR eccezionale, impreziosito da un combat system efficace e divertente e da personaggi finemente caratterizzati, il tutto tenuto insieme da un arco narrativo ben bilanciato e ricco di temi interessanti. Per quanto un po’ di ulteriore pulizia grafica avrebbe potuto alzare ulteriormente la valutazione finale, Dragon Age II è l’ennesima conferma della maestria di uno degli sviluppatori più abili dei nostri tempi, in grado di entrare a pieno diritto nella classifica dei giochi di ruolo migliori di questa generazione.

Voto Recensione di Dragon Age II - Recensione


9