Recensione

Men in Black: Alien Escape

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a cura di Upe

“Back in Black”. La feccia aliena è tornata, ma gli uomini in nero ci sono sempre!

L’uscita del secondo capitolo cinematografico di “Man in Black” è imminente. La coppia Will Smith e Tommy Lee Jhones, memore della precedente avventura, si ritrova ancora insieme a fronteggiare un’orda di nuovi e più pericolosi alieni, resi degnamente dall’utilizzo di mirabolanti effetti speciali. E’ importante sapere, soprattutto per coloro che mettessero le mani sul gioco dopo aver visto il film, che la storia di questo titolo, distribuito da Infogrames, non si basa sulla trama cinematografica, né utilizza gli stessi personaggi. Questo potrebbe deludere i fans dei due attori e lasciare un po’ di amaro in bocca a chi avrebbe voluto rivivere le loro gesta. Premessa necessaria, prima di andare a sviscerare le peculiarità di questo prodotto che, già dal titolo, lascia intendere molto sulla trama: Men in Black – Alien escape.

La storiaCome accennato, la storia portante non ricalca minimamente quella della versione in celluloide. Possiamo capire, seguendo il filmato introduttivo, cosa farà da fulcro alla nostra avventura. Vedremo, infatti, un’astronave, attrezzata per il trasferimento dei detenuti da una colonia penale all’altra, venire colpita da un’asteroide e, dopo il tremendo impatto, precipitare sulla nostra amata terra. Logicamente (altrimenti che scopo avrebbe il gioco) ci sono molti superstiti tra i passeggeri del cargo spaziale, tutti delinquenti matricolati e, naturalmente, alieni. Trovandosi inaspettatamente liberi, con le guardie fuori uso, l’unica cosa da fare è quella di darsi alla fuga e, dopo tanta detenzione, tornare alla “bella” vita da criminali. Questa è, in breve sintesi (non è che poi serva altro, considerata la natura stessa del gioco), la base di partenza, il trampolino di lancio, l’imput per imbracciare le armi e dare la caccia ai fuggiaschi. Chi meglio dei Men in Black, per gli amici MIB, potrebbe trattare con tali soggetti, brutti e pericolosi.

Grafica, tecnica e tutto quello che si vedeCome avrete già potuto intuire (voi siete intelligenti mica per scherzo!), il gioco, mascherato da adventure, non è altro che uno sparatutto in terza persona, ossia con la classica visuale alle spalle del personaggio principale. Il motore grafico preparato dagli sviluppatori (un team interno a Infogrames) fornisce un discreto dettaglio generale e riesce a gestire, senza apparente fatica, tutto quanto appare nella schermata. Si nota anche una certa cura nella realizzazione complessiva dei vari livelli, dotati di un buon numero d’oggetti di contorno, molti dei quali possono essere distrutti. La resa generale, come potete anche notare dalle immagini, è molto buona ed offre una discreta visuale dell’orizzonte. Ottimi gli effetti di luce ambientale e quelli associati alle armi che, però, non sono dinamici. Si tratta di fonti luminose pre-impostate (non in tempo reale), belle da vedere sicuramente, ma che non modificano l’ambiente circostante con il loro raggio di influenza. Mi spiego meglio: se guardate attentamente le foto vi renderete subito conto di due cose; la prima è che i personaggi non proiettano alcuna ombra (ad esclusione di quella classica circolare sotto i loro piedi); la seconda, relativa al “fuoco” delle armi laser, è che il raggio luminoso non “illumina” gli oggetti vicini. Questo non è certamente un grave difetto, più che altro è un “escamotage” adottato per far sì che il processore della PS2 non faccia molta fatica, rendendo più fluido tutto il movimento a video.

Gameplay e giocabilitàQui sembra quasi di tornare indietro nel tempo, ai cari vecchi shoot-em-up di una volta. L’impostazione, come vuole la “modernità” (3D docet), è al passo con i tempi ma il gameplay ha il sapore di una volta. Non dovete far altro che avanzare, distruggere, annientare o “sperticare” tutto ciò che avrete di fronte, più sono e meglio è. Niente enigmi cervellotici, niente rebus da settimana enigmistica, solo dita veloci e riflessi felini. Sullo schermo avrete tutto quello che vi serve per tenere sott’occhio la situazione: in basso a sinistra un radar, nel quale vengono evidenziati (con dei punti bianchi) gli alieni da “sforacchiare”; in alto a sinistra l’icona della vostra bella faccina, l’energia che vi rimane, il numero di vite a disposizione (omini come si usava dire una volta) e il punteggio; in basso a destra l’arma selezionata e il numero di munizioni per la stessa. La giocabilità vera e propria è adeguata a quanto espresso fino ad ora. Veloce e frenetica.

Longevità e sonoroEcco giunte le dolenti note (non quelle musicali). Quanto durerà questo gioco? Quantificare il tempo esatto è difficile, d’altronde non faccio mica il mago! Posso assicuravi, però, che i più “bravini” tra di voi non impiegheranno molto a completarlo. Non perché sia corto, anzi, c’è un buon numero di livelli, vari e ben strutturati, ma è l’eccessiva semplicità generale il vero problema. Dirò di più. L’intelligenza artificiale degli avversari è alquanto “fiacca” (e sono stato buono), mai un attacco combinato o un’imboscata, mai una variazione ai loro schemi di combattimento. Conclude l’opera la mancanza di un’opzione a due giocatori che, vista la cooperazione dei due personaggi (almeno nel film), avrebbe dato un tocco in più all’intera produzione. Il senso di “pochezza” viene inoltre accentuato dalla miseria di bonus disponibili, limitati alla possibilità di poter affrontare, singolarmente, i vari boss di fine livello o all’opportunità di sbloccare le schede dei vari alieni incontrati. Il comparto sonoro, nulla di eclatante, propone buone musiche ed effetti coerenti, adeguati alla frenesia dell’azione.

E’ come tornare ai vecchi sparatutto;

Giocabilità buona;

Si spara a più non posso;

Eccessivamente facile;

Pochi bonus;

Una volta finito lo accantonerete;

6

Come giudicare, in definitiva, questo titolo: bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno? Dipende dai punti di vista e da quello che ognuno si aspetta. Men in Black: Alien Escape è un prodotto frenetico, con una discreta grafica e una velocità complessiva dell’azione più che soddisfacente. L’impostazione stile “old arcade” lo rende, per certi versi, appetibile per chi cerca una sfida non troppo impegnativa. L’intelligenza artificiale degli avversari alieni è quasi irritante, si completa il tutto con troppa facilità. Pochi bonus ad incentivarne la rigiocabilità e i conti sono presto fatti. Lo consiglio, soprattutto, ai novellini o a chi, senza troppe pretese, cerca un prodotto poco difficoltoso. Gli altri ci pensino su!

Voto Recensione di Men in Black: Alien Escape - Recensione


6