Recensione

The Dishwasher: Vampire Smile

Avatar

a cura di Alex Overkilll

Live Arcade, da quando è comparsa nel rinnovato universo consolistico Microsoft, è sempre stata grande fucina di sorprese, belle e brutte che fossero. Ha portato sotto i riflettori titoli dal concept bizzarro, riproposto classici del passato, sfornato prodotti comprensivi di tutti i cliché del genere d’appartenenza. Ogni settimana ecco materializzarsi nuovi lavori, tutti da scoprire, provare, odiare o amare in un contesto sempre intimo e privato, lontano dai chiassosi scaffali di negozi e rivenditori. The Dishwasher, il primo, è proprio nato in questo caldo ambiente pronto ad accogliere giovani talenti, abbracciare i sogni e le idee di chi i videogame li ama davvero, tanto nei riguardi delle grandi compagnie quanto in quelli di più piccole realtà indipendenti. L’originale The Dishwasher fu proprio parto mentale di un neonato studio di sviluppo, desideroso di dire la propria, condividere il suo estro singolare, cercare proseliti grazie a cui diffondere il personale verbo elettronico e svilupparlo così in forme nuove, evolute. The Dishwasher, il primo, riuscì nell’intento. Colpì il pubblico, colpì la critica, propose un gioco classico nel proprio gameplay e percorso da difetti, eppure tanto intriso di personalità da lasciare il segno e prepararsi a un sequel. Quel seguito è giunto ora, pronto a trasformare l’ombra del predecessore in piccola, ridicola, svanevole macchia scura, e stabilire un nuovo standard su Arcade di cui prendere doverosamente nota.

Sete di sangueVampire Smile ripropone quanto di bello si era assaporato nel precedente Dead Samurai, partendo da un gameplay semplice e immediato. Un comando per l’attacco leggero, uno per quello pesante, un altro per il salto, uno ancora per le prese, e le due levette per muovere il personaggio e farlo esibire in acrobatiche schivate nelle direzioni desiderate. Nulla di più essenziale che un moderno beat’em up 2D a scorrimento possa oggi chiedere.Vampire Smile ripropone, già. Ma lo fa aggiungendo rilevanti migliorie a tutto il bagaglio bellico e marziale in proprio possesso. In prima istanza rendendo più fluide mosse, spostamenti e le medesime animazioni durante quelli, trasformando ogni battaglia in un grande, elegante balletto di morte e distruzione, che scorre leggero come un corso d’acqua cristallina (naturalmente rossa sangue), servendo a piene mani velocità, gratificazione e divertimento. Gli strumenti del mestiere ci sono tutti, con un eccentrico arsenale a disposizione che spazia dalle comuni katane a forbici e siringhe giganti, da motoseghe e gatling implementate nelle braccia a fucili d’acqua elettrificati, per un set offensivo variegato, sopra le righe, eccitante come pochi nel suo utilizzo. Due le armi equipaggiabili contemporaneamente, e inedita la possibilità di switcharle non solo tra loro, ma anche con un secondo set personalizzabile, per un vero tripudio di combinazioni letali. La moltitudine di mosse disponibili per ogni corpo contundente (effettuabili in ogni possibile situazione e contesto: per terra, in aria, da parete, in prossimità di un avversario morente) apre le porte a infiniti spargimenti di fluidi corporei, adattabili alla creatività dell’utente ed al proprio stile personale di lotta.Tornano anche le magie, potenti mosse che consumano speciali icone a forma di teschio (attivabili con il grilletto sinistro e uno dei pulsanti sulla parte destra del joypad), questa volta accresciute in numero ma soprattutto qualità, più diversificate che in passato e portatrici di effetti e raggi d’azione piacevolmente eterogenei. Sempre presenti infine le finisher, uccisioni conclusive a seguito del sufficiente indebolimento del nemico, attivabili con la solerte pressione del tasto indicato a schermo di fianco al corpo da portare nell’oltremondo, e colorate di una crudezza magnificamente splatter, esaltata dalle urla animalesche dell’esecutore, copiosi spruzzi di sangue a fontana, rigagnoli cremisi grondanti sullo schermo, e zoomate macabre per lasciar assaporare ogni truculento dettaglio. Sontuoso banchetto per gli amanti degli sbudellamenti digitali.Inedita entrata invece quella degli accessori con cui garantirsi bonus di gioco. Raccogliendo speciali perle fantasma disseminate lungo i livelli (anzi spesso abilmente celate nelle loro profondità), si potrà godere di attacchi incrementati, protezioni aggiuntive, utili agevolazioni di sorta (o effetti scherzosi, in linea con il sottile humour affiorante in diverse occasioni). Quattro gli slot a disposizione per simili salvifici artefatti, che potranno essere intercambiati in qualunque momento a seconda delle esigenze e del contesto. Questo semplice ma efficace sistema di equipaggiamento, insieme al reperimento di cibarie curative ed al potenziamento della salute, delle riserve magiche e delle armi in cambio del denaro racimolato dai cadaveri nemici, aggiunge al menù una sempre ben accetta dimensione ruolistica, portatrice di maggiore profondità e nuovi pretesti per perseverare in molteplici stragi.

Massacro multiploSe Dead Samurai poteva dirsi povero nella quantità di ore richieste per il proprio completamento, Vampire Smile pone rimedio con una serie di soluzioni efficaci, proponendo prima di tutto un personaggio nuovo di zecca, la sorella del Lavapiatti, Yuki, e con essa una duplice modalità Storia. Identiche le locazioni, ma differenti gli sviluppi narrativi, sufficienti pretesti al completamento delle avventure di ambedue i guerrieri. Unico neo: le troppe analogie tra uno e l’altra, differenziati solo (oltre chiaramente dall’aspetto estetico) da un armamentario differente e una maggiore velocità di evasione da parte della ragazza non-morta (anche durante l’impugnamento delle armi più ingombranti). Tre le ore per terminare la modalità principale, suddivisa in tredici livelli da una dozzina di minuti a testa. Sei perciò quelle impiegate per giungere a tutti gli epiloghi disponibili che, sommati alle modalità aggiuntive Arcade (in cui superare una cinquantina di missioni preconfezionate), Sfida Piatti (un survival all’ultimo brandello di energia rimasto in corpo) e un rispettabilissimo comparto multiplayer cooperativo (online quanto offline) rendono facile calcolare una longevità rincuorante, lontana dall’essere guastata dalla ripetitività di fondo di Dead Samurai. Il maturato sistema di combattimento, unito alla struttura incalzante di eventi, mai troppo simili a loro, scongiurano eccellentemente il pericolo, lasciando sempre affamati di una nuova dose di azione e ultraviolenza. Proprio per i palati più esigenti e competitivi si ergono le sei difficoltà del prodotto, pensate per ogni tipologia di giocatore, dall’inesperto novizio al fremente ricercatore di degne prove. Il livello di sfida è stato lasciato inalterato rispetto al passato, attestandosi perciò su misurazioni molto alte, necessitanti di buoni riflessi e solidi pollici. Per venire incontro proprio a tutti, i ragazzi di Ska Studios hanno però introdotto una difficoltà ancor più permissiva dello stesso grado Facile, denominata provocatoriamente Principessina. In questa modalità il proprio personaggio non subirà così alcun danno, rivelandosi a tutti gli effetti un’indistruttibile divinità della morte. Il prezzo da pagare: un’inondazione di cuoricini rosa shocking sullo schermo di gioco per tutta la durata della partita. Geniale.

In un mondo oscuroSi arriva in conclusione all’esame dell’aspetto più unico, pulsante e artistico dell’intera opera: il suo stile. La serie si era già lasciata notare per le proprie tinte dark, oscure, sinistre, macabre, e naturalmente gore. Questi elementi sono tornati prepotentemente, decollando verso nuovi livelli di intensità e purezza. Lo stile distintivo è rimasto lo stesso, con personaggi e scenografie quasi disegnati a mano, con tratti volutamente grezzi, ruvidi e forti, circondati da un’aura di densa oscurità, la stessa che contorna lo schermo e permea ogni elemento rappresentato nel gioco. Ai lugubri e spenti toni monocromatici si mescola il rosso acceso del sangue sparso ad ogni metro digitale, regalando un contrasto di colori che strizza riconoscente l’occhio al genio di Frank Miller. La stessa scelta dei paesaggi si è fatta più ampia, presentando una varietà più nutrita rispetto al passato e una cura maggiore, malgrado qualcuno possa ugualmente trovarla ancora troppo limitata, specie a causa dell’estetica uniforme.L’introduzione di un personaggio femminile dona al gioco una nuova dimensione, ben al di là delle semplici differenze di sesso. Nei panni di Yuki (su cui lo sviluppatore ha riservato particolare cura e attenzioni) ci si troverà catapultati in un baratro di follia e psicosi, rappresentate esemplarmente con intermezzi allucinogeni e irreali, capaci di donare ulteriore profondità alla mente distrutta del personaggio, e aggiungere nuove dosi di malattia alle atmosfere già corrotte (in senso positivo) della struttura complessiva, contenente interi livelli e boss battle sorprendenti, eccentriche, destabilizzanti. La storia narrata è semplice, magari non troppo originale, ma raccontata bene ed in modo incalzante, attraverso efficaci sezioni a fumetti che comunicano distintamente il messaggio della disperazione, della follia e di concetti maturi come la tirannide del sistema, o la spietata vendetta. Inutile così stupirsi del divieto di fruizione posto al pubblico minorenne. Non da meno vanno considerate le eccellenti e graffianti musiche di accompagnamento, sempre abili nel sapersi sposare con ogni situazione. Composte di sfrigolanti chitarre distorte, esse raggiungono la propria massima espressione nel corso delle sezioni rhythm’n’game, innescate interagendo con gli amplificatori collocati nei capitoli dell’avventura. Un espediente che non stona, e incanala anzi più corroborante energia nel gioco, metaforico urlo esasperato dei due protagonisti straziati dal dolore. Poetico.

– Stile e personalità (malata) da vendere

– Sistema di combattimento solido, immediato, divertente

– Nuovo disturbato personaggio giocabile

– Squisitamente macabro, gore e psicotico

– Poche le differenze tra i due protagonisti e le loro rispettive storie

– Astenersi deboli di cuore… e minorenni

9.0

Vampire Smile porta la serie The Dishwasher verso nuove vette qualitative, superando le più rosee aspettative. Con un gameplay robusto, gratificante e dannatamente divertente confeziona un picchiaduro bidimensionale vecchia scuola, infarcendolo di elementi maturi, cruenti, forti, mentalmente deviati, raccontando la tragedia della morte e del controllo sociale. Il prodotto gronda di stile, dispensando pura energia dark a piene mani, forzando a questo giro la mano anche su dimensioni psicotiche. L’inserimento di un nuovo disturbato (e proprio per questo così vivo nella sua condizione di non-morte) personaggio, inediti livelli di difficoltà e due storie distinte non fa che garantire buona longevità, insieme alle meccaniche gdr di potenziamento ed equipaggiamento e tutte le modalità di gioco del capostipite. Forte di questi indiscutibili pregi (e di un prezzo conveniente in rapporto alla qualità offerta) il lavoro si impone come uno dei migliori titoli nel suo genere mai apparsi sul servizio Microsoft, encomiabile esempio di raffinata rappresentazione artistica digitale, e acquisto obbligato per tutti gli amanti dei beat’em’up e dell’ultra-violenza videoludica.

Voto Recensione di The Dishwasher: Vampire Smile - Recensione


9