Recensione

Duke Nukem Forever

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a cura di Pregianza

Questa signori e signore è la recensione di Duke Nukem Forever. Sembrerà ridicolo annunciarlo in pompa magna, ma non stiamo parlando di un gioco qualunque: quello che ci è finalmente arrivato in redazione è il re di tutti i vaporware, un’opera data per dispersa, un titolo che è entrato nel Guinnes dei Primati per i suoi interminabili tempi di sviluppo! È passato tanto di quel tempo da quando è stato annunciato che molti dei ragazzini che lo avevano preordinato all’epoca oggi hanno una famiglia, dei figli e un lavoro, e i loro scontrini si sono disgregati dinnanzi allo scorrere inesorabile degli anni, i resti cartacei sparsi ai quattro venti ed ormai irrecuperabili. Eppure Duke alla fine è approdato sugli scaffali dei negozi, grazie agli sforzi di Gearbox e di Randy Pitchford, che molto devono al mitico personaggio. La casa americana ha recuperato il progetto dall’abisso legale in cui i vecchi produttori e programmatori lo avevano infilato, e ora possiamo giocarci una volta per tutte. La gomma da masticare è finita, diamoci dentro.

Power Armor is for pussiesIn Duke Nukem Forever, rivestirete i panni del duca una dozzina d’anni dopo aver sventato la terribile invasione aliena del capitolo precedente (fa strano parlare di “capitolo precedente” considerando che si tratta dell’antichissimo Duke Nukem 3D, ma tant’è). Ormai diventato una star internazionale senza paragone, Duke s’è comprato un palazzo gigantesco, ha uno stadio, una catena di fast food con il suo nome, uno show televisivo, e due supermodelle vestite da scolarette che lo sollazzano ogni giorno. Non potrebbe andare meglio di così, ma la situazione cambia quando gli invasori a cui aveva spaccato le rotule in passato decidono di tornare sulla terra. I visitatori sembrano inizialmente avere intenzioni pacifiche, tanto che il presidente degli Stati Uniti intima a Duke di evitare qualunque azione che possa farli imbestialire. Prevedibilmente, gli alieni si scoprono subito essere dei doppiogiochisti ed attaccano il grattacielo del nostro eroe, che li sbaraglia in poco tempo. Fallito il tentativo di assassinio, scappano portandosi dietro tutte le donne presenti nell’edificio. Enorme errore.

“Per sopravvivere, evitate di farvi sparare” “Ah…E poi? Fallo è quando arbitro fischia?”Definire “tormentato” lo sviluppo dello sparatutto di 3D Realms è riduttivo quanto definire leggermente pasciuta una balena da 23 tonnellate. Questo gioco è stato cancellato, riscritto da capo, rimodellato, dato per morto ed è infine riapparso quasi miracolosamente con lo sfavillante marchio Gearbox. La software house americana creatrice di Borderlands è una garanzia e i suoi ragazzi sprizzano talento da tutti i pori, peccato che l’ultima avventura del Duca sia arrivata nelle loro mani praticamente completa e che alla casa si debbano solo i ritocchi finali. Eravamo quindi consapevoli che il titolo non sarebbe mai riuscito a tener fede alle speranze dei fan e non ci aspettavamo di certo uno sparatutto rivoluzionario. C’è voluto poco a capire che avevamo fatto bene a mantenere basse le aspettative. Il gameplay di Duke Nukem Forever è quanto di più classico si possa trovare oggigiorno, quasi un omaggio agli FPS del passato. Il duca può scattare per un breve periodo di tempo, accovacciarsi, saltare e zoomare per colpire con più precisione, piazzare mine e lanciare granate. Nessuna delle meccaniche di gioco è stravagante o unica. La croce direzionale del pad gli permette di utilizzare degli speciali occhiali con visione notturna, o uno dei tre potenziamenti a tempo sparsi per le mappe: Steroidi in grado di fargli stendere qualunque nemico con un cazzotto, una lattina di birra che lo rende più resistente, e l’Holoduke, un’illusione che confonde i nemici e gli permette di attaccare indisturbato. Quando parliamo di “gameplay classico” non ci limitiamo ad indicare la semplificazione dei comandi. Tutta la campagna principale di Duke Nukem Forever offre un feeling fortemente simile a quello che si prova giocando i vecchi Doom, Quake o Unreal. Il titolo è lineare, ma le mappe sono complesse e spesso la direzione da seguire non è chiarissima, i nemici arrivano in massa e attaccano con una aggressività notevole, molti capitoli si chiudono con un enorme boss finale e le armi restituiscono una maneggevolezza molto rozza, privo della finezza e precisione che si trova nei vari Call of Duty o in Battlefield. Anche il livello di sfida strizza l’occhio al passato, con una difficoltà Normal più impegnativa della media. Le armi inoltre (quasi tutte riprese dall’arsenale del predecessore) non hanno caricatori particolarmente generosi, quindi capita a volte di dover razionare le munizioni per poter sopravvivere ad uno scontro affolllato. L’unica concessione al presente è rappresentata dall’Ego di Duke, una vera e propria barra dei punti vita che si ricarica in modo molto simile agli scudi di Halo. Questa giocabilità nuda e cruda e un po’ superata in realtà non è affatto male, gli scontri contro le orde aliene sono spesso divertenti ed impegnativi, e tengono vivo l’interesse dei giocatori durante i vari capitoli della campagna. Il problema paradossalmente è rappresentato dalle fasi che si discostano dalle sparatorie e spezzano l’azione: per aggiungere varietà infatti, 3D Realms ha introdotto molti livelli ricchi di platforming, puzzle e sezioni a bordo di veicoli. Idealmente si dovrebbe trattare di una mossa vincente, la varietà alla fin fine è sempre ben accetta in uno sparatutto. Purtroppo però, mentre le missioni su quattro ruote e gli immancabili “massacri con torretta” sono una lieta variazione, non si può dire lo stesso delle missioni dove è necessario saltellare qua e là, o degli enigmi, davvero troppo elementari. Un paio di locazioni ricche di piattaforme e salti di precisione sarebbero state una gradita aggiunta, ma qui parliamo di interi capitoli quasi privi di scontri che richiedono solo di saltare (nei quali peraltro Duke è spesso in versione miniaturizzata) e/o spostare pesi e piattaforme per poter raggiungere luoghi precedentemente inaccessibili. Dopo un po’ subentra la noia e la qualità della campagna cala drasticamente. Anche le boss fight, seppur spettacolari, non stupiscono per genialità. I pattern dei mostri finali sono piuttosto primitivi e non è certo arduo capire cosa fare e dove appostarsi per evitare di essere uccisi. Il comparto single player del redivivo Duke è un bagaglio misto, con alcune fasi ben strutturate ed abbastanza esaltanti affiancati tanti momenti decisamente più deboli.
Vado all’IKEA a comprare delle Pupe per il mio palazzoIn molti videogame di questo genere, solitamente un online complesso e profondo sopperisce alle eventuali mancanze del single player. Non è il caso del Duca. Duke Nukem Forever si mantiene basilare anche nel multiplayer, con squadre da quattro giocatori che si affrontano in arene non molto estese. Le modalità sono quelle classiche: Deathmatch, Team Deathmatch, Hail To the King (Re della Collina), e l’unico game mode che aggiunge un po’ di originalità al pacchetto, il Cattura la Pupa, che altro non è se non un cattura la bandiera dove la succitata bandiera è sexy, strilla e ogni tanto va sculacciata per evitare che vi copra la visuale con le mani. Un’idea singolare, che rinnova un pochino la formula, ma non basta a rendere il tutto davvero assuefacente. Neppure la possibilità di personalizzare Duke e la sua enorme casa con oggetti sbloccabili salendo di livello è sufficiente a tener vivo l’interesse, poichè si tratta di ricompense puramente estetiche, che non migliorano l’esperienza. Probabilmente farete qualche partita per il gusto di giocare nei panni del Duca e di riarredare un po’ il suo grattacielo, poi lo abbandonerete per tornare a qualcos’altro.

Più bacon c’è, meglio èDuke Nukem Forever presenta indubbiamente dei difetti nella campagna principale e nel gameplay, ma nel complesso si difende comunque discretamente. Il comparto in cui tutti questi sforzi crollano è quello grafico, davvero tragico. Siamo visibilmente indietro di qualche anno rispetto alla concorrenza ed è impossibile nasconderlo: i modelli tridimensionali non stupiscono per i loro dettagli, le texture sono spesso poco definite e in molti casi vengono caricate in ritardo (o addirittura non vengono caricate affatto), gli effetti di illuminazione e le esplosioni non sono nulla di speciale, le animazioni risultano mediocri, il ragdoll è pessimo e il tutto non si muove neppure fluidamente, con cali di frame rate continui nella versione Xbox360 da noi testata. Non speravamo certo in una resa grafica superiore a quella di Crysis, ma qui si esagera. Non è tutto, altro tallone d’Achille del gioco sono i suoi caricamenti, davvero troppo lunghi. La cosa non peserebbe molto sulla qualità generale se il livello di difficoltà fosse indulgente con i giocatori, ma in questo shooter si affrontano scontri piuttosto impegnativi durante le fasi finali e si muore facilmente (soprattutto alla difficoltà massima). Doversi sorbire 30 secondi di loading screen dopo ogni game over non è certo una bella esperienza. L’unica caratteristica positiva del motore grafico è l’interattività degli ambienti. Duke può prendere, spostare ed utilizzare moltissimi degli oggetti che lo circondano, e farlo gli dona qualche punto vita in più in alcuni casi. Ci sono anche dei minigiochi carini utilizzabili in determinati livelli, come ad esempio un flipper. Altro piccolo punto a favore è la distruttibilità di certi elementi del paesaggio, resa decentemente, ma è una piccola battaglia vinta in una guerra finita disastrosamente. Tutta un’altra storia il sonoro, di altissimo livello, con musiche azzeccate e notevoli, e doppiaggi di qualità, tra cui spicca la leggendaria voce testosteronica di Jon St. John nei panni del protagonista. Elogiando gli attori originali non vogliamo implicare che il doppiaggio italiano sia scadente (anzi, a dir la verità è di ottima qualità, cosa molto rara ultimamente), ma ascoltare il duca ridoppiato è una bestemmia, non fatelo. Ottimi anche i dialoghi. L’umorismo esagerato e sconcio del Duca non ha l’impatto che aveva nei lontani anni novanta, ma strappa ancora qualche sana risata. Buona la longevità, con la campagna in singolo che si aggira attorno alle 8 ore di gioco, accompagnata da un multiplayer che può regalare qualche ora aggiuntiva di svago spensierato.

– Campagna in singolo a tratti ben strutturata

– Gameplay classico e abbastanza divertente che offre un buon livello di sfida

– L’umorismo eccessivo del duca strappa ancora qualche risata

– Sonoro notevole

– Tecnicamente il gioco è rimasto indietro di parecchi anni

– Caricamenti lunghissimi

– Troppe fasi di platforming piuttosto noiose e puzzle elementari

– Non offre davvero nulla di sorprendente o particolarmente originale

6.0

Duke Nukem Forever non è un gioco, è praticamente una reliquia. La storia del suo sviluppo è talmente unica e leggendaria da rendere l’opera di 3D Realms un pezzo da collezione. Peccato che non si tratti di una reliquia di gran qualità, a causa di un comparto tecnico davvero arretrato, di un gameplay scarsamente originale e di una campagna solo discreta, che alterna momenti brillanti ad altri davvero noiosi. Se siete fan sfegatati del duca probabilmente comprerete lo stesso il gioco, incuranti delle sue molte magagne, ma se la nostalgia vi ha abbandonato, o se Duke nemmeno sapete chi sia… lasciate perdere, c’è di meglio in giro.

Voto Recensione di Duke Nukem Forever - Recensione


6