Il prezzo dei videogiochi

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a cura di Francesco Ursino

Immaginate la scena: è il 2001, in un caldo pomeriggio di primavera un giovane ed imberbe Mastelli guarda con occhio vagamente languido la vetrina del piccolo negozio di videogiochi locale; l’oggetto delle sue attenzioni è Fifa 2001, che in quell’edizione sfoggia in copertina un Pippo Inzaghi d’annata. Sono lontani i tempi del controllo a 360 gradi, dell’impact engine e delle varie modalità online; a quel tempo ci si spellava le mani per motivi ben più modesti: qualche poligono in più, le magliette delle squadre con gli sponsor ufficiali, e cosi via. Sta di fatto che il futuro redattore guarda sconsolato il prezzo esposto in vetrina: 90.000 lire, cifra ben al di sopra delle sue (scarse) possibilità. Sconsolato, il nostro torna a casa chiedendosi: ma a chi andranno mai questi soldi? E poi perché la cifra è cosi alta? Passati gli anni, gli interrogativi restano, e con questo speciale cercheremo di far luce proprio su questo aspetto. Andiamo a vedere, quindi, perché i videogiochi vengono venduti ad un determinato prezzo ed a chi vanno i nostri soldi quando ne comperiamo uno

Un breve ripassoDi norma, la funzione base di un prezzo è quello di remunerare i vari fattori produttivi, oltre che di costituire un margine positivo per l’impresa. In parole povere, deve servire a recuperare quanto speso nella produzione e a incrementare il patrimonio già esistente. Questa regola spicciola vale anche per i videogiochi: cosi come in altri settori produttivi, però, il rapporto tra produttore e consumatore (in questo caso giocatore) non è diretto, ma attraversa varie fasi che, evidentemente, fanno levitare il prezzo. In ambito videoludico, volendo analizzare a grandi linee questo fenomeno, il primo anello della catena è rappresentato dallo sviluppatore; sia che si tratti di una piccola software house indie che di una grande potenza economica, è evidente, lo sviluppo di un videogioco richiede sacrifici economici che presentano la natura più varia, sia in termini tecnici che gestionali. Collegato allo sviluppatore è il publisher (chiamato anche editore): tra i due componenti della “filiera” videoludica infatti può esserci di volta in volta un contratto in esclusiva (lo sviluppatore lavora solo per quel publisher) o solo una tantum (lo sviluppatore lavora per più publisher), senza contare che spesso nelle realtà più grandi le due figure appena definite coincidono (ovvero sviluppatore ed editore fanno parte dello stesso brand). Al di là dell’equilibrio contrattuale, compito del publisher è quello di finanziare lo sviluppatore, ma soprattutto quello di “piazzare” il gioco sul mercato, compiendo una serie di azioni di marketing utili ad accrescere la consapevolezza del pubblico nei confronti del prodotto (comunicati stampa, pubbliche relazioni, rapporti con siti e riviste specializzate). Gli ultimi due componenti della catena sono i distributori ed i retailer. I primi devono fare in modo che il gioco segua un percorso lineare dal produttore ai vari punti vendita: il loro compito è stampare i dvd (o i blu-ray) del gioco, distribuirli fisicamente e fare in modo che giungano nei tempi e nelle quantità stabilite in negozi e punti vendita (anche in questo caso, le grandi compagnie di videogiochi possono provvedere in prima persona allo svolgimento di questa fase). Il retailer, ossia il dettagliante, rappresenta l’ultimo step: sia che si tratti di grandi compagnie che di piccoli venditori in proprio, a questi compete l’onere di vendere ed interfacciarsi in prima persona col pubblico

One for you, one for me…Adesso vediamo come tutti questi passaggi determinano il costo di un videogioco; ipotizziamo l’introduzione di un nuovo titolo per console dal prezzo tipo di $ 60 (le rilevazioni in dollari permettono di escludere il fattore determinato dal cambio valuta; in ogni caso, le proporzioni presentate nel seguito dell’articolo sono astrattamente riferibili anche al caso europeo o asiatico). Come si giunge a questo costo? Secondo Steve Perlman (la mente che si cela dietro Onlive), il primo costo da determinare è quello relativo alla remunerazione di sviluppatore e publisher: questo, in rapporto variabile a seconda del peso contrattuale dello sviluppatore, può ragionevolmente aggirarsi sui $ 27. Di conseguenza, sviluppatori giovani e con scarsa importanza riceveranno di meno a scapito magari di un publisher già affermato. Altri $ 7 sono da riferirsi alle royalty da dare alle case sviluppatrici delle console (Nintendo, Microsoft e Sony). Per ogni gioco venduto, quindi, questi soggetti hanno diritto ad una percentuale su quanto venduto. Seguono altri $ 4 circa, che vanno al distributore per tutti i costi descritti nel paragrafo precedente (spedizione, stampa dvd). Ulteriori $ 7 sono da riferirsi al rapporto con i dettaglianti; nello specifico, rientrano in queste spese i margini di protezione (i cosiddetti PP, “price protection”) in caso di cambiamento di prezzo finale del titolo (per esempio a causa di promozioni o svalutazioni) ed i fondi per strumenti comunicativi (gli MDF, “Marketing Developement Funds”), che costituiscono risorse date dai publisher ai dettaglianti per migliorare le vendite; rientrano in questa categoria varie iniziative commerciali come la stampa di cartelloni pubblicitari, volantini, e copie del gioco da provare gratuitamente nei punti vendita. Per ultimo, circa $ 15 vanno a retailer e venditori al dettaglio: anche in questo caso, l’importo può cambiare a seconda dell’importanza dei soggetti chiamati in causa (è evidente come gruppi come Gamestop o siti come Amazon riescano a strappare condizioni migliori rispetto ad un commerciante locale). Secondo la stessa analisi, infine, per ogni gioco venduto circa $ 24 dollari vengono persi a causa della pirateria e del mercato dell’usato: anche questi fattori, in ultima analisi, contribuiscono a mantenere il prezzo dei videogiochi al livello attuale.

Ma perché i giochi pc…Concludiamo la nostra analisi con alcune considerazioni di fondo: in una economia di mercato, dove il prezzo viene determinato nel momento in cui l’offerta incontra la domanda, è inevitabile che alcuni giochi in dati punti vendita costino di meno (o viceversa di più) rispetto ad altri; in aggiunta a ciò c’è da dire che il fatto che intervengano diversi soggetti nel tragitto tra il produttore ed il consumatore ha come conseguenza diretta la circostanza che le eventuali fluttuazioni di prezzo non siano cosi repentine ed apprezzabili. In ogni caso, prima di passare al commento finale, sembra giusto chiudere questo speciale sul prezzo dei videogiochi rispondendo a due quesiti molto comuni, diretta conseguenza di quanto scritto nel paragrafo precedente. La prima domanda è: come mai i giochi in digital delivery costano (generalmente) di meno? La risposta, sinteticamente, deriva da un concerto di fattori, non analizzabili in modo completo in questa sede. Tra i più importanti sembra giusto citare il fatto che, inevitabilmente, i costi per la distribuzione fisica del prodotto vengono meno, cosi come parte delle uscite provocate da azioni per marketing ed iniziative commerciali (un gioco indie venduto su Steam non ha bisogno di cartelloni pubblicitari). Non dovendo “mettere d’accordo” tante teste, per via del numero minore di soggetti presenti nella filiera, inoltre, sono possibili anche sconti notevoli e trovate promozionali decisamente interessanti. Per ultimo, la domanda principe: perché i giochi PC costano di meno? Le risposte più gettonate, di solito, sono: perché i giocatori pagano già tanto per comprare l’hardware, quindi i publisher compensano con un prezzo minore; oppure, per economia di sviluppo (sviluppare videogiochi per Pc costa meno). Ancora, per colpa della pirateria, oppure perché stampare su dvd e cd è più economico che su blu-ray o formati proprietari. In tutte queste argomentazioni c’è del vero, ma non sono propriamente corrette: difficilmente infatti i prezzi dei titoli PC sono minori perché l’acquisto dell’hardware comporta sacrifici economici (in fin dei conti si tratta di una scelta dei consumatori, publisher e retailer non obbligano a comprare i videogiochi né i computer). Una delle ragioni principali, invece, è data dall’assenza del pagamento delle royalty alle software house produttrici di console: questo, peraltro, consente una maggior modulazione del prezzo, con offerte generalmente più variegate.

In questo speciale abbiamo fatto un po’ di chiarezza sui fattori che determinano il prezzo dei videogiochi, sui soggetti coinvolti e sul perché alcuni titoli vengano venduti in modo differente dagli altri. L’obiettivo di questo articolo, è bene specificarlo, non era quello di sentenziare sul prezzo dei vari giochi, sottolineando il fatto che questo sia troppo alto o troppo basso; in ogni caso, le condizioni per cercare di avvicinare i consumatori ai videogiochi sono di sicuro presenti, e nascono soprattutto in considerazione delle potenzialità del digital delivery, che permette di introdurre nel settore anche soggetti poco influenti in termini contrattuali come sviluppatori giovani ed indipendenti. La speranza, in conclusione, è che in futuro sempre più soggetti siano messi in condizione di creare giochi interessanti ed originali, e che sempre più persone possano gustare il frutto della fantasia di sviluppatori intraprendenti. Il tutto, sia chiaro, ad un giusto prezzo.