Recensione

The Last Story

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Si è tanto parlato di Operation Rainfall, del trittico d’oro di JRPG che avrebbe chiuso col botto il ciclo vitale di Nintendo Wii e…tanto tuonò, che alla fine piovve.Sulla calda coda dell’estate scorsa abbiamo potuto mettere le nostre avide manine occidentali su Xenoblade Chronicles, andato forse finanche oltre le pur altissime aspettative, e, all’alba della prossima primavera, potremo goderci Pandora’s Tower, a ben vedere il titolo meno attinente al genere dei JRPG classici, ma non per questo il meno atteso.E in mezzo c’è l’ultima storia di Hironobu Sakaguchi, colui che ci ha fatto sognare per anni, padre della saga di Final Fantasy, fuoriuscito da Square Enix all’indomani del decimo capitolo.Prima di analizzare The Last Story, però, è necessario che quanti tra voi hanno speso una settantina di ore in compagnia del capolavoro firmato Monolith resettino del tutto la propria mente e il proprio cuore di videogiocatori, perché altrimenti il giudizio sarà annebbiato da un ingiusto quanto inopportuno confronto.Avete presente il flash cancella memoria in dotazione ai Men In Black? Usatelo. Fatto? Bene, procediamo.

Accostamenti pericolosiL’operazione che vi abbiamo appena chiesto di compiere è stata una condicio sine qua non tanto per noi in fase di recensione, quanto dovrebbe esserlo per voi in fase di approccio all’ultima fatica Mistwalker: troppo spesso questi due titoli sono stati accostati e ricondotti ad un’unica matrice, non solo come salvatori della patria in ambito Wii, vista la penuria di uscite di qualità che ha caratterizzato gli ultimi due anni di vita della console, ma anche come titoli affini, entrambi appartenenti ad un genere, quello dei giochi di ruolo giapponesi, da tempo in attesa di riscossa.Ebbene questi due titoli mostrano due vie alternative per la futura evoluzione di questo amatissimo genere, ma nella comune volontà di innovare e portare una ventata di aria fresca, si dimostrano agli antipodi sotto tantissimi punti di vista: lì (Xenoblade Chronicles) si raccontava di un mondo devastato dalla guerra tra due fazioni, qui (The Last Story) di un manipolo di mercenari, le cui alterne fortune seguiremo lungo l’evolversi di una storia ben focalizzata e narrata, che durerà tra le 25 e le 30 ore circa, poche se comparate alle 70 e passa necessarie per sviscerare la mole di contenuti presenti lì.Scordatevi le centinaia di missioni secondarie, scordatevi (e qui un ahinoi ci sta bene…) un diario che tenga traccia di queste quest, scordatevi un mondo enorme e liberamente esplorabile, prodigo nello svelare segreti a ogni piè sospinto.In The Last Story Sakaguchi vuole raccontarci una storia, ed esattamente come farebbe un regista navigato, ci mostra il suo punto di vista, sottraendoci libertà ma offrendoci in cambio una visione nitida, mai offuscata da fetch quest ridondanti o rigurgiti di free roaming come fossimo in un Grand Theft Auto qualsiasi, puntando forte sui sentimenti e sull’umanità dei suoi personaggi piuttosto che sulla grandiosità di un conflitto secolare.In altre parole, qui si è partiti da una storia (e da un poderoso battle system), lì su un mondo dilaniato dalla guerra (e da un poderoso battle system too): ve lo avevamo detto, strade parallele e raramente convergenti, che però portano (quasi) alla stessa destinazione: un’esperienza assolutamente da vivere.

Sei personaggi in cerca d’autoreLungi da noi valutare una delle due strade come la migliore, perché la differenza non sempre (anzi, quasi mai) implica una valutazione in termini di qualità.Che la strada battuta sia assai differente lo si evince sin dalle prime schermate, quando saremo gettati in medias res in un dungeon roccioso, quasi monotono, che ci ha ricordato Vagrant Story come una zaffata di soffritto ci ricorda l’ultima pastasciutta di cui abbiamo goduto: non passerà molto prima dello scontro con un enorme boss, in cui la sensazione prevalente sarà di caos, quasi come se il combattimento dipendesse solo in minima parte da noi, che controlliamo un solo personaggio, il giovane Zael.Non sempre le prime impressioni si rivelano veritiere, già dal secondo combattimento troveremo la giusta calzatura, per un battle system che diventerà presto comodo come il nostro paio di scarpe preferite.Ma prima, un occhio alla trama: nonostante un incipit abbastanza debole, rimarremo presto avviluppati nell’isola di Lazulis e nelle sue vicende, e ancor di più nelle trame “micro” che riguardano i sei componenti del nostro party…o dovremmo dire della nostra famiglia?Tutti i protagonisti, infatti, sono accomunati da un triste destino,che li ha spinti a vivere la dura vita del mercenario: sono tutti orfani, e il loro occhio sul mondo è disincantato, velato da un lembo di tristezza, sottolineato dalla colonna sonora, che segna una delle prove più struggenti di Nobuo Uematsu.Come da tradizione, il nostro alter ego è forse il più stereotipato dei personaggi, incastrato nel ruolo di buono a tutti i costi che Sakaguchi gli ha cucito addosso, ma in compenso nessuno dei suoi compagni ci lascerà indifferenti a lungo: Dragan si comporta egregiamente come nostro fratello maggiore farebbe, senza eccessi di eroismo ma con una premura e un tatto umani, lasciando le battutacce da bar e i comportamenti sopra le righe a Syrenne, sboccata ubriacona che ci regalerà momenti di pura ilarità (memorabile la nostra prima capatina all’Arena cittadina…).Yurick è il musone della situazione, tanto abile nell’uso della magia quanto negato nei rapporti sociali, al contrario di Lowell, marpione di altri tempi che non esita a provarci con qualsiasi essere femminile respirante; chiudono il cerchio due donzelle dal fascino non indifferente, la maga Mirania, in perfetta simbiosi con la natura e con le corde più intime dell’animo umano e lei, anzi Lei, Calista, vero motore degli eventi, e non solo in quanto oggetto del desiderio di Zael.Nonostante qualche stereotipo di troppo, imparerete ad amare ognuno di questi personaggi, trovando presto il vostro preferito come in tutte le storie che vi hanno appassionato, dalla trilogia tolkeniana alle avventure (a fumetti e su grande schermo) degli X-Men, segno inequivocabile di una sceneggiatura ben scritta, e di vicende narrate con perizia e con passione.The Last Story è una storia di amicizia prima che di amore, un affresco a metà tra il sognante e il disilluso, un libro in forma digitale (peraltro suddiviso in capitoli) di cui non esiteremmo a consigliarne la lettura.Il comparto narrativo sarebbe però vano se non supportato da un gameplay all’altezza: il sistema di combattimento pensato da Sakaguchi & company non è inizialmente di facile assimilazione, come detto, ma lascia presto spazio ad un ingegnoso e ben bilanciato miscuglio di azione in tempo reale e strategia tipica dei battle system a turni così in voga nei JRPG fino a pochi anni fa.Inizialmente avremo il solo controllo del nostro alter ego, che di default attaccherà automaticamente quando in prossimità dei nemici: dopo solo un paio d’ore in cui il button mashing sembra farla da padrone, il gioco ci inizierà gradualmente alle mille varianti possibili, concedendoci prima la possibilità di fermare il tempo e innalzare la visuale a volo d’uccello, ampliando notevolmente la rosa delle possibili scelte, e poi quella di impartire direttamente i comandi agli altri membri del nostro party, siano essi attaccanti da mischia o maghi.La distinzione è netta, ed è alla base degli scontri: personaggi come Yurick e Mirania si riveleranno praticamente inutili nel corpo a corpo, ma letali (se non decisivi) negli innumerevoli scontri con i mastodontici boss, e l’inerzia delle battaglie ci porterà spesso a richiamare su di noi l’attenzione del nemico (tramite la pressione del tasto C sul Nunchuk) per dar loro il tempo di castare i loro devastanti (ma altrettanto lenti) incantesimi.E che dire della possibilità di sfruttare le coperture e gli ambienti di gioco, giocando di stealth per attirare i nemici nelle nostre trappole piuttosto che condurli su un ponte per poi fargli mancare la terra sotto i piedi?Le possibilità offerte al giocatore sono centinaia per ogni battaglia, e tanto gli amanti dei titoli più votati all’azione, quanto quelli che prediligono un’attenta pianificazione strategica troveranno modo di forgiare ogni scontro a proprio piacimento, traendone soddisfazione e divertimento.Quasi dispiace che le battaglie non siano poi così frequenti come in altre produzioni similari, perché, insieme alla caratterizzazione dei personaggi, il sistema di combattimento è sicuramente la punta di diamante di questo prodotto, nonostante sia annacquato da un livello di difficoltà decisamente tarato verso il basso.Cinque vite per ogni combattimento sono decisamente troppe, considerando non solo che non affronteremo mai (se non durante brevi sequenze scriptate) i nemici in solitudine, ma anche che, all’attivazione del potere di Concentrazione, avremo la capacità di far resuscitare (in forma potenziata per qualche secondo) i nostri alleati caduti.Certo, una condotta sconsiderata e un approccio alla “Rambo”, con palese rifiuto del gioco di squadra sotteso a ogni combattimento, porteranno comunque ad un prematuro Game Over, ma anche in questo caso il prezzo da pagare sarà irrisorio, perché i check point sono numerosissimi, e anche nel peggiore dei casi non perderete che una manciata di minuti di gioco.

Quando si dice “direzione artistica”Sui conclamati limiti tecnici di Wii (alcuni innegabili, altri figli solo della pigrizia di taluni sviluppatori) si sono scritti trattati filosofici, e non intendiamo allungare la bibliografia: i rallentamenti che affliggono diverse fasi di gioco in The Last Story (stranamente in momenti apparentemente tranquilli più che durante le frenetiche battaglie) sono lì a ricordarci il divario con le console HD, così come qualche poligono eccessivamente spigoloso e una conta poligonale lontana anche solo dal più volte nominato capolavoro Monolith.Eppure, come dalla notte dei tempi videoludica, a fare la differenza non è mai stata davvero la conta poligonale (e prima dei poligoni il numero di sprite a schermo), ma una direzione artistica d’eccezione, capace di dare vita a un ammasso di pixel (piuttosto che di poligoni), di rendere credibile un sorriso, di creare empatia con un personaggio che di fittizio finisce con l’avere solo la carta d’identità.The Last Story ha tutto questo, e anche di più: i vicoli di Lazulis vi faranno perdere la bussola come un borgo medievale di quelli di cui l’Italia è ricca, sparare bucce di banana a terra e vedere un passante farci un capitombolo sopra vi strapperà un sorriso, e non vorrete sentir volare una mosca durante ognuna delle numerose cutscene (quasi tutte col motore del gioco, peraltro).Tanto vi basti, perché su Wii raramente avete visto di meglio, e siamo sicuri che difficilmente il futuro sovvertirà questo stato di cose.Il multiplayer, presente e paradossalmente meno scattoso di alcuni momenti di gioco in single player è un orpello la cui inclusione è apprezzabile ma fondamentalmente inutile, mentre affatto inutile è la colonna sonora a firma Nobuo Uematsu, che, pur non annoverabile tra le sue migliori prove (ancora legate al brand Final Fantasy), è perfetta nel sottolineare le emozioni a schermo, maestosa nei momenti di furente battaglia, e tremendamente dolce quando va in scena il rapporto tra Calista e Zael.Avrete dato una sbirciatina al voto, che, pur nella sua eccellenza, non è il top nella categoria: le cause sono da ricercarsi nella linearità insita nella struttura scelta da Sakaguchi, nella pochezza delle missioni secondarie (sia in termini di quantità che di qualità) e, conseguentemente, nella longevità generale, che si attesta “solo” sulle 30 ore, un valore appena nella media delle produzioni simili.Ma è nostro dovere aggiungere che saranno 30 ore ben spese, al termine delle quali vi aspetta un succulento New Game Plus.

– Una bella storia raccontata con grande maestria

– Battle system ispirato e flessibile

– Direzione artistica da urlo

– Colonna sonora tenera e incantevole

– Qualche rallentamento di troppo

– Fin troppo facile

8.5

Nonostante ci siamo dilungati ben oltre il nostro solito, siamo riusciti solamente ad offrirvi uno spaccato di un prodotto ambizioso, che non ha paura di percorrere strade nuove, di raccontarci una storia che, una volta tanto, si interessa più al destino e alle traversie di pochi che al fato di molti, al prezzo di una libertà di movimento e di esplorazione che molti ritengono oggi un elemento inscindibile per produzioni come questa.

The Last Story poggia su due cardini solidi quali un sistema di combattimento versatile e divertente e una storia che preferisce suscitare emozioni piuttosto che coinvolgerci in un evento di portata globale, e tanto basterebbe per farlo entrare nell’olimpo dei JRPG: se a questo aggiungete una lussuosa Limited Edition dedicata a noi europei, un character design che dovrebbe fare scuola e una colonna sonora di ottimo livello, appare evidente come questo sia un acquisto caldamente consigliato a chiunque ami i giochi di ruolo e possegga un Wii.

Non aspettatevi un capolavoro, ma un’esperienza memorabile.

Voto Recensione di The Last Story - Recensione


8.5