Recensione

Shadow Tactics Blades of the Shogun, recensita la versione PlayStation 4

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Piaccia o meno, la massificazione del mercato videoludico, soprattutto su console, ha portato ad una certa standardizzazione dell’offerta ludica, con alcuni generi assolutamente inflazionati, ed altri che, tristemente, sono finiti nell’oblio, come gli strategici in tempo reale, i cui unici esponenti di un certo spessore rimangono i due Halo Wars, che sono però esclusive Microsoft. Ecco perché avevamo accolto di buon grado l’annuncio della versione console di Shadow Tactics Blades of The Shogun, strategico che aveva già riscosso un ottimo successo su PC l’anno scorso.
Dopo esserci cimentati con la versione per l’ammiraglia Sony, siamo pronti a dirvi com’è venuto il porting da PC.
Un viaggio nel periodo Edo
Ambientato nel 1615, all’alba del lungo periodo Edo, che ha plasmato per oltre duecento anni il Giappone come lo conosciamo oggi (a cavallo tra il XVII e il XIX secolo), Shadow Tactics non si premura di offrire al giocatore una trama particolarmente complessa, né di approfondire le personalità e le motivazioni delle cinque spade al servizio dello Shogun, insediatosi da poco ma già in odore di essere rovesciato. Tale Kage-sama, temuto e misterioso signore della guerra, punta a ristabilire il caos antecedente all’avvento dello Shogun, probabilmente perché dalla guerra tra fazioni ha molto di più da guadagnare rispetto ad una situazione di pace: le vere motivazioni del villain principale, come la sua identità, comunque, non si sveleranno che nel prosieguo dell’avventura, lungo le tredici missioni che compongono la longeva campagna principale.
Come per i titoli dell’arcinota serie Ubisoft Assassin’s Creed, più che nell’intreccio in sé, Shadow Tactics ripone le sue fiche migliori nell’ambientazione, incredibilmente dettagliata, che riesce a veicolare con grande naturalezza le sensazioni, gli odori, i colori di un Giappone diviso tra il tradizionalismo medievale e la sequela di profonde innovazioni sociali e politiche che lo avrebbero investito di lì a poco.
La fatica dei ragazzi di Mimimi Productions punta evidentemente sulla complessità e sulla profondità del suo gameplay, sebbene alcuni dei dialoghi tra i cinque samurai al servizio dello Shogun si siano segnalati per la loro qualità: la pochezza di tutto il contorno narrativo e l’asciuttezza della gran parte degli scambi tra NPC sono chiari segnali di come lo sviluppatore tedesco fosse concentrato sul riproporre una tipologia di gioco che molti credevano morta e sepolta, piuttosto che offrire uno script degno di nota. Poco male, comunque, perché è proprio negli aspetti che più contano per un videogioco (che, non ci stancheremo mai di ripeterlo, sono la giocabilità e il fattore divertimento) che questo strategico in tempo reale severo e coinvolgente offre il meglio di sé.
Pugnali nell’ombra
Ognuno dei livelli che compongono la storia principale di Shadow Tactics racchiude in sé un puzzle di dimensioni enormi, che, nella maggior parte dei casi, può essere risolto in vari modi, utilizzando approcci anche molto differenti tra loro.
Ci sono delle costanti: l’inferiorità numerica, e con essa la necessità di muoversi nell’ombra, un’ottima intelligenza artificiale nemica (scordatevi le sezioni cosiddette stealth dei maggiori titoli tripla A) e la necessità di ottimizzare le risorse a disposizione, nella forma dei cinque differenti personaggi selezionabili.
Attorno a questi cardini si sviluppa un gameplay di una precisione e di una severità affatto trascurabili: entrare nel cono visivo di una delle sentinelle nemiche, a meno di volatilizzarsi entro un paio di secondi, vuol dire richiamare sul posto almeno un’altra guardia, nonché modificare, anche radicalmente, il tragitto delle ronde nemiche, tanto quanto lasciare dietro un cadavere senza averlo adeguatamente occultato significa andare incontro ad un inferno di rinforzi.
Il livello di sfida è alto, ma il titolo non gioca sporco: se utilizzate adeguatamente, le risorse in mano al giocatore sono sempre sufficienti a risolvere le varie situazioni proposte.
Ognuno dei cinque samurai che compongono il party del giocatore ha accesso ad abilità uniche, combinabili durante la modalità ombra così da mettere in azione piani diabolicamente architettati alla pressione di un singolo pulsante.
Hayato rappresenta il tipico ninja che si muove nell’oscurità: può utilizzare il suo shuriken infinite volte (a patto di recuperarlo dal freddo corpo dei nemici sconfitti) e distrarre le guardie gettando sassolini nella direzione opposta a dove si nasconde.
Mugen è un armadio semovente, l’unico capace di affrontare i samurai direttamente, trasportare carichi pesanti e freddare tre nemici in un colpo solo, oltre ad attirare l’attenzione delle guardie gettando bottigliette di sake a terra.
Peccato che sia agile come un grizzly e rumoroso come una mandria di elefanti.
Takuma (che si è guadagnato lo status di nostro preferito) ci ha ricordato The End, l’anziano cecchino visto in Metal Gear Solid 3: lento nei movimenti e incapace di sforzi fisici, è però letale dalla distanza con il suo fucile, che combina ad un tanuki ammaestrato, ideale per attirare l’attenzione di nemici multipli.
Yuki ed Aiko aggiungono un tocco femminile che non guasta mai: la prima prepara letali trappole e poi vi ci attira gli ignari nemici con la musica del suo flauto, mentre la seconda è maestra nel travestimento e può ingannare e attirare in futili conversazioni tutti i nemici, meno che i samurai.
Combinando i poteri di questi personaggi, e architettando elaborate strategie che coinvolgano due o più di loro, il giocatore dovrà farsi largo lungo livelli dalla durata media superiore all’ora, in cui, fortunatamente, è possibile salvare in ogni momento: il trial and error è connaturato all’esperienza, e, nella maggior parte dei casi, non infastidisce.
Va però detto che, soprattutto negli ultimi tre o quattro stage, la difficoltà si impenna ulteriormente, rendendo necessari numerosi tentativi a vuoto prima di riuscire nell’impresa: chi si lascia scoraggiare facilmente o non ama ripetere brevi sezioni degli stage si ritenga avvisato, perché Shadow Tactics punisce severamente movimenti e decisioni affrettati.
Splendidi diorami
Vista la natura indipendente della produzione e la tipologia di gioco, che di certo non è tra quelle usate per i benchmark, ci si sarebbe potuti aspettare un prodotto deludente a livello visivo, che sfigurasse ancora di più nel passaggio dai monitor PC a televisori dalla diagonale molto più generosa. E invece Shadow Tactics, che pure, a ben guardare, tradisce le sue origini ed un budget tutt’altro che stellare, offre all’occhio dell’utente console dei livelli che sono dei piccoli, splendidi diorami, composti da decine di piccoli particolari, incredibilmente realistici nell’offrire un scorcio del Giappone tardo-medievale.
Scorci cittadini affollati di mercanti e passanti si alternano a fitte foreste verdeggianti, aree paludose seguono in rapida successione costoni rocciosi dov’è problematico nascondersi alla vista del nemico: ogni stage propone sfide differenti, perfettamente integrate con l’ambiente, con il risultato che la creatura di Mimimi Productions cambia pelle ad ogni nuova missione, offrendo una varietà visiva encomiabile.
Certo, come già evidenziato poc’anzi, un occhio più attento noterà la bassa conta poligonale, la legnosità delle animazioni di guardie e NPC, la scarsa reattività della telecamera, che spesso risulterà un intralcio piuttosto che un’alleata, ma nulla di tutto questo detrae dell’esperienza di gioco in misura tale da sminuire i pregi del prodotto.
Molto bene anche sul versante sonoro, con la presenza della doppia traccia audio inglese/giapponese e di una playlist musicale varia almeno quanto le diverse ambientazioni, capace di immergere completamente il giocatore nell’atmosfera di cui il gioco è pervaso e di non disturbarne i meccanismi mentali in fase di pianificazione strategica.

Gameplay profondo ed impegnativo

I salvataggi veloci incoraggiano la sperimentazione…

Level design mai banale

Numerosi approcci possibili per ogni missione

Può risultare frustrante a tratti

…ma anche un po’ di trial and error

8.0

Shadow Tactics Blades of the Shogun si candida a diventare uno degli strategici migliori di questo 2017, nonché uno dei pochi titoli di genere veramente meritevoli all’interno della libreria di PS4 e Xbox One.

Proprio per questo motivo, e per la buona qualità della conversione, anche relativamente al passaggio da mouse e tastiera a gamepad, abbiamo deciso di innalzare leggermente il voto rispetto alla versione PC, recensita qualche mese fa.

Mentre gli strategici di qualità abbondano su PC, se possedete una console di attuale generazione e volete mettervi alla prova con un titolo impegnativo, longevo, che smuova le vostre sinapsi, Shadow Tactics rappresenta una delle poche opzioni possibili.

Speriamo che il suo arrivo su console segni l’inizio di una nuova era per questo sottogenere degli strategici.

Voto Recensione di Shadow Tactics Blades of the Shogun, recensita la versione PlayStation 4 - Recensione


8