Anteprima

Darkest Dungeon

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a cura di Specialized

Il superlativo messo nel titolo non è un caso. Darkest Dungeon è davvero qualcosa di estremamente oscuro e disturbante. Lo è nella palette cromatica incentrata quasi esclusivamente su nero, marrone e altri colori smorti e scuri, ma lo è anche in tutto il contorno narrativo fatto di malattie, pazzia, fobie, creature immonde e una forza maligna impossibile da corrompere che sembra avvolgere tutto questo mondo fantasy-medievale. Avvicinatevi con cautela a Darkest Dungeon se non amate atmosfere opprimenti e senza un minimo spiraglio di luce; se invece adorate l’oscurità e la cattiveria e andate matti per l’opera di H.P. Lovecraft, correte subito su Steam e comprate il gioco in Early Access a 19,99 euro. Darkest Dungeon arriverà prossimamente anche su PS Vita e PlayStation 4, ma per ora lo trovate solo in versione PC, per di più in una versione ancora incompleta (mancano ancora classi di personaggi, tesori e altri elementi in-game) ma assolutamente stabile e priva di gravi bug.    
Ci vorrebbe lo psichiatra
In questo mix di strategia e gioco di ruolo a turni realizzato da Red Hook Studios grazie a una campagna di grande successo su Kickstarter dobbiamo condurre quattro personaggi in dungeon creati proceduralmente, cercare tesori, uccidere creature e provare a uscirne vivi e con la mente sana. La principale caratteristica del gioco è infatti lo stress a cui sono sottoposti i nostri eroi (si fa per dire) quando scendono in questi labirinti sotterranei per completare le quest a loro affidate. Se la barra dello stress raggiunge livelli troppo preoccupanti, un personaggio può letteralmente impazzire, rifiutandosi ad esempio di combattere, perdendo forza e vigore e contagiando il resto del gruppo. I morivi che portano a questa esplosione di masochismo, paranoia e depressione sono diversi; buio, paura e fame sono i più comuni e questo elemento psicologico, delineato alla perfezione dai già citati contorni cupi e oscuri del mondo di gioco, è il vero punto vincente di Darkest Dungeon pur non essendo l’unico. Anche la strategia svolge un ruolo importante nel gioco e lo fa in molte direzioni. Già l’equipaggiamento da acquistare nel villaggio prima di ogni missione deve essere deciso con attenzione, per non parlare della composizione del gruppo, che deve tenere conto delle skill dei vari personaggi e della loro salute mentale. Se infatti abbiamo un personaggio già piuttosto forte e sviluppato a livello di esperienza ma estremamente stressato, possiamo correre il rischio di sceglierlo comunque e di portarlo con noi, ma la cosa potrebbe rivelarsi un disastro e forse converrebbe puntare su un eroe meno esperto ma più sano di mente. Anche la stessa formazione del gruppo ha una grande importanza. Nei dungeon si procede infatti in fila indiana e alcune classi sono molto efficaci se stanno davanti, mentre altre sono più utili nelle retrovie perché magari poco resistenti agli attacchi diretti. L’ordine di avanzamento si può cambiare in qualsiasi momento, ma durante un combattimento potrebbe mutare per colpa dei nemici, lasciandoci spesso alle prese con una riorganizzazione difficile e poco immediata che può presto sfociare in esiti letali.
Il GdR per pochi eletti
Se la strategia permea insomma moltissimi aspetti del gioco, la difficoltà è il vero elemento caratterizzante di Darkest Dungeon. Non ci riferiamo solo alla natura roguelike per cui, una volta morto, un personaggio rimane tale e si porta dietro tutto il tempo passato a svilupparlo e potenziarlo. Il fatto stesso che i dungeon siano procedurali rende sempre diversa la loro esplorazione ed è impossibile di fatto studiare una qualsiasi tattica prima di entrarvi. I corridoi di queste fetide porzioni sotterranee sono inoltre pieni di trappole e anche un tesoro, a prima vista fonte di grandi soddisfazioni, può nascondere al suo interno un pericolo devastante. Tenete poi conto che la fortuna negli attacchi critici e nella percentuale di successo dei vari colpi è davvero infame, aggiungendo un ulteriore tassello verso un livello di frustrazione che può diventare costante. La prima ora di gioco vi farà capire fin da subito se Darkest Dungeon è pane per i vostri denti o se invece è meglio lasciar perdere, ma più si va avanti e più si riesce a entrare nelle pieghe del gioco e a capirne anche le giuste strategie per non crepare dopo cinque minuti. Tutta la parte nel villaggio ad esempio è un ottimo modo per staccare un attimo dai dungeon e per sviluppare le varie attività locali come ad esempio il fabbro (ma ci sono anche sono il tempio, il manicomio, la gilda e la carovana, ognuna con una funzione ben precisa). A non passare in sordina è anche lo stile grafico del gioco; essenziale, pittorica e nera come la pece, la grafica di Darkest Dungeon può piacere o meno, ma è innegabile come riesca perfettamente a suggerire con pochi tocchi l’atmosfera malata e deprimente del gioco e lo stesso audio, con quella voce fuori campo che fa molto Bastion, è altrettanto riuscito. Da segnalare infine l’originalità di alcune classi (avete mai impersonato un lebbroso o un becchino?), anche se a quanto pare la versione definitiva del gioco ne metterà a disposizione di nuove e, speriamo, di altrettanto originali e particolari.  

– Sistema di pazzia ben congegnato

– Atmosfera unica

– Più strategico di quanto si pensi

Darkest Dungeon piacerà forse a pochi, ma se amate le atmosfere maligne e malate di H.P. Lovecraft, adorate in modo masochistico i GdR roguelike e non disdegnate un bel po’ di elementi strategici in un gameplay fortemente ruolistico, allora questo indie targato Red Hook Studios potrebbe davvero stregarvi. Gli unici timori sono il rischio di ripetitività a lungo andare e l’eccessiva difficoltà che potrebbe tramutarsi troppo spesso in frustrazione, ma da quanto visto finora in questa release in accesso anticipato non possiamo che attendere con piacere e curiosità la versione definitiva.