Recensione

Outcast 1.1

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a cura di Specialized

Chi segue il “mercato” di Kickstarter con attenzione ricorderà certamente che a inizio maggio Outcast Reboot HD non riuscì a essere finanziato. Il progetto che voleva riportare Outcast su PC con una veste grafica aggiornata quanto più possibile al 2014 non riuscì infatti a raggiungere i 600.000 dollari richiesti, fermandosi addirittura a meno della metà. Un bello smacco per il team belga di Franck Sauer e Yann Robert (Fresh3D), ma evidentemente quel piccolo capolavoro del 1999, che già allora vendette molto meno del previsto e di quanto avrebbe meritato, continua a essere amato, conosciuto e venerato solo da una piccola nicchia di giocatori. Nonostante però il fallimento su Kickstarter, i due sviluppatori originali non hanno gettato la spugna e sono comunque riusciti, dopo aver acquistato da Atari i diritti del gioco, a riproporre Outcast 15 anni dopo la sua uscita. Lo hanno fatto con Outcast 1.1, una nuova versione del gioco disponibile da alcuni giorni su Steam e GoG a meno di 5 euro che apporta alcune migliorie grafiche, cerca di fare piazza pulita dei vecchi bug ancora esistenti e aggiorna l’interfaccia di gioco.
Restyling grafico 
Va detto che il gioco in sé rimasto lo stesso del 1999 e che Fresh3D non ha stravolto l’originale comparto grafico come era nelle intenzioni del Reboot HD. Non bisogna quindi aspettarsi un vero e proprio remake HD come ne abbiamo visti molto negli ultimi tempi, bensì un’operazione di svecchiamento che ha portato ad esempio nuove opzioni grafiche (poche ma buone) e a nuove risoluzioni, sebbene dal menu di lancio (anche questo nuovo di zecca) il massimo consentito sia 1920×1080 e non 1920×1200, che avrebbe fatto parecchio comodo ai tantissimi possessori di un monitor 16:10. Sempre dal menu possiamo scegliere la lingua dei sottotitoli (c’è anche l’italiano), personalizzare la configurazione del pad di Xbox 360 e dell’accoppiata mouse-tastiera e poco altro. Chi aveva giocato ad Outcast alla sua uscita si ricorderà come il particolare motore grafico, molto raffinato e pieno zeppo di feature allora difficili da trovare in un titolo del genere, rendesse il gioco piuttosto pesante per un PC medio di quei tempi tra anti-aliasing, heightmap, distruttibilità dell’ambiente, riflessi dell’acqua e altre prelibatezze grafiche che andavano a incidere quasi esclusivamente sulla CPU dato che, incredibile ma vero, Outcast non sfruttava l’accelerazione 3D delle schede grafiche, offrendo un rendering esclusivamente software. Oggi tutto ciò non rappresenta più un problema e nonostante 15 anni siano quasi un’era preistorica nei videogiochi, Outcast è un gioco ancora bello da vedere. Non ci riferiamo tanto alle texture (molto slavate) o alle animazioni inevitabilmente legnose, ma a certi scorci paesaggistici, alla resa del cielo con i suoi colori poetici, al realismo dell’acqua e al design di Adelpha, un mondo tra fantasy e sci-fi diviso in sei grandi regioni del tutto diverse tra loro e caratterizzate splendidamente. E che dire del sonoro? Ottimo il doppiaggio inglese, ma a risplendere ancora oggi sono soprattutto le musiche sognanti, cariche di pathos ed epiche di Lennie Moore, Sean Hickey e William Stromberg, che tra l’altro si sposano alla perfezione con le atmosfere del gioco.
Sandbox pre-2000
Mettersi oggi di fronte Outcast 1.1 può da un lato “sconvolgere” i giocatori più giovani che rimarranno un po’ interdetti dal comparto grafico, ma significa anche vivere per una trentina di ore  in un mondo parallelo descritto nei minimi particolari. Un lore davvero minuzioso e affascinante a livello di razze, trame secondarie, ambientazioni e personaggi. Il fatto poi che non esista la classica mini-mappa del mondo con il puntatore che indica l’obiettivo delle missioni rende di fatto obbligatorio parlare con i PNG, scoprire dettagli sulla destinazione e immergersi così sempre più a fondo in questo mondo tutto da esplorare. Non è un caso che Outcast sia considerato tra i primissimi action-adventure in terza persona (ma si può giocare anche in soggettiva) fortemente sandbox. A parte alcune piccole eccezioni, l’intero e vasto mondo è esplorabile fin dall’inizio a piedi, in sella a creature dal sapore preistorico o varcando i classici portali di teletrasporto, senza dimenticare la grande libertà di azione e movimento. Ci sono combattimenti, quest primarie e secondarie, dialoghi e anche qualche puzzle, mentre gli unici elementi ruolistici sono limitati al potenziamento delle armi, dal momento che al nostro alter-ego mancano una classica progressione a livelli o skill e abilità da sviluppare nel corso del gioco.    
 
La moralità di Outcast
La cosa che più stupisce di Outcast 1.1, contando i tre lustri passati, è la sua maturità. L’intelligenza artificiale è ancora oggi validissima sia nel comportamento dei nemici e nelle loro tattiche di attacco e difesa, sia nel modello “morale” dei personaggi non giocanti, che si ricordano delle nostre azioni e agiscono di conseguenza. Un simile sistema fu allora giudicato molto innovativo e diede al gioco una profondità notevole per trattarsi di un action-adventure, ma a ben vedere simili finezze non si trovano nemmeno in molti titoli odierni e fanno di Outcast 1.1 un gioco invecchiato pochissimo a livello di gameplay e profondità del sistema di gioco. Considerando poi svaniti tutti i problemi di ottimizzazione grafica alla sua uscita e risolti la maggior parte dei bug, Outcast 1.1 è un gioco godibilissimo anche a 15 anni di distanza, con solo qualche inevitabile ruga grafica, missioni secondarie a volte scialbe e ripetitive, qualche glitch grafico ancora da sistemare e il rischio, almeno per i giocatori più giovani, di sentirsi inizialmente un po’ spaesati in questo mondo così vasto e tutto da scoprire senza i classici “aiutini” a cui siamo abituati oggi. Per poco meno di 5 euro l’acquisto rimane comunque d’obbligo.   

– Gioco invecchiato poco e bene

– Gameplay profondo e maturo

– Bellissime ambientazioni

– Qualche miglioria grafica e splendida musica

– Longevità elevata e prezzo bassissimo

– Non aspettatevi un vero remake HD

– Qualche bug ancora presente

– Può risultare un po’ dispersivo

8.0

Outcast 1.1 non è quel Outcast Reboot HD che Fresh3D sperava di realizzare grazie a Kickstarter, ma qualche svecchiamento grafico c’è comunque, è stato introdotto il supporto al pad di Xbox 360 e sono stati eliminati molti bug ancora esistenti nella versione del 2010 proposta da GOG. Con 5 euro ci si porta insomma a casa un classico di 15 anni fa in una veste più che dignitosa, anche se alla fine è soprattutto il gioco in sé a colpire. Outcast è invecchiato pochissimo e le poche rughe che mostra inevitabilmente non influiscono se non superficialmente sulla riuscita finale. Un gran gioco, allora come oggi.

Voto Recensione di Outcast 1.1 - Recensione


8