MediEvil, Storia di uno scheletro divenuto eroe

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a cura di Adriano Di Medio

Redattore

Corre l’anno 1995: PlayStation ha appena debuttato sul mercato console, lanciando qualcosa che fino a quel momento era stata solo fantascienza: la grafica 3D. Se al pubblico appare come una grandiosa innovazione, per gli sviluppatori i poligoni sono come un oceano inesplorato. Ma a certi marinai il mare aperto fa solo gola. Due di questi sono dei cittadini di Cambridge chiamati Chris Sorrell e Jason Wilson. Da sempre appassionati del fantasy e del garbato gotico di Tim Burton, decidono di creare un personaggio che li fonda entrambi.
Il suo cranio è consumato dal tempo, i suoi denti storti. È privo di mandibola, e ha un solo occhio. Le sue vecchie ossa sbattono in un’armatura ormai troppo grande. Lui è Sir Daniel Fortesque, il cavaliere buono, lo scheletro vivente in cerca di rivalsa, la motivazione fatta videogioco. La sua storia è rimasta nel cuore di molti: un racconto fatto di nera ironia, con poche apparizioni diluite in tre generazioni di PlayStation. Essendo ormai vicino il ventennale del suo debutto, SpazioGames vuole accompagnarvi in un viaggio a ritroso nel tempo, per ricordare uno dei più grandi eroi della storia di PlayStation.

Il riscatto dell’eroe guercio: MediEvil

I padri di MediEvil si chiamano Millennium Interactive. Il loro comunque non è un debutto assoluto: hanno già esperienza grazie ai James Pond, serie di platform bidimensionali per PC e Mega Drive. L’avventura di Sir Daniel Fortesque viene inizialmente concepita come una versione in tre dimensioni di Ghosts ‘n Goblins accorpata all’immaginario burtoniano. Oltre che dal 3D, Sorrell e Wilson sono affascinati dal gotico e dagli arcade anni Ottanta. Ne esce una rolling demo ben fatta, ancora sotto il titolo provvisorio di Dead Man Dan. Sony rimane incredibilmente colpita, tanto che pubblica la demo sui dischi promozionali e di comprare la stessa casa di sviluppo. Ribattezzati Sony Cambridge, Sorrell e Wilson vengono a sapere del Dual Shock e la cosa è provvidenziale. La fluidità di questo nuovo sistema di controllo è il via libera per un’avventura autentica, dove i livelli “stagni” si fondono a inediti elementi “alla Zelda” come oggetti da trovare e enigmi da risolvere.
Come tanti altri esordi, i tempi sono stretti e il budget ancora di più. Un videogioco artigianale, con Wilson che progetta i livelli letteralmente su quaderno. Le idee scartate e gli elementi finiti ma saltati all’ultimo momento non si contano, ma c’è un qualcosa che non cambia mai. Ed è proprio lui, Sir Daniel. Questo cavaliere mancato ha infatti fatto credere di aver affrontato e sconfitto Zarok, il malvagio stregone che da sempre minaccia Gallowmere. Quando invece è stato abbattuto dalla prima freccia scagliata durante la carica. Cento anni dopo quella freccia Zarok è tornato per vendicarsi sul regno di Gallowmere, trascinandola in un’eterna notte d’orrore. Unico falso eroe, Daniel vede questo ritorno nel mondo dei vivi come l’occasione per riscattarsi. Un personaggio lontano da qualunque perfezione, che sembra “di troppo” in mezzo ai grandi eroi che in panciolle lo canzonano per il suo tragico equivoco. Ma Daniel è un simbolo: è la metafora che, certe volte, la motivazione sopperisce a qualunque altra mancanza.
Nero, ironico e parodistico, MediEvil esce su PlayStation nel 1998. Il successo è notevole, tanto da meritarsi la riedizione Platinum. Le avventure tridimensionali del vecchio scheletro si impongono tra i videogiocatori di tutto il mondo, anche grazie alla scrupolosa localizzazione di Sony. La versione italiana è ricordata per aver inserito inflessioni dialettali nostrane nei dialoghi. Una scelta che, per quanto comune negli anni Novanta, oggi appare come discutibile. Meno noto è che fu fatta perché anche nell’originale le inflessioni erano quelle delle diverse regioni d’Inghilterra.

Il cavaliere “fuori luogo”: MediEvil 2

Il mezzo milione di copie dell’esordio sono il segno per la Sony di aver fatto la mossa giusta, e lascia ai Cambridge carta bianca per il sequel. Nel frattempo, Daniel viene scelto per numerosi camei in altri giochi Sony, come Everybody’s Golf II. Al momento in cui il primo MediEvil è Platinum i lavori sono a buon punto e il gioco viene pubblicato a maggio 2000. Fu un’epoca di stravolgimenti, volendo anche fin troppo audaci. Dalla fittizia Gallowmere si passa alla Londra vittoriana del 1886. Questa età di scoperte a vapore, irrazionale e ambizioni mancate vede l’industriale arricchito Palenthorn ritrovare il libro degli incantesimi di Zarok. Replicando parzialmente l’incantesimo della notte eterna, finiva con seminare un caos con epicentro il quartiere di Kensington. Daniel si sarebbe ritrovato di nuovo nel mondo dei vivi, venendo aiutato nella nuova minaccia dall’eccentrico scienziato Hamilton Kift.
MediEvil 2 ha rappresentato un’autentica innovazione per il brand, e non sempre in positivo. Non c’è più Sorrell a dirigere, e Jason Wilson viene meno coinvolto nel progetto. Tuttavia l’impatto grafico è di altissimo livello, e il gioco si bea di questa nuova atmosfera. Daniel viene ridisegnato più armonioso, e Wilson crea per lui Kiya, mummia vittima dell’incantesimo e suo interesse amoroso. Il contesto vittoriano permette ai Cambridge di giocare con tutti gli stereotipi dell’epoca, dai vampiri agli assassini seriali. Ma nonostante i continui tentativi di differenziare il gioco, dai numerosi enigmi ambientali ai minigiochi parodistici, è evidente che qualcosa è cambiato. Senza più l’obiettivo del “riscatto”, si cerca di far emergere il lato più classicamente eroico di Dan, nei fatti divenuto difensore del mondo contro la blasfemia di Zarok. Purtroppo, una sceneggiatura confusionaria (con addirittura viaggi nel tempo) e una difficoltà eccessiva non aiutano a far trasparire il messaggio. La stessa introduzione delle armi da fuoco nel gameplay risulta col senno di poi piuttosto approssimativa, mancando un buon sistema di puntamento. Spariscono gli elementi “avventurosi” dai livelli, che tornano a una familiare ma basica progressione in linea retta.

La rievocazione: MediEvil Resurrection

Dopo il 2000, Sir Daniel Fortesque scompare dalla vista per cinque lunghi anni. PlayStation 2 spopola nella sesta generazione di console, e Sony Cambridge si occupa di C12-Final Resistance, sparatutto in terza persona che non viene accolto entusiasticamente. Decidono quindi di tornare al fantasy per esordire su PlayStation 2: ne esce Primal, di nuovo tiepidamente recepito. Sony tuttavia sta preparando PlayStation Portable, e quasi come un buon augurio vuole Sir Daniel sulla nuova console. Da PS2 lo sviluppo viene quindi dirottato su PSP, ma per essere pronti al lancio ai Cambridge viene dato un solo anno di tempo. Non resta che fare il remake dell’esordio. Nasce così MediEvil Resurrection, che arriva sul mercato nel 2005. La grafica viene ovviamente rimodernata, con Sir Daniel che finalmente assume più carattere e viene affiancato da Al-Zalam, genio arabo intrappolato nel suo cranio. La trama di fondo è la stessa del primo episodio, ma con diverse aggiunte. Presenti svariati minigiochi per meglio entrare nell’esperienza portatile, viene anche introdotta la sotto-trama della Pietra di Anubi, manufatto magico capace di contrastare la negromanzia di Zarok. Nonostante rimanga ironico e divertente, il gioco risente pesantemente del poco tempo di sviluppo a disposizione. A livello strutturale è evidente come il disegno dei livelli spesso sia confusionario, con la telecamera più volte indecisa. La sceneggiatura poi è controversa: volendo parodiare l’originale finisce con perdersi nella sua stessa ironia, e i riferimenti anacronistici ai tempi moderni sono un po’ fini a se stessi. Sparisce il retroterra cupo che aveva reso celebri le due precedenti avventure, in favore di un aspetto più “cartoon” ed enigmi a volte fin troppo semplici.
Dopo questa avventura, l’ultima apparizione di Sir Daniel è datata 2012, quando viene ospitato come personaggio giocabile in PlayStation All-Stars Battle Royale. L’accenno di trama che viene dato in questo gioco è il suo essere richiamato nella dimensione di Polygon Man perché insospettito di un ritorno di Zarok. Il suo finale ne racconta il ritorno al Salone degli Eroi, in vista di avventure future.

Sir Daniel Fortesque è MediEvil. Con il suo parlare borbottato e la sua cupa determinazione è diventato il simbolo videoludico del non arrendersi mai. Un personaggio che prima di tutto è metafora dei suoi stessi creatori: tante, troppe volte si saranno sentiti dire che il 3D era troppo impegnativo per loro, che non ce l’avrebbero mai fatta. Esattamente come Daniel con Zarok, hanno dimostrato che avevano torto. Se l’esordio è stato fulminante, il sequel è stato il consolidamento dell’eroe nel cuore di tutti. E li ha lasciati in attesa di un ritorno in cui nessuno, nonostante gli anni, non ha mai smesso di sperare. Anche quando si sono rivelati solo scherzi. Dove Resurrection rimane un coraggioso tentativo di far conoscere il cavaliere anche al pubblico moderno, MediEvil e MediEvil 2 sono due facce della stessa medaglia, due gemelli praticamente complementari. Nonostante la qualità, la preferenza rimane ancora una mera questione di gusti. Con una sola eccezione: tutti coloro che non ne hanno mai sentito parlare, gli diano una possibilità. Entrerete a far parte di un’epopea di garbata, nera ironia.