Recensione

Shadowrun Hong Kong

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Non contenta di aver resuscitato un brand storico che rischiava di scomparire dopo l’uscita di un titolo orripilante che ne portava il nome (lo sparatutto in prima persona uscito nel 2007 su Xbox 360 e PC), Harebrained Schemes, software house giovane ma composta da vecchi lupi di mare del settore, sta regalando un RPG di spessore all’anno agli amanti del genere.Ecco allora arrivare, dopo Returns nel 2013 e Dragonfall l’anno scorso, Shadowrun Hong Kong, terza avventura stand alone ambientata nel mondo cyberpunk dell’arcinoto gioco di ruolo cartaceo.

Il fascino di Hong KongDopo i ghetti e le zone industrializzate dismesse della Berlino che faceva da sfondo a Dragonfall, Shadowrun Hong Kong ci porta nell’omonima metropoli dell’estremo oriente, tra luci al neon, vicoli lerci ricolmi di ratti e gang rivali che si spartiscono le briciole lasciate dalla Triade, la potente mafia cinese.Pur non raggiungendo le vette dello scripting del precedente capitolo, la storia raccontata, a partire da premesse assai semplici, riserva non pochi colpi di scena e svolte impreviste, rendendo assai più godibile un compito apparentemente triviale come la ricerca di un patrigno tra le strade della città dell’ex protettorato britannico.Attorno a un pungo di figure carismatiche (prima tra tutte quella del boss della malavita locale Kindly Cheng) si snoda un racconto ben articolato, ricco di dialoghi pregnanti, con scelte multiple in mano al giocatore, che, come per i due precedenti capitoli, invitano non solo alla riflessione durante la lettura, ma anche a rigiocare la stessa più volte: un alleato può diventare un inseparabile compagno d’armi, un nemico scendere a più miti consigli e un membro della nostra famiglia rivelare segreti insospettabili…Sebbene a tratti manchino l’omogeneità e il fattore novità che avevano caratterizzato i primi due titoli (Hong Kong è il terzo gioco finanziato con successo su Kickstarter, a testimonianza dell’amore del pubblico per questo tipo di giochi di ruolo), anche questa nuova avventura firmata Harebrained Schemes nasconde, tra le sue pieghe, filoni narrativi del tutto facoltativi, missioni secondarie che possono essere portate a termine utilizzando approcci assai differenti tra loro e, in generale, un livello di scrittura assolutamente degno di nota, che allevierà il peso del dover leggere migliaia di righe di testo.La recente rinascita dei CRPG (oltre ai tre Shadowrun, come non segnalare Pillars of Eternity, Wasteland 2, Divinity: Original Sin) passa proprio attraverso la cura nella creazione dei personaggi e nella caratterizzazione dei dialoghi, tanto quanto la possibilità di evitare scontri a fuoco tramite brillanti intuizioni oratorie, e Shadowrun Hong Kong non costituisce eccezione, proseguendo senza indugio sulla strada recentemente battuta.

Safe and soundDopo i meritati elogi dei primi due episodi, con Dragonfall che ha saputo arricchire e rifinire la formula proposta da Returns, nessuno si aspettava sconvolgimenti a livello di gameplay, come d’altronde da promesse “elettorali” in fase di raccolta fondi: Shadowrun Hong Kong, seppure con una serie di migliorie e perfezionamenti, si gioca esattamente come i due titoli che lo hanno preceduto, e, come tale, farà la felicità di quanti amano la serie e, nel contempo, difficilmente porterà nuovi accoliti alla causa.Per coloro i quali si fossero persi i titoli cui faccio riferimento, stiamo parlando di giochi di ruolo di matrice occidentale, con la tipica visuale isometrica (con livelli di zoom regolabili dall’utente) ed un sistema di combattimento a turni di stampo classico, con punti azione da spendere e un’ampia gamma di magie, armi da fuoco e combattimento corpo a corpo.Ognuno dei membri del nostro party dispone, ad ogni turno, di una riserva di AP (action points) da spendere come preferisce, ed ognuna delle azioni possibili consuma uno o più punti: spostamenti estesi possono anche richiedere un intero turno, tanto quanto le magie più potenti in dotazione ai maghi e agli sciamani.Ultimati i punti azione, la palla passa al nemico, la cui intelligenza artificiale, enormemente migliorata rispetto al titolo del 2013, si attesta sui più che soddisfacenti livelli di Dragonfall.Detto che le battaglie saranno il più delle volte evitabili tramite un buon uso dell’ars oratoria, quando si arriva alle mani ci si diverte, sebbene il sistema, in sé, proponga poco di nuovo rispetto alla concorrenza e ai titoli che hanno fatto la storia del genere a cavallo del millennio.Certo, la Matrice è stata completamente ridisegnata, e ora non appare più come una mera copia digitale di un normale campo di battaglia, e il numero di armi, portato ad oltre duecento, tra cui alcune innestabili direttamente sul braccio dei personaggi tramite cyber impianti, amplia notevolmente il ventaglio di scelte per il giocatore, ma, nel complesso, la struttura delle classi e le dinamiche di gameplay sono ereditate in toto dal recente passato.In ultima analisi, quindi, quello che Shadowrun Hong Kong guadagna in stabilità e familiarità finisce col perderlo, inevitabilmente, in freschezza, nonostante sia apprezzabile il tentativo di ridisegnare l’intera interfaccia utente, adesso più user friendly che in passato (sebbene, personalmente, non avessi riscontrato grossi problemi con quella di Dragonfall).Che non inganni quest’ultimo passaggio: pur mancando di quella scintilla che sempre caratterizza le nuove proprietà intellettuali, l’ultima fatica Harebrained Schemes rimane un prodotto di prima fascia per gli appassionati di giochi di ruolo, e ancor di più per tutti coloro che hanno amato i precedenti capitoli.Solo, in futuro, da fan, mi piacerebbe assistere all’introduzione di novità più sostanziose.

Scene animateIl discorso di cui sopra è applicabile, in larga parte, anche al comparto tecnico, con l’eccezione di una manciata di scene animate che vanno ad inframezzare i dialoghi e i combattimenti: come i suoi due fratelli, Shadowrun Hong Kong punterà più sulla bellezza dei suoi scorci, sulla forza evocativa di disegni di altissima qualità e sull’atmosfera complessiva, che sulla forza bruta dei poligoni.D’altronde, visto che il titolo gira senza problemi (e con i dettagli al massimo) anche su PC di fascia media, la mancanza di un fattore “wow” a livello grafico risulta un prezzo alquanto effimero da pagare: la fortuna dei titoli sviluppati sull’Infinity Engine, cui Harebrained Schemes non ha mai fatto mistero di rifarsi, è stata decretata (oltre che dal gameplay) dalla visione artistica e dall’estro di illustratori di grande esperienza, e Shadowrun Hong Kong appartiene, idealmente, a quello stesso filone.Manca ancora il doppiaggio, scelta un po’ cervellotica da parte della software house di Seattle, cui basterebbe aggiungere uno stretch goal alle sue campagne Kickstarter per ottenere i fondi dai fan senza difficoltà.A proposito di difficoltà, questa terza avventura si attesta sugli stessi livelli della scorsa, con un paio di combattimenti davvero impegnativi a tre quarti della campagna, che per il resto scorre via abbastanza liscia (a meno di non gettare al vento i punti Karma, s’intende), intrattenendo il giocatore per circa venticinque ore, un valore niente male per meno di venti euro.

– Sceneggiatura di alto livello…

– Grande libertà di scelta

– Ambientazione affascinante

– Combat system consolidato

– …anche se un gradino sotto quella apprezzata in Dragonfall

– Un po’ troppo uguale al suo recente passato

8.0

Come la Juve di Conte o la Ferrari degli anni di Schumacher, la serie di Shadowrun, premiata tanto dalla critica quanto dal pubblico, non aveva bisogno di sconvolgimenti significativi per far registrare un altro centro, quale infatti si rivela essere questo Hong Kong: una storia ben scritta, un sistema di combattimento solido e un’ambientazione ricca di fascino sapranno rapirvi per molte ore.

Nondimeno, per il futuro della serie mi aspetto migliorie significative, onde evitare che una formula vincente si trasformi in una un po’ stantia.

Voto Recensione di Shadowrun Hong Kong - Recensione


8