Buon compleanno Pac-Man

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a cura di LoreSka

Il 22 maggio del 1980 nelle sale giochi giapponesi veniva installato il primo coin-op di Pac-Man. Sono passati 35 anni da quel giorno, e la pallina gialla in fuga dai fantasmi è ancora presente nell’immaginario collettivo come una delle più iconiche mascotte del mondo dei videogiochi.
Questo importante anniversario, ancora una volta, ci ricorda che i videogiochi non sono un medium nato nella contemporaneità, ma sviluppatosi a partire dalla seconda metà del Novecento. La nostra generazione è nata decenni dopo la creazione del primo videogioco, e tutti noi siamo cresciuti con la presenza prepotente del medium videoludico nella quotidianità. Oggi i videogiochi sono parte del mondo di tutti i giorni, ma non dobbiamo dimenticarci che è anche grazie a titoli come Pac-Man se siamo arrivati fin qui. Pac-Man ebbe la capacità di entrare nella mente delle persone, di ricordare a tutti che i videogiochi esistono e sono in grado di creare dei veri e propri fenomeni di costume.
È nata una stella
La storia di Pac-Man e del suo successo è di quelle che meritano di essere raccontate. Tutto inizia in un ufficio di Namco, dove un giovane impiegato di appena venticinque anni ha l’idea per un gioco basato sull’atto di mangiare. All’epoca bastavano poche semplici idee per costruirci un videogioco, e l’intuizione apparentemente stupida di questo giovane ma  intraprendente ragazzo viene presa sul serio dalla compagnia. Toru Iwatani passa i tredici mesi successivi a creare un gioco in cui un personaggio non fa altro che mangiare palline, fuggire dai fantasmi raccogliere frutta. Ruba l’idea dell’invincibilità da un fumetto di Braccio di Ferro e la forma del personaggio dal kanji della parola “bocca” in giapponese. O, come raccontano le cronache del tempo, dopo avere mangiato una fetta di pizza. 
Tredici mesi di gestazione dopo, viene consegnato al Giappone un gioco chiamato Puck Man, così battezzato per richiamarsi al nome del dischetto da hockey su ghiaccio, e inizialmente orientato all’allora inesistente mercato delle videogiocatrici. Le reazioni in oriente furono positive, e il gioco iniziò a diventare popolare fra i giovani divenuti adolescenti alla soglia del nuovo decennio.
Così, Namco portò il proprio gioco a Chicago per mostrarlo ai potenziali investitori di Midway, una neonata società parte della celebre azienda di flipper Bally. “Niente di che” pensarono gli americani. “È troppo facile, ripetitivo e ha un nome di merda. Puck Man? Che cazzo vuol dire Puck Man? Tempo dieci minuti e tutti i teenager lo chiameranno Fuck Man”. Così, Namco tirò fuori dal cilindro un altro gioco chiamato Rally-X, che convinse Midway a comprare il pacchetto completo. Cambiarono Puck in Pac, e portarono il gioco a una fiera business to business.
“Fantastico!” esclamarono gli investitori. “Questo gioco surclasserà tutti gli altri. È meglio di Battlezone e di Defender, quest’anno Midway farà più soldi di Atari”. Quelli di Midway si sfregarono le mani quando sentirono queste affermazioni da parte degli esperti dell’industria. “E che cosa pensate dell’altro gioco?” “Quale, Fuck Man? Non incasserà un quarto di dollaro”. Così, l’azienda iniziò a promuovere Rally-X, mentre Pac-Man venne relegato nelle retrovie del marketing. Quando le prime copie di Pac-Man iniziarono ad essere installate nei bar, però, tutti si dimenticarono di Rally-X e la pallina gialla iniziò a vendere decine, centinaia di migliaia di pezzi. Ventiquattro mesi dopo, il “Fuck Man” che aveva lasciato perplessi investitori ed esperti di marketing aveva ricevuto la monetina numero 7.000.000.000. Nessun gioco si era spinto così in là fino a quel momento, nessun gioco aveva innescato una tale mania. Il merchandise di Pac-Man fatturava un miliardo di dollari, la vendita dei cabinati generava altrettanto: il mondo dei videogiochi accoglieva una nuova star. La più grande, fino a quel momento.
Il gioco senza fine
Sono tante le storie e gli aneddoti che si possono raccontare su Pac-Man. Il titolo divenne immediatamente un gioco apprezzato dai giocatori più competitivi, alla ricerca di un punteggio perfetto. Grazie a Pac-Man nacquero vere e proprie star del gaming competitivo, prima ancora che il concetto di e-Sport venisse solo teorizzato. Billy Mitchell costruì la propria fortuna su Pac-Man e non smise mai di giocare fino al raggiungimento, nel 1999, del punteggio perfetto.
Pac-Man infatti fu ideato come un gioco infinito, in cui il giocatore può teoricamente continuare a giocare senza mai terminare la partita. In realtà, a causa della limitata capacità dell’hardware dell’epoca, il contatore dei livelli ha solo 8 bit di memoria, che consente un massimo di 255 livelli. Una volta raggiunto l’ultimo livello, il gioco sviluppa un glitch che impedisce al giocatore di vedere metà dello schermo e, conseguentemente, di terminare lo schema. Vi è dunque una “fine” in Pac-Man, e vi è la possibilità di ottenere uno score perfetto mangiando ogni pallina, ogni fantasma e ogni frutto sullo schermo fino al livello 255.
L’eredità di Pac-Man
A Pac-Man seguì una serie di sequel che, lentamente ma in maniera inesorabile, finirono per spremere il franchise come un pompelmo lasciandoci con pochi titoli realmente degni di nota. Il personaggio venne utilizzato più per la produzione di merchandise che per la creazione di nuovi videogiochi, e oggi l’annuncio di un nuovo titolo di Pac-Man suscita un interesse minimo nel pubblico. Non sono mancati esperimenti contemporanei che hanno tentato di riportare in auge il concept originale, tra cui si segnala l’ottimo Pac-Man Championship Edition DX giunto sulle console della precedente generazione, ma in generale possiamo affermare che i tempi d’oro di Pac-Man sono ormai parte del passato.
Quello che resta – e resterà sempre – di Pac-Man, è la sua incredibile influenza sui videogiochi contemporanei. Oltre alle decine, forse centinaia di titoli (anche recenti) con concept visibilmente simili a quelli del celebre titolo di Namco, Pac-Man è stato all’origine di alcune serie all’apparenza distanti anni luce dal titolo uscito trentacinque anni fa. Per stessa ammissione degli sviluppatori, il primo GTA nacque dal concept di Pac-Man, e la struttura della città ricordava una versione gigante di uno schema del gioco a marchio Namco. O, ancora, qualcuno di voi ricorderà la maniera in cui i nemici inseguivano Snake nel primo Metal Gear quando veniva individuato dai nemici. Con funambolici paragoni, c’è chi è arrivato ad affermare che Pac-Man è stato all’origine del genere stealth: forse per arrivare ad ipotizzare tanto ci vuole un po’ di fantasia, ma non vi è dubbio che tutti dobbiamo qualcosa a Pac-Man, perché i grandi sviluppatori di oggi hanno certamente giocato a questo grande titolo e ne hanno fatto tesoro. Insomma: c’è un po’ di Pac-Man in tutti i videogiochi di oggi.

“Se conosci la tua storia, saprai da dove provieni” diceva l’indimenticato poeta Robert Nesta Marley. Pac-Man è un gioco che ha plasmato il mondo dei videogiochi, lo ha modificato per sempre e ha contribuito a rendere questo medium qualcosa di popolare e riconosciuto da tutti. Anche se sono passati tanti anni dalla sua comparsa, Pac-Man continua ad essere uno straordinario esempio di videogioco perfetto, capace di sorprenderti con la sua semplicità d’uso e la straordinaria difficoltà delle sue meccaniche. Un gioco che ha dato vita a tanti altri giochi e a cui tutti dovremmo sempre essere riconoscenti. Buon compleanno, Pac-Man.