Il Verdetto di SpazioGames
Per quanto non lo si ammetta, giudicare un titolo è il più delle volte decisamente complesso, in quanto i fattori oggettivi percepiti si amalgamano inevitabilmente con il vissuto di ognuno, con il gusto personale e con la capacità analitica di ognuno: il compito del critico è proprio quello di filtrare questo complesso misto di fattori, mantenendo purtuttavia una personalità ed un giudizio lucido. Analizzare Last Window è, se possibile, ancora più complesso per due profondi motivi: il primo fa breccia nella sfera emotiva; questa con tutta probabilità è l’ultima opera dei Cing, gli sviluppatori a capo del progetto che il primo Marzo dell’anno corrente hanno dichiarato bancarotta. Quindi niente più Kyle Hyde, e questo dovrebbe rattristare in maniera significativa chi ha amato un personaggio assolutamente di rilievo, seppur tutt’altro che canonico. L’altro motivo riguarda invece il gioco in sé, anni luce distante non solo dai canovacci abituali, ma anche dai cliché del suo genere di appartenenza (leggasi: avventure grafiche). Cercheremo dunque di seguire un filo conduttore che riesca a trarre conclusioni relativamente una produzione così particolare.
Romanzo criminaleIl racconto prende il via un anno dopo gli avvenimenti di Hotel Dusk, con il nostro ex-investigatore alle prese con un ex Hotel, quello di Cape West, dove si intrecciano le vicende di tutti i vari inquilini che incontreremo volta per volta. Stavolta però il caso lo riguarda più da vicino, perché saranno portate alla luce nuove informazioni riguardo la morte del padre di Kyle, avvenuta quando il giovane detective era ancora un bambino. Per chi non avesse mai sentito parlare dell’opera dei Cing, specifichiamone a tratti generali la struttura, che viene leggermente modificata in questo ultimo episodio: il gioco è, almeno sulla carta, una avventura grafica. Sistemato il Nintendo DS in posizione verticale, possiamo muovere il nostro eroe con il pennino e farlo interagire con l’ambiente circostante per nostra pura curiosità oppure per la risoluzione di (semplici) rompicapi. Ciò che lo differenzia in maniera abbastanza decisa rispetto al suo predecessore è un numero decisamente maggiore di dialoghi; quasi tutta l’esperienza verterà sulle battute tra noi e le persone che incontreremo, con le quali dovremo sempre adottare un comportamento inerente al contesto ed alla persona con la quale si parla. Spesso un approccio “buonista” è la giusta risposta alla maggior parte delle conversazioni, anche se non mancheranno frangenti in cui saremo costretti a fare la voce grossa. Durante le schermaglie verbali si rivelerà inoltre fondamentale sapere quando insistere con le domande e quando invece dare il tempo all’interlocutore di riflettere e risponderci. Insomma, qualche volta lasciare crogiolare gli interrogati nel loro brodo potrà fare la differenza, anche perché in un titolo come questo, il Game Over arriverà quando ci saremo letteralmente “bruciati” una chance di avanzare, oppure quando commetteremo errori irrecuperabili. Altra particolarità di questo episodio è la presenza all’interno dei menu di una versione romanzata delle avventure videoludiche, che saranno per l’appunto racchiuse in un libro di facile consultazione. Una idea non solo estremamente utile per chi magari si è perso qualche passaggio nelle torbide vicende, ma anche rilassante, per tutti quelli che intendono lasciarsi accompagnare nel proprio viaggio da un buon tomo digitale. Cosa manca dunque ad una produzione del genere? Un primo difetto è riscontrabile nella struttura dell’opera, al confine tra romanzo interattivo ed opera videoludica. La componente ludica risulta infatti messa un po’ da parte, molto di più rispetto a quanto fatto con Hotel Dusk.
La solitudine dei numeri primiQuesta peculiarità può risultare meno preoccupante se si osserva l’intera produzione in una ottica diversa, meno ancorata agli stereotipi della videoludica. Per quanto non sia necessario arrivare alla natura semantica del medium videloudico come è stato fatto nel caso di Heavy Rain, vale comunque la pena specificare che una produzione del genere per quanto atipica, sa offrire elementi di peso. Detto questo, possiamo affermare senza troppi indugi che Last Window presenta una delle migliori caratterizzazioni dei personaggi che il nostro media abbia mai visto. Sarebbe forse più corretto chiamarli protagonisti, in quanto ognuno di loro viene delineato con la stessa cura. Certo, magari del signor Hyde sappiamo di più poiché tutta l’avventura viene filtrata attraverso il suo giudizio, tuttavia per i restanti non c’è molta differenza: è così che sfilano il rockettaro combina guai, la bella ragazza modaiola ma anche quella modesta ed insicura, il vecchio bisbetico e così via, in un carnevale di personaggi di tutti i giorni che sicuramente nella nostra esperienza abbiamo incontrato almeno una volta. Ma anche lo stesso Kyle è tutto tranne l’eroe che siamo abituati ad ammirare tanto nelle situazioni ludiche quanto in quelle letterarie e/o cinematografiche. Il ragazzo è infatti un essere umano come tutti noi, che non ha né la flemma inglese di Layton, né la verve di un Holmes: è un semplice uomo, tanto di cuore quanto capace di indiavolarsi solo seguendo il suo istinto, tanto astuto quanto sbadato, tanto loquace quanto introverso ed anche un po’ pessimista e solitario. Insomma, un protagonista tutt’altro che perfetto ma, proprio grazie alla sua umanità, capace di risultare simpatico ed assolutamente riuscito. La storia nella quale viene collocato è sicuramente affascinante, intrigante, tuttavia non viene narrata con la giusta continuità. E’ vero che, in un contesto così realistico, gli eventi non possono che susseguirsi in un ordine discontinuo, tuttavia in quello che è a tutti gli effetti un noir ci sarebbe bisogno di attrarre il giocatore a tamburo battente, in modo da lasciarlo col fiato in gola per la maggior parte del tempo. Invece in Last Window questo avviene solo di rado, e tra un problema economico, una colazione al bar dell’hotel ed altre frivole (ma gradevoli) sottovicende, si avverte quasi lo spiacevole sospetto che gli sviluppatori abbiano voluto, detto in maniera maccheronica, “allungare il brodo”. Una leggera caduta di stile che non inficia un prodotto che già solo tecnicamente dimostra quanto sia valido e riuscito, ancor più di Hotel Dusk. Per chi non lo sapesse, tutti i personaggi sono rappresentati come se fossero disegnati a matita, quindi in bianco e nero (a parte nelle presentazioni), mentre risaltano su uno sfondo a colori non troppo accesi. Il risultato finale è tanto originale quanto azzeccato, un vero gioiellino per palati fini. Anche l’audio non scherza, proponendo pezzi adatti al periodo storico trattato (anni ’80), con la possibilità di ascoltarli grazie al juke-box del bar dello stabile.
– Personaggi caratterizzati a meraviglia
– L’introduzione del Romanzo è una chicca
– Kyle Hyde merita più considerazione
– Narrativamente di spessore…
– …anche se la storia è “diluita”
– Forse si potevano inserire più novità
– Un gioco per pochi
8.0
Last Window è in grado di suscitare amore ed odio, nient’altro. La sua struttura ludica così particolare non concederà vie di mezzo, limitandone purtroppo la diffusione su larga scala, il che è senza dubbio un peccato. Ci troviamo comunque di fronte ad un must per tutti gli amanti dei noir in generale, e per tutte quelle persone che amano rilassarsi di fronte ad una opera interattiva. Utilizzando una metafora, se buona parte dei videogiochi moderni possono essere paragonati ad una bevanda energizzante, l’ultimo lavoro Cing è un tè caldo gustato in una giornata di pioggia: rilassante, rinfrancante, e capace di lasciare quel retrogusto dolce-amaro che resta per tutta la giornata.