Anteprima

Sniper Ghost Warrior 3

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a cura di Matteo Bussani

Nel nostro peregrinare per l’Europa a caccia di vari eventi siamo finiti settimana scorsa in quel di Monaco, ovviamente di Baviera, negli studi di Koch Media, dove oltre a una presentazione hands-off sulle novità che stanno caratterizzando lo sviluppo di Kingdom Come Deliverance, abbiamo potuto vedere anche le novità dell’ultima build del terzo capitolo di Sniper Ghost Warrior. Non aspettatevi rivoluzioni, perché la presentazione riprendeva gli stessi contenuti visti a Colonia e riproposti in una loro versione più pulita e fluida a cui poi è stata aggiunta un’ulteriore missione appartenente alle fasi finali dell’avventura. In questa soprattutto, grazie all’introduzione di un più alto livello di difficoltà e di tutti gli amenicoli che avremo modo di sbloccare durante l’avventura, abbiamo avuto modo di avere un assaggio di quella che sarà la progressione nel gioco, ma entriamo con i dovuti tempi nel dettaglio di questa prova.
L’anima dell’esplorazione
La prima sezione ha avuto luogo nell’ormai nota mappa dal nome Mining Town, ampia a sufficienza da poterla quasi definire un piccolo open-world. Al suo interno abbiamo trovato una base da cui è possibile attrezzarsi per le varie missioni, affrontabili anch’esse a partire da questo hub, e tanti punti di viaggio rapido per poter raggiungere ogni angolo di essa in men che non si dica, sempre che non si voglia godere del panorama durante una scampagnata a bordo di qualche veicolo. Al primo impatto è forte la sensazione di avere a che fare con un mondo di gioco molto simile a quello dei Far Cry, per struttura e approccio nell’esplorazione. Troveremo anche dei piccoli avamposti, dove potremo recuperare materiali e munizioni, o da cui, una volta scalati, sarà possibile monitorare la situazione dei centri più affollati, il tutto accrescendo se possibile quel senso di somiglianza che già in partenza avevamo notato. Per fortuna queste sono tutte attività che accrescono, non di poco, il coinvolgimento con il lato “Ghost” del gioco. Essere cecchini infatti, il più delle volte, non vuol dire soltanto saper sparare da distanza siderale, ma anche essere dei veri e propri combattenti a tutto tondo. Al tanto agognato sparo dovrà per forza precedere un’oculata analisi del territorio nemico, tra pattuglie di guardia e posizionamenti utili una volta nel bel mezzo dell’azione. Può capitare che ci verrà chiesto di eliminare un bersaglio, altre volte di recuperare dell’intelligence, altre ancora di sabotare dei carichi importanti. Ognuno di questi compiti in fondo richiede tipi di approccio molto diversi da loro, da valutare opportunamente in questa prima fase. Nel caso in cui qualcosa non dovesse andare come previsto, sarà sempre possibile fare affidamento sulle capacità da soldato: tirare fuori un fucile d’assalto non sarà più la morte certa, come in altri competitors, ma rimarrà una scelta non preferibile in primo luogo.

Bene, ma non benissimo
All’apparenza sembra tutto funzionare alla perfezione, ciò che però non convince è il rapporto con il nemico. Pattern e disposizione in campo sono funzionali ed efficienti, ma basta qualche piccolo trucchetto per mettere in crisi l’intelligenza artificiale, che non mancherà di seguire trenini all’ingresso delle porte o comunque non si allerterà in maniera coerente con gli sviluppi della missione. Un peccato perché invece tutto il resto gira piuttosto bene e le fasi di shooting sono ben alternate nelle componenti prima definite. L’altro aspetto che richiede invece una sistemata abbastanza radicale sono i checkpoint: indipendentemente dalla percentuale di completamento della missione ti riporteranno lontano dall’obiettivo nell’ultimo posto dove si è attivato il salvataggio automatico. A parte rarissimi casi, ciò ci farà perdere anche alcuni obiettivi raggiunti durante la missione, mantenendo però salvata tutta l’Intel recuperata dalle perlustrazioni. Magra soddisfazione. Spesso infatti per recuperare info basterà mirare con l’ottica in direzione delle pattuglie o del territorio, ma nel caso in cui ci fossero impedimenti architettonici da superare, dovremmo tirar fuori il drone e con esso fare quanto impossibile prima, in ogni caso tutte attività abbastanza rapide da portare a termine.
Passando invece a Slaughter House, missione ben più avanzata rispetto a quelle proposte in Mining Town, è ambientata in una regione della mappa innevata, dove l’obiettivo sarà recuperare un ostaggio tenuto prigioniero nei sotterranei di questa casa abbandonata. Oltre alle ronde, ora arricchite da nemici ben più resistenti ma non particolarmente sagaci, dovremo fare i conti con un sistema di telecamere posizionate in ogni dove che cercheranno di riprendere qualunque movimento e riferirlo così al nemico.
Esse sono disattivabili o con l’hacking o con un semplice colpo di fucile, che si è rivelato la scelta più efficiente in termine di tempo e di semplicità.
Più avanti nel gioco
Con un po’ di pazienza nel segnalare tutte le anime sulla mappa e trovare un posto appartato e lontano dai percorsi delle pattuglie, ci siamo messi a eliminare singolarmente ogni minaccia isolata dal gruppo. Pian pianino e attenti ai cadaveri lasciati in giro siamo riusciti a ripulire l’intera area. Una volta completata questa sezione, hackerando le telecamere, siamo stati in grado di scoprire il posizionamento dell’ostaggio e trovare la porta che ci avrebbe condotto da lui. Nel frattempo una minima disattenzione ci ha portati a entrare nel raggio di azione di una camera di sorveglianza ed essere così stati braccati dall’unica ondata di rinforzi programmata, che però non è riuscita ad avere la meglio principalmente per i problemi prima segnalati relativi all’intelligenza artificiale.
Ovviamente il maggiore tasso di difficoltà si è sentito e ci è voluta estrema cautela per portare a termine la missione; rimane comunque evidente come esso non sia stato proibitivo o frustrante. Piuttosto lo sono stati i checkpoint che ai primi tentativi ci hanno costretto a riprendere tutto daccapo dopo una disattenzione veniale ma fatale.
Relativamente all’arsenale, a partire dai materiali per il crafting recuperati e il loot dei vari bauli in giro per la mappa sarà possibile personalizzare quasi totalmente i fucili disponibili e così renderli perfetti alle nostre esigenze. Come nella maggioranza dei titoli, potremo verificarne le bontà a partire dalle caratteristiche di ciascuno come il danno, la gittata e la frequenza dei colpi. Per dovere di cronaca segnaliamo la configurazione del loadout standard, che come bocche da fuoco prevederà solitamente un fucile per lo sniping, uno automatico e una pistola utile per risolvere minacce a corto raggio nei nostri spostamenti stealth.

– Esperienza completa

– Mappa ampia

– Fase di ricognizione coinvolgente

Sniper Ghost Warrior 3 è un gioco che cerca di immedesimare il giocatore in un combattente solitario, in un fantasma in grado di prendere in mano gli eventi e cambiarli. Tramite le azioni ombra potremo sabotare gli avversari, radere al suolo un esercito a suon di colpi singoli da distanze siderali o, una volta nel vivo dell’azione, diventare letali come veri propri soldati da prima linea. Qualche problema qua e là c’è, ma la nostra prova si è rivelata piacevole e coinvolgente. Se il titolo dovesse prendere la giusta piega, potrebbe davvero essere molto interessante per gli amanti del genere.