Xbox Scarlett Cloud: il rumor, gli scenari, la concorrenza

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a cura di Paolo Sirio

È di poche ore fa la ricostruzione del sito Thurrott.com secondo cui Microsoft starebbe pensando a ben due modelli da lanciare simultaneamente, e con prerogative molto diverse tra loro, della prossima Xbox. L’indiscrezione, proveniente dalla stessa attendibile fonte che poco prima dell’E3 spifferò l’esistenza di Halo Infinite (oltre ad avere uno storico importante, specie tra gli appassionati delle questioni di Redmond), parla di una console regolare e di un’altra pensata per supportare l’infrastruttura streaming data ormai per pronta per il mercato consumer dopo anni di affinamenti. Cosa significherebbe per i videogiochi una mossa del genere, quali scenari si aprirebbero per il gaming, e soprattutto come reagirebbero i concorrenti vecchi e nuovi dell’industria? Proviamo a mettere a fuoco la questione.

Partiamo da un punto che sia ben chiaro – Microsoft non è affatto nuova all’idea di una piattaforma di streaming. Come ha sottolineato lo stesso Thurrott.com, già nel 2013 il gigante a stelle e strisce fu ad un passo dal lancio di Xbox “più leggera” da utilizzare come base per una proposta esclusivamente digitale e connessa. E, forse sopra ogni altra cosa, proviene dall’esperienza decennale di Xbox Live e dall’all-in della compagnia su Azure, prima orientata esclusivamente all’aspetto business e, ora che da Satya Nadella è arrivata un’apertura forse tardiva ma decisiva agli investimenti sui videogiochi, anche al gaming, con tutto quello che questo potrà significare – nel bene e nel male per il giocatore tradizionale e tradizionalista – nel futuro prossimo e in quello remoto.
Al di là di questo sostrato, pragmaticamente, sono state diverse le avvisaglie che il colosso di Redmond stesse preparando la propria ascesa nel campo dello streaming. In principio fu Xbox Game Pass, di cui parleremo tra poco; poi ci fu la dichiarazione tutt’altro che sibillina del CFO di Electronic Arts Blake Jorgensen, che si disse abbastanza convinto che Microsoft avrebbe lanciato la propria piattaforma di streaming videoludico nel 2020 (anno che, guarda caso, si fa coincidere al momento con l’inizio della next-gen); infine, l’ammissione pubblica di Phil Spencer all’E3 2018, dove il boss di Xbox parlò senza peli sulla lingua di nuova famiglia di console Xbox, badate bene non una sola, e di quella piattaforma di streaming. Un mese fa poteva sembrare un volo pindarico, ma oggi un collegamento tra le due notizie appare ovvio e anzi doveroso, alla luce dell’indiscrezione su Xbox Scarlett e Xbox Scarlett Cloud.

Gli scenari

Se questa è la storia finora, gli scenari possibili sono tantissimi e danno l’idea che la partita dello streaming si stia giocando a piani addirittura più alti rispetto a quelli cui siamo abituati nell’industry. Microsoft, dal canto suo, sta facendo valere sia le esperienze fatte sin qui dalla concorrenza, sia il notevole passo in avanti registrato in materia di progettazione e produzione di hardware con Xbox One S e Xbox One X, nate opportunamente dopo il disastro della prima variante nera. Scarlett Cloud, sempre dando per buono il rumor di Thurrott.com, sarebbe la prima piattaforma da gioco ad unire una modesta capacità computazionale locale alla “potenza del cloud” – ora sì che possiamo parlarne per davvero – e ciò vuol dire che non si appoggerebbe soltanto alla qualità delle connessioni (client e server che siano).
Gestire una parte computazionale in locale vorrebbe dire permettere alla scatolina che andremmo ad acquistare in negozio, ad una cifra intorno ai 100 dollari, di mettere bocca su fattori determinanti come la rilevazione delle collisioni, un problema atavico dello streaming di videogiochi traducibile nella ben nota latenza. L’esperienza di OnLive, Gaikai, PlayStation Now e tanti altri, insomma, sarebbe servita alla casa di Windows per ragionare in merito all’opportunità di uscire anch’essa subito con un’alternativa solo cloud oppure aspettare per giocarsi meglio le sue carte sul lungo termine e specialmente su tutti i territori in egual misura (noi italiani ne sappiamo qualcosa).
Due considerazioni “a caldo” le dobbiamo fare. Prima di tutto, piazzare sul mercato un dispositivo capace di far girare un Halo Infinite ad un prezzo tra i 99 e i 125 dollari – queste le cifre che girano attualmente -, streaming o non streaming, potrebbe essere un achievement storico per l’intero settore. Questo genere di tecnologia può convincerci o meno, ma guardiamo al prodotto e guardiamo a cosa sarebbe in grado, se confermato, di far girare. Senza contare altre IP e franchise amatissimi sia negli Stati Uniti, dove una piattaforma del genere troverebbe terreno assai fertile presso buona parte della popolazione, che in Giappone, un paese in cui Minecraft sta facendo sfaceli sia relativamente alle performance consuete di Xbox nell’area sia in senso assoluto, e nel resto del mondo; posti e pubblici verso cui si potrebbero veicolare titoli dalla lunga gittata come Sea of Thieves e State of Decay 2, i tanto vituperati games as a service che hanno dimostrato di sapere come mantenere viva l’attenzione nei mesi e, chissà, negli anni, al pari dei nuovi story-driven da Ninja Theory e Compulsion Games.
L’altra considerazione è di natura tecnica. La fonte di tutte queste indiscrezioni parla di giochi di Xbox Scarlett disponibili sia sulla console tradizionale che su quella in streaming, senza alcun tipo di esclusiva com’è stato con le piattaforme mid-gen degli ultimi anni. Alla luce di queste osservazioni sorge spontaneo il dubbio, chiamiamolo così ma è pure qualcosa di più, che tra Xbox Scarlett e Xbox Scarlett Cloud potrebbe esserci la differenza vista tra Xbox One X e Xbox One S vista in questa generazione in termini di qualità visiva. E anche questo sarebbe un achievement tecnico notevole, visto che Xbox One ha debuttato ad una cifra di €499 mentre Scarlett Cloud arriverebbe ai price tag di cui dicevamo sopra (sempre da confermare). Inoltre, è per certi versi sorprendente come, qualora il rumor di Thurrott.com dovesse essere veritiero, Microsoft abbia preparato con una notevole lungimiranza la propria userbase a questo cambiamento: sotto Spencer, da quando cioè la vision basata sull’intrattenimento e il DRM always online è stata scartata, non si parla d’altro che di servizi come Xbox Game Pass, palesemente uno step intermedio per quanto godibile, e piattaforme entry level o premium; tutti argomenti che sono stati inculcati nella community e che sembrano essere già stati digeriti, non senza una certa resistenza, in vista della nuova generazione che partirà direttamente con due modelli e con una differenza tra loro alla fine soltanto strumentale, se le performance saranno davvero assimilabili a Xbox One S e Xbox One X. Pensando al passato della compagnia e alle volte in cui ha fatto ritorno alla drawing board in tutti gli affari in cui è coinvolta, ripeto, una lungimiranza simile mi sorprenderebbe non poco e ci vorrei sperare.

La concorrenza

E la concorrenza che fa? L’impressione, come dicevo, è che questa partita si stia giocando ad un piano più alto rispetto a quello del gaming. Sony avrebbe tutte le carte in regola per spiccare un salto simile. Non sappiamo se sotto il profilo ingegneristico il platform owner potrebbe reggere o meno l’urto, ma sotto la guida di Mark Cerny le cose sono cambiate parecchio e in maniera molto positiva, grazie alla sua forza normalizzatrice rispetto alla visionarietà ormai fuori tempo massimo di Ken Kutaragi. In tempi non sospetti l’azienda nipponica si è portata a casa la tecnologia di Gaikai e non solo, e l’ha resa quello che oggi conosciamo col nome di PlayStation Now; un investimento tanto coraggioso quanto collaterale, al pari di PlayStation VR, messo in ombra dal successo di PS4 e dalla comprensione (e dal foraggiamento) del feedback di una platea desiderosa prima di tutto di grandi avventure single-player tripla-A. 
Quella tecnologia è comunque lì e, secondo le indiscrezioni che si sono registrate di recente, verso settembre dovrebbe aprirsi al download come Xbox Game Pass, aprendo scenari nuovi per PS4 e PS5 come la retrocompatibilità ma anche una gestione meno sanguinolenta, sotto il profilo dei prezzi, e dal respiro più ampio, sotto quello del catalogo, rispetto ad oggi. Se davvero questo twist avverrà entro l’anno, dalle parti di Tokyo avranno un paio d’anni per valutare quanto in là spingersi su PlayStation Now in ottica next-gen, quanto puntarci sia chiave comunicativa (un aspetto su cui non mi sembra vogliano pasticciare, ora che persino il gamer imparziale applaude alla condotta corrente) che tecnologico.
Detto che a Nintendo di tutte queste chiacchiere non può fregar di meno, e vivaddio aggiungerei, c’è indubbiamente qualcun altro assai attento a questa potenziale estensione del mercato. In materia di cloud, attualmente, l’unica in grado di dare filo da torcere a Microsoft è Amazon con i suoi Web Services, che nel mercato pubblico è al primo posto per entrate in tutti (tutti) i territori. Viste le mire che da tempo Jeff Bezos ha sui videogiochi e il suo silenzio dopo l’entrata a gamba tesa con l’acquisizione e la formazione di diversi studi come Double Helix, non è da escludere che un giorno un’infrastruttura tanto prolifica e supportata non possa venire messa al servizio di qualche player maggiormente interessato o, perché no, della stessa Amazon Game Studios per una piattaforma leggera in stile Scarlett Cloud. Google pare però in uno stadio già avanzato, avendo ingaggiato l’ex PlayStation e Xbox Phil Harrison e avendogli affidato il progetto Yeti. Progetto che, riportava Kotaku nemmeno un mese fa, si articolerebbe in tre fasi diverse comprensive di una piattaforma di streaming, un hardware e l’acquisizione di studi di sviluppo o di sviluppatori di primo piano.
Mountain View non è particolarmente affidabile quando si tratta di dare corpo alle proprie sperimentazioni, e del resto verrebbe da chiedersi come mai non “accontentarsi” di integrare un’applicazione gaming-oriented su Chrome (c’è chi non a caso chi parla di un The Witcher 3 o simili in una tab del proprio browser) o in Chromecast; tuttavia, l’idea è che Google abbia deciso di scendere in campo in maniera piuttosto aggressiva, quindi con un hardware nei limiti del conveniente dedicato o venduto come tale per gli appassionati, da presentare loro con una lineup e un design dal forte appeal nei negozi e, cosa tutt’altro che da sottovalutare, con un prezzo da far strabuzzare gli occhi rispetto agli standard odierni. Come dicevamo, specie dopo il flop di Google Glass, non sono in tanti a credere che l’operazione vada realmente in porto ma è perlomeno curioso che da quelle parti si stiano muovendo nella stessa direzione di Microsoft. Potrebbe essere un serio indizio che la console war della prossima generazione si potrà giocare su più piani, e mai così tanti e così diversi.

Siamo ancora in uno stadio embrionale, in cui è il caso di misurare parole e aspettative, ma l’idea di un modello locale più streaming da far subentrare, nel dualismo della “famiglia di console”, è sicuramente diversa e allettante. Staremo a vedere se Microsoft si lancerà davvero in questa esperienza e quanti la seguiranno, sia tra il pubblico che tra una concorrenza che tutto sommato sta bene così come sta ma potrebbe quantitativamente e qualitativamente aggiornarsi presto.