Il Verdetto di SpazioGames
Sembra passato poco tempo da quando si discorreva con grande gioia dell’ultimo capitolo di Kingdom Hearts per PSP. In effetti i mesi trascorsi non sono molti, tanto da chiedersi cosa ci sia ancora da raccontare su una saga che sembra voler mettere in mostra ogni retroscena narrativo, anche se non necessariamente pertinente alla storyline, che attende ancora di sbocciare in quel mai troppo atteso terzo capitolo. Questo episodio su Nintendo DS, diciamocela tutta, sfrutta un po’ l’onda del successo commerciale della serie, che tra titoli videoludici, manga e gadeget vari è riuscita a spopolare anche tra i giocatori meno hardcore. Commerciale tuttavia non fa sempre rima con superficiale, almeno semanticamente, in quanto Square Enix è, in un modo o nell’altro, sempre riuscita a stupirci in ogni suo titolo dedicato al mondo Disney. Resta “solo” da chiarire quanto ci sia di apprezzabile e quanto invece di deprecabile: una linea sottile, spesso oltrepassata in ambo i lati.
Copia e incollaL’intera vicenda inizia con un evento abbastanza insolito: il Grillo Parlante nota che sul suo Grillario mancano tutte le annotazioni riportate durante i viaggi con Sora e co. Al loro posto appare una delle ben note frasi misteriose (i fan dei precedenti capitoli le conoscono molto bene), che non lascia presagire nulla di buono. Il Grillario in questione viene quindi digitalizzato ed analizzato dal trio delle meraviglie cartoonesche, ovvero Topolino, Pippo e Paperino, fino a scoprire che la radice del problema riguarda un numero consistente di veri e propri bug informatici che hanno letteralmente invaso i vari mondi. Sarà quindi compito di un (anonimo) Sora virtuale tentare di ripristinare il tutto. Il primo problema che smorza un po’ i ritmi narrativi iniziali riguarda proprio il fatto di trovarci dinnanzi ad un eroe completamente “vergine”, del tutto ignaro, quindi, di ogni personaggio o mondo che incontra. Questo, come è ovvio, implica che dovremo nuovamente sorbirci tutti i riti di presentazione classici, con buona pace di quelli che si aspettavano un Sora maturo e carico di esperienze. Musiche, personaggi interazioni, insomma un vero e proprio tuffo nel passato all’insegna però di un deja- vu fin troppo evidente. La vera differenza la fanno le location, interamente digitali, che rappresentano il vero e proprio “motore” di tutto quello che normalmente si mostra ai nostri occhi dei vari mondi, una sorta di backstage dove si rintanano i veri e propri bug colpevoli delle anomalie. Seppur non brillando per uno spiccato gusto stilistico, in questi frangenti ci sarà sempre richiesto qualche compito nuovo da svolgere, con tanto di premio in punti spendibili per acquistare potenziamenti o quant’altro. Per i punti deboli succitati, la vera forza di questo Kingdom Hearts è interamente basata non a caso sul gameplay, che da solo vale davvero il prezzo d’acquisto.
Platform 2D/GDR a turni/Action/Sparatutto a scorrimentoLa natura di questo capitolo dunque è quella di riuscire a tenere incollato il videogiocatore con tutta una serie di espedienti più di una volta davvero geniali e perfettamente incastrati tra loro. Non vogliamo svelarvi nulla, in quanto il gusto della sorpresa vale molto più dell’effettiva esperienza, ma vi avvertiamo subito che in più di una occasione vi ritroverete a fare i conti con un gameplay che non segue le linee guida del genere di appartenenza, ma spesso e volentieri sfocia in altri ambiti. Il bello è che pur mutando il titolo non perde mai la sua identità, ma anzi offre sensazioni appaganti e ben costruite, anche andando a mettere i panni ora di uno sparatutto, ora di un platform 2D. In questi casi si riesce ad apprezzare tanto il colpo di genio, quanto il cortese omaggio verso un gusto retrò del “fare” i giochi che, siamo sicuri, non cadrà mai in disuso. Per la maggior parte del tempo sarete alle prese con il classico prodotto made in Square Enix, con un collaudato sistema di attacco completamente personalizzabile, fatto di combo basilari e particolari poteri che vi permetteranno di esprimere tutto il vostro potenziale. A proposito di potenza, il sistema di sviluppo del personaggio si rifà almeno visivamente all’informatica spicciola, con la presenza di CPU da collegare e di chip da inserire che determinano gli effettivi vostri parametri tanto statistici quanto di effettiva “potenza”. Questi chip andranno scovati in lungo e in largo nei mondi, colpendo particolari blocchi oppure barattando i punti vinti nelle succitate sfide nel “mondo virtuale”. L’intero sistema è molto più semplice da provare che da descrivere e, sia la sua resa estetica quanto quella funzionale, è perfettamente azzeccata, anche se talvolta si nota una presenza eccessiva di sottoparametri o, più in generale, elementi da tenere in considerazione che sono, nella maggior parte dei casi, praticamente inutili ai fini della effettiva difficoltà del gioco. Difficoltà tra l’altro anche meglio calibrata rispetto a Birth By Sleep, con un climax ascendente lento ma costante.
Fatto con il cuoreTecnicamente questo sequel si attesta su ottimi livelli, anche migliori di 358/2. La grafica è semplice e pulita, gli ambienti danno l’impressione di essere più vasti. Peccato per qualche bug e per una pessima gestione delle telecamere, una vera noia che la saga si porta dietro dalla sua prima apparizione. Il problema è tuttavia più accentuato in questo capitolo, in quanto spesso avremo a che fare in situazioni tipicamente da “platform”, dove la precisione e l’angolo di visuale sono fondamentali per la buona riuscita delle nostre azioni. I personaggi risultano, ancora una volta, profondamente caratterizzati, e le loro movenze vi riporteranno con la mente ai cartoon Disney da cui sono tratti. La palette di colori risulta infatti molto ben calibrata, con colori decisamente morbidi e in grado di ricoprire al meglio i poligoni. Nulla da ridire invece per quanto riguarda il comparto audio, che alterna ancora una volta temi più calmi ad altri decisamente temerari: un pizzico di varietà l’avrebbe reso davvero perfetto.
– Il ritorno di Sora è cosa buona e giusta
– Alcune idee di gameplay assolutamente geniali
– Vario e divertente
– Eccessivo riciclo di elementi
– Gestione delle telecamere da riscrivere
– La narrazione è un po’ forzata
– Ripetitivo nelle fasi finali
7.4
Per quanto questo Kingdom Hearts RE: Coded sia ricco di contenuti, non si può parlare di un sequel del tutto riuscito. Il titolo ha dalla sua un gameplay variegato (ed a tratti anche sublime), tuttavia è impossibile non notare la mancanza di volontà di proporre qualcosa di nuovo nelle ambientazioni, o in una trama che si regge ancora in piedi grazie solo a quell’alone di mistero che avvolge la saga sin dagli albori. Una opportunità sprecata per quello che avrebbe potuto essere uno dei capitoli migliori, se solo avesse avuto il coraggio di osare di più. Promosso sì, ma con riserva.