Recensione

L'Ombra di Mordor

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a cura di Pregianza

Sarà il marketing aggressivo, o l’eccesso di hype che circonda molti videogiochi di recente, ma i critici della nostra categoria hanno sempre più motivi per dare ragione alla cosiddetta “legge di Murphy”. Approcciare ogni situazione con la consapevolezza che difficilmente le cose andranno per il meglio aiuta spesso e volentieri a schiarire la mente, e permette di valutare con più lucidità i miglioramenti laddove sono state fatte delle modifiche sensibili rispetto alle prime versioni di un titolo. È anche per questo che ci capita alle volte di essere cattivelli in sede di preview. Il caso più eclatante, per quanto riguarda la nostra allegra redazione, riguarda sicuramente l’Ombra di Mordor: il lavoro di Monolith ci era sembrato ad una prima occhiata un riciclone di meccaniche prese di peso da prodotti ben più noti, e la sua principale novità non aveva dato l’impressione di poter rimescolare gli ingredienti a sufficienza. Quando è arrivato sul nostro sfavillante computer, dunque, lo abbiamo approcciato con l’espressione mesta di chi sta per andare in guerra.
Ecco, oggi siamo qui per dirvi che ogni tanto è anche il caso di essere ottimisti, e che dopo una porta ove ci si aspetta un deserto di idee si può trovare un’oasi rigogliosa. I Monolith ci hanno convinto con il loro titolo ambientato nella Terra di Mezzo, e l’hanno fatto dimostrandoci di avere le uniche caratteristiche che non possiamo mai fare a meno di premiare durante una review: passione per i videogiochi, intelligenza nel game design, e un pizzico di sana furbizia. 
Prima della morte, la vendetta
Gli sceneggiatori di Shadow of Mordor si sono trovati una gatta da pelare di quelle dal pelo ispido tra le mani quando hanno dovuto scrivere una storia per il gioco. L’epica di Tolkien è sconfinata, vanta una schiera di appassionati preparatissimi e non è di facile fruizione. L’impresa, tuttavia, gli è riuscita degnamente, in primis perché la strada scelta è più simile a quella dei film di Jackson che alla frequentemente prolissa narrativa del Silmarillion. 
Il giocatore qui veste i panni di Talion, un ranger di Gondor messo a guardia del cancello nero di Mordor. I giorni scorrono abbastanza tranquilli, tolto l’occasionale assalto degli orchi, finché il distaccamento di Talion non viene attaccato dalle forze di Sauron e la sua famiglia sgozzata davanti ai suoi occhi da un misterioso necromante. Il ranger però non raggiunge i suoi cari nell’aldilà, si risveglia a Mordor, posseduto dallo spirito di un lord elfico che non ricorda la sua identità e dotato di poteri che solo un’essere in bilico tra la vita e la morte può sfruttare. Ora la sua missione è una sola: trovare chi gli ha fatto questo ed eliminarlo, per poi finalmente abbracciare la fine. 
Come alcuni fan del Signore degli Anelli avranno notato, è una premessa leggermente forzata, ma questo non significa che la narrazione sia mal gestita. Fin da subito si nota una incredibile cura nel tratteggiare vicende e personaggi, grazie anche a un tutorial gestito a meraviglia tramite brevi flashback che rivelano con crudezza il background del gioco e impostano subito il tono della campagna. Durante l’avventura incontrerete alcuni volti nuovi e altri molto noti, inseriti più o meno bene nella trama, ma noterete sempre un grande rispetto per il materiale originario, e una gran capacità di mantenere cupa e affascinante l’atmosfera. Abbiamo trovato però curiosa (per non dire sciocca) la scelta degli sviluppatori di svelare quasi subito nelle preview e nei comunicati chi è lo spettro legato a Talion, considerata l’importanza del personaggio, perciò, nel caso abbiate evitato di spoilerarvi questa informazione, glisseremo sulla sua identità.
Batha Man Arkha Sylum. Ashashin Cred. È elfico, no?
Usciamo per un attimo dalle morbide spire del mondo Tolkeniano e buttiamoci sull’elemento che più ci aveva disturbato inizialmente: il gameplay. Abbiamo precisato a inizio articolo come Shadow of Mordor ci avesse messo sull’attenti, poiché i fondamentali del titolo ci sembravano fin troppo simili a quelli visti nella serie Arkham o negli Assassin’s Creed. Stiamo facendo marcia indietro? Assolutamente no. I Monolith hanno ripreso in gran parte il sistema congegnato dai Rocksteady, l’hanno inserito in una struttura open world priva di lunghe sezioni al chiuso e l’hanno fuso con il free running di Ubisoft, ma la loro non è una copia spudorata, tutt’altro. L’Ombra di Mordor è infatti un gioco molto diverso da entrambe le opere da cui trae ispirazione. 
La grossa differenza è rappresentata dal Nemesis System, una trovata che porta gli orchi che popolano Mordor ad essere randomizzati e a presentare caratteristiche che li rendono veri e propri boss da approcciare con strategie precise. Questo è un gioco dove la gestione del territorio è importante e le story mission, pur portando avanti la narrativa, sono pensate anche per far sì che il giocatore ottenga informazioni sulle armate di Sauron e intervenga direttamente negli scontri di potere degli orchi. Ci spieghiamo meglio: l’obiettivo primario di Talion è raggiungere i più stretti collaboratori del signore oscuro, eppur non può farlo semplicemente sterminando mostruosità a destra e manca. Deve ribaltare i poteri forti dell’esercito del male, eliminare i capi più pericolosi, e magari mettere in posizioni di prestigio dei suoi sottoposti. Inizialmente ci si ritrova semplicemente a indebolire le fila degli orchi, ma i Monolith hanno pensato a tutto e per evitare la noia hanno deciso di dare al giocatore le abilità più interessanti solo a partire dalla seconda metà dell’avventura. Talion infatti, una volta raggiunta la seconda zona esplorabile del titolo, può marchiare i suoi nemici e controllarne le menti. Questo apre una schiera di possibilità, permettendo di invadere fortezze avversarie in silenzio e prendere pian piano il controllo della maggior parte dei nemici, senza contare che dona un’importanza gradualmente sempre maggiore alle informazioni ottenibili interrogando specifici orchi contrassegnati, o guardie del corpo dei capitani. 
La capacità di Talion di controllare gli orchi cambia tutto. Il Free Flow System degli Arkham, riportato in forma estremamente simile nel gioco, acquista ben altro valore quando ci si rende conto di poter sconfiggere gruppi enormi di nemici attivando gli arcieri controllati in precedenza, o conquistando le menti di coloro che un momento prima ci stavano attaccando. Le missioni per sconfiggere o prendere il controllo dei capitani, poi, migliorano sensibilmente se si riesce a dominare uno dei loro difensori più pericolosi. Il Nemesis System peraltro va a connettersi direttamente alla crescita del personaggio, poiché i propri orchi dominati possono potenziarsi e divenire sempre più pericolosi completando delle quest secondarie dedicate ai giochi di potere, e le truppe d’elìte sconfitte lasciano cadere potenti rune con cui potenziare le proprie armi. 
Aggiungete a questa brillante gestione dei ritmi e delle capacità di Talion i poteri mistici dello spettro, un poderoso arco fantasma, quest secondarie pensate per migliorare ulteriormente i propri strumenti di morte, pericolosissime bestie feroci cavalcabili e tutta una serie di collezionabili e compiti minori sparsi per le estese mappe di gioco, e otterrete un titolo in grado di tenervi occupati per molte, moltissime ore. 
Non è tutto perfetto, per la cronaca. La sensazione di Dèjà Vu è a volte molto forte, e verso il finale la campagna perde un po’ di smalto, ma è impossibile non elogiare le capacità del team di sviluppo a livello di game design. I Monolith hanno riciclato strutture assodate e hanno comunque ottenuto un prodotto ben diverso dalla concorrenza, mescolando i suoi elementi in modo furbo e originale. Non era un’impresa facile.
Sharp like an elven sword
L’abilità della software house si nota anche quando si va ad analizzare il comparto tecnico, o più semplicemente la responsività delle meccaniche. Il Free Flow System dei combattimenti riesce ad essere persino più godibile di quello degli Arkham, per via di una lunga lista di capacità che sostituiscono i gadget con la magia spettrale, di comandi precisi ed affinati, e di una contromossa che interrompe senza problemi qualunque animazione d’attacco, facilitando leggermente gli scontri a costo di una crescita più rapida del contatore combo. L’agilità di Talion è a sua volta da manuale, e scalare le mura delle fortezze orchesche o muoversi accucciati per non essere scoperti è un piacere. Abbiamo notato pochi bug legati al free running o al combattimento, e il più delle volte si trattava di problemi di interpolazione poligonale o inezie. Ci sono imperfezioni, vero, ma Shadow of Mordor resta un gioco programmato con criterio.
Tra le migliori qualità del titolo Warner vanno infine citati obbligatoriamente grafica e sonoro: Su PC il lavoro di Warner vanta settaggi complessi, un benchmark interno, texture dettagliate, personaggi davvero belli da vedere, animazioni eccellenti e mappe che, nonostante un conteggio poligonale non esagerato, offrono un bel colpo d’occhio e risultano quasi totalmente navigabili senza problema alcuno. L’audio supera ad ogni modo il comparto tecnico, grazie ad ottimi doppiaggi e a musiche davvero notevoli, con tanto di cantilene orchesche dei nomi dei capitani e variazioni musicali che si sposano a meraviglia con la frenesia di certe battaglie o con il lento avanzare dei momenti stealth. Non superlativa la longevità, paradossalmente: la campagna principale si può finire senza troppi problemi in circa 8 ore, ma come detto prima queste possono aumentare all’infinito se si decide di potenziare al massimo il proprio alter ego o di creare un’invincibile armata oscura.

– Il Nemesis System funziona benone, ed è correlato furbescamente alla progressione in game

– Grande atmosfera, e rispetto per il materiale originario

– Grafica lodevole e sonoro eccezionale

– Gameplay solido e divertente

– Campagna principale non particolarmente longeva

– Forte senso di dèjà vu, a causa di sistemi già visti altrove

– L’avventura perde un po’ di smalto sul finale

8.5

I ragazzi di Monolith sono seriamente riusciti a sorprenderci con L’Ombra di Mordor. Partiti da meccaniche fin troppo abusate, hanno dimostrato passione e intelligenza, rimescolando gli ingredienti e dando vita a un prodotto che, nonostante le similarità con serie ben più acclamate, mantiene una sua unicità e vanta una campagna dal ritmo perfettamente calcolato. Abbiamo spiegato già fin troppo a lungo perché questo gioco, nonostante alcuni difetti, ci ha conquistato, quindi è inutile ripeterci. Voi tenete a mente solo la cosa più importante: finalmente c’è un signor gioco ispirato al mondo di Tolkien nei negozi. Fan del Signore degli Anelli, siete avvisati.

Voto Recensione di L'Ombra di Mordor - Recensione


8.5