Recensione

Ember

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

Con l’arrivo imminente di Divinity: Original Sin 2 in accesso anticipato, con i continui filmati di Tyranny che non fanno altro che aumentare l’hype verso l’atipico gioco di ruolo firmato da Paradox Interactive ed Obsidian Entertainment e memori del valore di Pillars of Eternity, non possiamo certamente dire che questo sia un periodo povero di soddisfazioni per gli amanti dei gdr. Più che sulla quantità dei titoli usciti o che stanno per uscire, l’attenzione dovrebbe vertere attorno alle qualità di queste ultime produzione che, giusto per fare paragoni importanti, hanno scomodato titoli del calibro di Baldur’s Gate, Icewind Dale o Planescape: Torment e hanno decisamente alzato le aspettative dei fan del genere. Proprio l’eventuale paragone con i mostri sacri poco sopra citati, potrebbe risultare il peggiore approccio con cui avvicinarsi a Ember, gioco di ruolo sviluppato da N-Fusion Interactive e prodotto da 505 Games. Se infatti si poggiassero sullo stesso piano Ember e Divinity: Original Sin, il primo uscirebbe dallo scontro con le ossa rotte ma, se invece si prende la creazione di N-Fusion Interactive per quello che è – ossia un GDR decisamente low budget che viene venduto per meno di 10 euro su Steam – si scopre che anche il titolo in questione è capace di regalare ore e ore di gioco, un interessante mondo fantasy ed una storia coinvolgente.
Chi o cosa è un Lightbringer?
Partiamo proprio da quest’ultima: i gdr ci  hanno abituati ad espedienti che puntualmente si ripetono per introdurre il protagonista senza nome e senza identità ed anche Ember non fa nulla per distaccarsi dai soliti cliché. La narrazione parte dalle profondità di un santuario diroccato, oramai invaso da ladruncoli, scheletri e ragni, dove si sta svolgendo un misterioso rituale per riportare in vita un Lightbringer. Proprio quest’ultimo sarà il protagonista dell’avventura che coinvolgerà tutti gli angoli di Domus, un antico mondo dove una volta vivevano in pace umani, goblin ed elfi ma che, dopo la caduta delle Ember piovute dal cielo, si ritrova costantemente dilaniato in lotte e guerre fra le razze che calcano la superficie del mondo o che si nascondono nelle sue viscere. Questi misteriosi meteoriti hanno per sempre cambiato il corso degli eventi, portando a Domus la conoscenza della magia e delle altre arti, ma sono state anche artefici e causa di divisioni e scontri fra un’ umanità resa avida e sempre alla ricerca delle preziose Ember. I Lightbringer avevano il compito di proteggere questi preziosi artefatti ma, con il passare dei secoli, la conoscenza attorno alle potenti pietre si è assopita e così anche l’ordine dei druidi è andato dimenticato, sepolto da anni di oscurità. Fino al momento del risveglio dell’anonimo protagonista. Guidato dall’ordine dei monaci di Radiance ed aiutato da Corra, Coren e gli altri personaggi che incontrerà sul suo cammino, il Lightbringer si ritroverà ben presto coinvolto in una storia che va oltre le quotidiane scaramucce fra le razze o le imboscate di qualche bandito, e dovrà al più presto recuperare la memoria del suo passato per scoprire e contrastare oscuri rituali e magia nera. Durante la narrazione, i colpi di scena sono però praticamente assenti, così come gli avvenimenti che potrebbero lasciare di stucco: la storia di Ember scorre in maniera piuttosto lineare fra quest principali di buon livello e quest secondarie quasi tutte quante tranquillamente dimenticabili e non contempla alcuno spazio grigio che ritroveremo in Tyranny. Aprendo una piccola parentesi sulle quest, quelle da completare in modalità stealth ci hanno lasciato parecchi perplessi, in quanto siamo riusciti a rubare l’oggetto necessario a completare la missione proprio sotto gli occhi di una guardia o del proprietario stesso, senza che nessuno battesse ciglio: intelligenza artificiale non pervenuta. Nonostante tutto, anche grazie ad una vena humor e a dei toni meno cupi e decadenti, la narrazione non risulta mai pesante, noiosa o mal scritta ed anche i dialoghi sono stati scritti con cura da  N-Fusion Interactive. Per completezza, precisiamo che in Ember l’unica lingua presente attualmente è l’inglese e che dunque chi deciderà di imbarcarsi nell’avventura dovrà avere la pazienza di leggere lunghi testi non in italiano. La quantità dei dialoghi presenti nel titolo non è però nemmeno lontanamente paragonabile a quella che abbiamo trovato in Pillars of Eternity o che sarà presente in Torment: Tides of Numenera e gli scambi di battute si esauriscono molto rapidamente.
Si va via in scioltezza
Dal punto di vista del gameplay, Ember è un gdr molto classico che cerca di rifarsi ai grandi classici del genere, ma fallisce abbastanza visibilmente nel suo tentativo di emulazione. Partiamo con il combat system. Le battaglie avvengono in tempo reale e fanno largo uso dell’indispensabile pausa tattica, la quale permette di impostare la migliore strategia offensiva, quale abilità speciale attivare o, ancora, se utilizzare una pozione o qualche altro item consumabile. Per cercare di dare più profondità alle battaglie, N-Fusion Interactive ha anche introdotto un sistema di combo, grazie al quale vengono sommati gli effetti degli attacchi speciali dei membri del party, ma anche in questi frangenti la strategia non trova spazio ed il tutto si limita ad attivare simultaneamente più poteri possibili. L’unico elemento tattico da tenere in considerazione e che evita l’eccessivo spamming delle abilità è la barra della stamina, posta esattamente al di sotto di quella dei punti vita. Un’altra mancanza è l’assenza della coda dei comandi: anche sfruttando la pausa tattica, non è infatti concesso al giocatore di concatenare più azioni da fare eseguire a qualche eroe una volta che si riprende l’azione. Inoltre, anche l’interazione ambientale o i fattori elementali sono ulteriori assenti ingiustificati. Nel suo complesso, ciò che più spicca del combat system di Ember è certamente la sua immediatezza, fattore che chi è alla ricerca di meccaniche più profonde metterà sicuramente fra i contro, ma che all’opposto sarà gradito a è alla ricerca di un’esperienza più leggera o a chi è rimasto scottato dalla complessità del combat system di Divinity: Original Sin. Nonostante le meccaniche di gioco siano immediate da padroneggiare, ogni singolo duello in Ember può nascondere delle insidie ed il livello di sfida è piuttosto elevato, soprattutto quando si tratta di boss fight e dei combattimenti contro numerosi nemici, in grado di ostacolare i movimenti del party. 
Non mi sviluppo, ma piglio tutto quello che trovo
Se il combat system vive di luci e di ombre, dove Ember risulta veramente troppo povero è nella personalizzazione dei PG, almeno per quel che riguarda l’aspetto fisico, il sistema di classi e l’albero delle abilità, anche perché, senza troppi giri di parole, questi tre elementi mancano praticamente del tutto. La progressione e lo sviluppo degli eroi avvengono infatti in modo sin troppo lineare, tramite la distribuzione dei punti abilità che si sbloccano dopo avere accumulato un sufficiente quantitativo di punti esperienza in soli quattro parametri: forza, destrezza, intelligenza e vitalità. Inoltre, sin dal momento in cui viene introdotto un nuovo personaggio, la sua classe è già definita di default ed anche per quel che riguarda l’aspetto fisico non si ha alcun modo per intervenire su di esso. L’estetica dei personaggi viene però ampiamente salvata da un quantitativo di loot veramente sorprendente, degno degli rpg più blasonati e che spinge il giocatore ad esplorare ogni angolo di una foresta o ogni anfratto di una grotta alla ricerca di una cassa da svuotare. Ma vi è ulteriore motivo, che nulla ha a che fare con l’estetica e che costringe all’ossessiva ricerca di un’armatura più prestante o di un arma con statistiche offensive migliori. Come detto in precedenza, in Ember non vi è un albero delle abilità dove è sbloccare nuovi poteri, magie o attacchi speciali, ma questi ultimi sono intrinsecamente connessi alle singole armi o armature che, se equipaggiate ad un eroe, danno ad esso una serie di nuove abilità: N-Fusion Interactive ha quindi preferito che i personaggi non venissero plasmati come accade in genere nei gdr, ma ha preferito aumentare il focus sul loot, dando a quest’ultimo un importanza degna piuttosto di un hack’n’slash alla Diablo. Infine, il sistema di crafting – molto semplice e basato sulla raccolta di pergamene e materie prime –  rende infine ancora più ricca la raccolta di oggetti a disposizione. 
 
Passano i giorni ed il clima cambia
Se in molte situazioni di gioco Ember tradisce in modo sin troppo evidente la sua natura di progetto low budget, il titolo riesce all’opposto a colpire – in modo anche sorprendente – per il suo aspetto grafico. I limiti sono ovviamente ben visibili, se si stringe la camera sui personaggi si scopre un livello dei dettagli piuttosto basso ed anche i modelli poligonali dei nemici e degli NPC sono riciclati in modo quasi ossessivo, ma il mondo viene reso dinamico e vivo dal ciclo giorno e notte e dal clima dinamico. Inoltre, si nota la cura riposta da N-Fusion Interactive per la creazione delle aree di gioco, alcune veramente ispirate, come la biblioteca-regno dei goblin. Anche la componente audio spicca per la sua qualità, soprattutto per le musiche che ci hanno accompagnato nel mondo di Domus, mentre per i dialoghi, solo pochi sono stati doppiati. Infine, durante la nostra esperienza con Ember siamo incappati in qualche crash del gioco, che ci ha costretti a riavviare il titolo: dato che però sulla pagina di Steam nessuno si lamenta di questi intoppi, crediamo proprio che la sfortuna abbia colpito solo noi. 
Tirando le somme, da qualsiasi parte lo si guardi, Ember pare essere una versione light dei gdr più blasonati e storici. Il titolo ha un combat system meno ricercato ma comunque funzionale, lo sviluppo dei personaggi viaggia dentro binari molto stretti, ma ci sono tantissimi oggetti da raccogliere e da equipaggiare, la grafica è allo stesso tempo leggera ma ricca di preziosismi. Insomma: per dieci euro, se siete alla ricerca di un gioco di ruolo che non vi faccia sbattere la testa ogni cinque minuti contro statistiche incomprensibili o contro dialoghi tremendamente lunghi, la creatura di N-Fusion Interactive può essere la scelta giusta. 

HARDWARE

Requisiti minimi:– Sistema operativo: Windows 7 – Processore: Core 2 Duo 2.5 GHz or equivalent – Memoria: 2 GB di RAM – Scheda video: ATI Radeon HD 2000 series or NVIDIA 8000 series – DirectX: Versione 9.0c – Memoria: 4 GB di spazio disponibile

Requisiti consigliati:– Sistema operativo: Windows 7 – Processore: Core i5 750 2.67 GHz or equivalent / greater – Memoria: 4 GB di RAM – Scheda video: ATI Radeon HD 4870 or NVIDIA GTX 260 or greater – DirectX: Versione 9.0c – Memoria: 4 GB di spazio disponibile

– Graficamente appagante

– Loot ricco e vario

– Tasso di sfida elevato ma onesto

– Il combat system funziona…

– … Ma manca di profondità

– Non esiste un albero delle abilità

– Limitata possibilità di personalizzazione

– Quest secondarie insipide

7.0

I giochi di ruolo sono giochi richiedono un approccio lento e meditato, ricoprono il giocatore con numeri, statistiche, classi e con infinite linee di testo. Ember no: vuoi per una evidente limitatezza delle possibilità economiche, vuoi per scelta stessa degli sviluppatori, questo GDR riesce ad essere allo stesso tempo immediato e facile da maneggiare, ma allo stesso tempo coinvolgente e con un ottimo tasso di sfida. Certo che, se siete alla ricerca di un prodotto innovativo o anche solo con meccaniche di gioco profonde, simili a quelle di un Divinity: Original Sin o di un Pillars of Eternity, Ember non fa proprio al caso vostro e potrebbe lasciarvi del tutto indifferenti.

Voto Recensione di Ember - Recensione


7